I profili giuridici della famiglia in genere e del matrimonio in specie hanno da sempre costituito in Italia motivo di inteso dibattito nel panorama politico e legislativo, anche a causa delle numerose implicazioni di natura religiosa ed etica che da questi derivano e che storicamente ne hanno determinato la regolamentazione. In modo particolare l’epopea del dominio napoleonico, che sconvolse l’assetto dato alla materia dalla formalizzazione del vincolo matrimoniale ad opera del Concilio di Trento, lasciò in eredità grandi conquiste dell’età illuminista, prima fra tutte il codice quale protagonista dell’ordinamento giuridico. L’articolo si propone di effettuare un confronto riguardante l’introduzione del matrimonio civile ed il tentativo di renderne obbligatoria la precedenza rispetto al rito religioso in Italia, Francia e Spagna, per evidenziare come essi, pur rappresentando i tre Stati dell’Europa occidentale di più antica tradizione cattolica, reagiscono in maniera diversa all’esigenza avvertita dal potere politico di regolamentare la materia matrimoniale. L’Italia preunitaria, frammentata dal punto di vista politico e territoriale, recepisce con difficoltà nella prassi popolare la formalizzazione del matrimonio operata dal concilio tridentino, in un’epoca in cui la regolamentazione della materia è di esclusivo appannaggio ecclesiastico, esclusività che comincia a vacillare durante la Restaurazione, quando il consolidamento del potere politico passa anche dalla “statalizzazione” della disciplina inerente l’ambito familiare, sino ad essere pesantemente colpita dagli accesi dibattiti parlamentari e dottrinali del periodo liberale circa l’opportunità dell’obbligatoria precedenza del rito civile rispetto a quello religioso, dibattiti che pur non giungendo all’approvazione della relativa legge comportano grandi tensioni nei rapporti con la Chiesa, preoccupata di veder eroso il proprio “controllo” in materia matrimoniale e inevitabilmente minato il principio dell’indissolubilità del vincolo. La Spagna, sebbene difenda con forza le prerogative dei diritti regi rispetto, non manifesta atteggiamenti eccessivamente contrastanti rispetto alla dottrina cattolica ed alla volontà della Chiesa di mantenere ferma la sua normativa in materia matrimoniale, elaborando tra il 1875 ed il 1932 un sistema di matrimonio civile formalmente sussidiario, benché a volte, in conseguenza dell’esegesi dell’art. 42 del Codice Civile effettuata con strumenti ermeneutici amministrativi, diventi di fatto un sistema matrimoniale opzionale. La Francia, infine, custode delle libertà gallicane, esprime una posizione più marcatamente giurisdizionalista, cui consegue una più accentuata ritrosia nei confronti delle ingerenze della Chiesa cattolica ed un più intenso desiderio di emancipazione ed autonomia dalla stessa, giungendo in epoca post-rivoluzionaria alla completa secolarizzazione dell’istituto matrimoniale.
L'introduzione del matrimonio civile in Italia, Francia e Spagna: spunti di analisi storico-giuridica comparata
Daniela Tarantino
2018-01-01
Abstract
I profili giuridici della famiglia in genere e del matrimonio in specie hanno da sempre costituito in Italia motivo di inteso dibattito nel panorama politico e legislativo, anche a causa delle numerose implicazioni di natura religiosa ed etica che da questi derivano e che storicamente ne hanno determinato la regolamentazione. In modo particolare l’epopea del dominio napoleonico, che sconvolse l’assetto dato alla materia dalla formalizzazione del vincolo matrimoniale ad opera del Concilio di Trento, lasciò in eredità grandi conquiste dell’età illuminista, prima fra tutte il codice quale protagonista dell’ordinamento giuridico. L’articolo si propone di effettuare un confronto riguardante l’introduzione del matrimonio civile ed il tentativo di renderne obbligatoria la precedenza rispetto al rito religioso in Italia, Francia e Spagna, per evidenziare come essi, pur rappresentando i tre Stati dell’Europa occidentale di più antica tradizione cattolica, reagiscono in maniera diversa all’esigenza avvertita dal potere politico di regolamentare la materia matrimoniale. L’Italia preunitaria, frammentata dal punto di vista politico e territoriale, recepisce con difficoltà nella prassi popolare la formalizzazione del matrimonio operata dal concilio tridentino, in un’epoca in cui la regolamentazione della materia è di esclusivo appannaggio ecclesiastico, esclusività che comincia a vacillare durante la Restaurazione, quando il consolidamento del potere politico passa anche dalla “statalizzazione” della disciplina inerente l’ambito familiare, sino ad essere pesantemente colpita dagli accesi dibattiti parlamentari e dottrinali del periodo liberale circa l’opportunità dell’obbligatoria precedenza del rito civile rispetto a quello religioso, dibattiti che pur non giungendo all’approvazione della relativa legge comportano grandi tensioni nei rapporti con la Chiesa, preoccupata di veder eroso il proprio “controllo” in materia matrimoniale e inevitabilmente minato il principio dell’indissolubilità del vincolo. La Spagna, sebbene difenda con forza le prerogative dei diritti regi rispetto, non manifesta atteggiamenti eccessivamente contrastanti rispetto alla dottrina cattolica ed alla volontà della Chiesa di mantenere ferma la sua normativa in materia matrimoniale, elaborando tra il 1875 ed il 1932 un sistema di matrimonio civile formalmente sussidiario, benché a volte, in conseguenza dell’esegesi dell’art. 42 del Codice Civile effettuata con strumenti ermeneutici amministrativi, diventi di fatto un sistema matrimoniale opzionale. La Francia, infine, custode delle libertà gallicane, esprime una posizione più marcatamente giurisdizionalista, cui consegue una più accentuata ritrosia nei confronti delle ingerenze della Chiesa cattolica ed un più intenso desiderio di emancipazione ed autonomia dalla stessa, giungendo in epoca post-rivoluzionaria alla completa secolarizzazione dell’istituto matrimoniale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.