Le recenti Direttive Europee, recepite quest’anno anche in Italia, concernenti i succhi di frutta e altri prodotti analoghi hanno reso obbligatorio, da parte delle industrie alimentari, la dichiarazione in etichetta del tipo di frutta caratterizzante il prodotto che dovrà essere indicato nella denominazione commerciale del succo [1]. Tale normativa ha come fine ultimo quello di impedire che, ad esempio, un prodotto composto dal 70% di succo di mela e dal 30% di succo di melagrane venga etichettato come “succo di melagrane”, ingannando il consumatore. Di conseguenza, la presenza e lo sviluppo di metodi di analisi per assicurare l'autenticità dei succhi di frutta, e quindi di ciò che viene dichiarato in etichetta, è di interesse comune sia per il settore industriale al fine di salvaguardare prodotti di qualità, sia per i consumatori. Se da un lato, la sostituzione anche parziale di un frutto con un altro, rappresenta un danno economico, dall’altro l’omissione di alcuni ingredienti, presenti, ma non dichiarati, potrebbe avere ripercussioni anche gravi sulla salute dei consumatori (es. allergeni nascosti). La maggior parte delle metodiche analitiche, ad oggi riportate in letteratura per l’autenticazione dei succhi di frutta, implicano l’utilizzo di strumenti ad alto costo, l’impiego sequenziale di numerosi strumenti o l’uso di grandi quantità di solventi. Inoltre, tali metodiche sono spesso onerose sia da un punto di vista dei costi che dei tempi di analisi [2]. Per ovviare a tali inconvenienti, nel laboratorio di Chimica degli Alimenti dell’Università di Genova è da qualche tempo in studio un’alternativa analitica rapida, efficace ed economica, da utilizzare quanto meno in una fase di screening, al fine di evidenziare rapidamente alcune delle più tipiche azioni illecite operate in questo settore [3]. Il metodo analitico proposto si basa sulla spettroscopia UV-visibile e sull’analisi multivariata dei dati. La spettrofotometria UV-visibile, una metodica analitica classica diffusa in quasi tutti i laboratori e notoriamente poco costosa e di facile impiego, è stata però utilizzata non in maniera tradizionale, vale a dire valutando l’assorbimento a singole determinate lunghezze d’onda, bensì come tecnica aspecifica in cui per ogni campione analizzato è stato valutato l’intero spettro UV-visibile (190–1100 nm). Pertanto ad ogni campione analizzato corrisponde uno spettro completo, che può essere considerato come una sorta d’impronta digitale (fingerprint) del campione stesso. In questo modo è stata valutata la possibilità di evidenziare andamenti spettrali differenti a seconda della diversa origine dei succhi presi in esame. In particolare sono stati studiati sia succhi preparati in laboratorio a partire da frutta fresca (considerati “autentici”), sia succhi commerciali. Sono state successivamente preparate miscele binarie e ternarie di succhi diversi, mediante l’ausilio di tecniche di mixture experimental design, al fine di testare la metodica analitica su campioni appositamente adulterati. Infine, i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli provenienti da database compositivi.

Valutazione dell’autenticità dei succhi di frutta mediante fingerprint spettrofotometrica UV_visibile

BOGGIA, RAFFAELLA;ZUNIN, PAOLA
2014-01-01

Abstract

Le recenti Direttive Europee, recepite quest’anno anche in Italia, concernenti i succhi di frutta e altri prodotti analoghi hanno reso obbligatorio, da parte delle industrie alimentari, la dichiarazione in etichetta del tipo di frutta caratterizzante il prodotto che dovrà essere indicato nella denominazione commerciale del succo [1]. Tale normativa ha come fine ultimo quello di impedire che, ad esempio, un prodotto composto dal 70% di succo di mela e dal 30% di succo di melagrane venga etichettato come “succo di melagrane”, ingannando il consumatore. Di conseguenza, la presenza e lo sviluppo di metodi di analisi per assicurare l'autenticità dei succhi di frutta, e quindi di ciò che viene dichiarato in etichetta, è di interesse comune sia per il settore industriale al fine di salvaguardare prodotti di qualità, sia per i consumatori. Se da un lato, la sostituzione anche parziale di un frutto con un altro, rappresenta un danno economico, dall’altro l’omissione di alcuni ingredienti, presenti, ma non dichiarati, potrebbe avere ripercussioni anche gravi sulla salute dei consumatori (es. allergeni nascosti). La maggior parte delle metodiche analitiche, ad oggi riportate in letteratura per l’autenticazione dei succhi di frutta, implicano l’utilizzo di strumenti ad alto costo, l’impiego sequenziale di numerosi strumenti o l’uso di grandi quantità di solventi. Inoltre, tali metodiche sono spesso onerose sia da un punto di vista dei costi che dei tempi di analisi [2]. Per ovviare a tali inconvenienti, nel laboratorio di Chimica degli Alimenti dell’Università di Genova è da qualche tempo in studio un’alternativa analitica rapida, efficace ed economica, da utilizzare quanto meno in una fase di screening, al fine di evidenziare rapidamente alcune delle più tipiche azioni illecite operate in questo settore [3]. Il metodo analitico proposto si basa sulla spettroscopia UV-visibile e sull’analisi multivariata dei dati. La spettrofotometria UV-visibile, una metodica analitica classica diffusa in quasi tutti i laboratori e notoriamente poco costosa e di facile impiego, è stata però utilizzata non in maniera tradizionale, vale a dire valutando l’assorbimento a singole determinate lunghezze d’onda, bensì come tecnica aspecifica in cui per ogni campione analizzato è stato valutato l’intero spettro UV-visibile (190–1100 nm). Pertanto ad ogni campione analizzato corrisponde uno spettro completo, che può essere considerato come una sorta d’impronta digitale (fingerprint) del campione stesso. In questo modo è stata valutata la possibilità di evidenziare andamenti spettrali differenti a seconda della diversa origine dei succhi presi in esame. In particolare sono stati studiati sia succhi preparati in laboratorio a partire da frutta fresca (considerati “autentici”), sia succhi commerciali. Sono state successivamente preparate miscele binarie e ternarie di succhi diversi, mediante l’ausilio di tecniche di mixture experimental design, al fine di testare la metodica analitica su campioni appositamente adulterati. Infine, i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli provenienti da database compositivi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/744814
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