Far from being simple expansion areas in interdependent relationship with the city centers or urban fabrics dotted with those that, according to the worn-out definition by Marc Augé, we call “non-places”, urban peripheries are today at the center of a multidisciplinary debate, which mainly aims to deconstruct their imaginary and to elaborate for them new possible representations. Genoa - a polycentric city because of its orographic structure and of its recent historical development, a city that can rationally be defined “a city of peripheries” as well as “a city without peripheries” - occupies a prominent place in this debate: in its historic center coexist administrative districts and "terrain vagues", gentrification areas and ethnoscapes; outside of it, the many suburbs stubbornly preserve their identity as small urban areas with their own center and their own peripheries. The peripheries in Genoa create a complex scenario, in which a "reductio ad unum" is impossible: they require the use of the plural name even if they might appear quite similar to each other from a urban and architectural point of view, with the dominant architectural model of the LeCorbusian “machine for living in”, whose uncritical repetition has led to one of the most dramatic failures in the history of modern architecture.

Lungi dall’essere liquidabili come zone d’espansione in rapporto di interdipendenza con il centro cittadino o come tessuti urbani costellati da quelli che, secondo l’ormai logora definizione di Marc Augé, si dicono “non-luoghi”, le periferie urbane sono oggi al centro di un dibattito pluridisciplinare volto, tra l’altro, a decostruirne l’immaginario e a elaborarne nuove possibili rappresentazioni. Genova, città policentrica per conformazione territoriale e per vicende storiche, variamente definita “città di periferie” o “città senza periferie”, occupa un posto di rilievo all’interno di tale dibattito: nel suo centro storico convivono distretti amministrativi e "terrain vagues", zone gentrificate ed ethnoscapes, mentre al di fuori di esso i diversi quartieri conservano caparbiamente la loro identità di piccole realtà urbane con un loro proprio centro e le loro periferie. Queste ultime costituiscono uno scenario complesso, nel quale ogni "reductio ad unum" risulta impossibile: le periferie a Genova impongono l’uso del plurale anche quando in esse si ripropone il medesimo modello architettonico della “macchina per abitare” di lecorbusiana memoria che, nella sua acritica reiterazione, ha segnato uno dei più drammatici fallimenti dell’architettura del movimento moderno.

Periferie al centro: gli spazi liminari della città di Genova tra crisi dell’architettura, identità dei luoghi e interventi di rigenerazione urbana e culturale

VALENTI, PAOLA
2017-01-01

Abstract

Far from being simple expansion areas in interdependent relationship with the city centers or urban fabrics dotted with those that, according to the worn-out definition by Marc Augé, we call “non-places”, urban peripheries are today at the center of a multidisciplinary debate, which mainly aims to deconstruct their imaginary and to elaborate for them new possible representations. Genoa - a polycentric city because of its orographic structure and of its recent historical development, a city that can rationally be defined “a city of peripheries” as well as “a city without peripheries” - occupies a prominent place in this debate: in its historic center coexist administrative districts and "terrain vagues", gentrification areas and ethnoscapes; outside of it, the many suburbs stubbornly preserve their identity as small urban areas with their own center and their own peripheries. The peripheries in Genoa create a complex scenario, in which a "reductio ad unum" is impossible: they require the use of the plural name even if they might appear quite similar to each other from a urban and architectural point of view, with the dominant architectural model of the LeCorbusian “machine for living in”, whose uncritical repetition has led to one of the most dramatic failures in the history of modern architecture.
2017
Lungi dall’essere liquidabili come zone d’espansione in rapporto di interdipendenza con il centro cittadino o come tessuti urbani costellati da quelli che, secondo l’ormai logora definizione di Marc Augé, si dicono “non-luoghi”, le periferie urbane sono oggi al centro di un dibattito pluridisciplinare volto, tra l’altro, a decostruirne l’immaginario e a elaborarne nuove possibili rappresentazioni. Genova, città policentrica per conformazione territoriale e per vicende storiche, variamente definita “città di periferie” o “città senza periferie”, occupa un posto di rilievo all’interno di tale dibattito: nel suo centro storico convivono distretti amministrativi e "terrain vagues", zone gentrificate ed ethnoscapes, mentre al di fuori di esso i diversi quartieri conservano caparbiamente la loro identità di piccole realtà urbane con un loro proprio centro e le loro periferie. Queste ultime costituiscono uno scenario complesso, nel quale ogni "reductio ad unum" risulta impossibile: le periferie a Genova impongono l’uso del plurale anche quando in esse si ripropone il medesimo modello architettonico della “macchina per abitare” di lecorbusiana memoria che, nella sua acritica reiterazione, ha segnato uno dei più drammatici fallimenti dell’architettura del movimento moderno.
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