Si tratta di un saggio eminentemente teorico-metodologico, che discute la vasta e complessa produzione critica nazionale e internazionale intorno al paesaggio, dal punto di vista letterario e no. L’A. nota innanzitutto la grande proliferazione del termine 'paesaggio', diffuso in tutti i campi del sapere, - letterario, storico, sociale, ma anche politico e giuridico. Questa molteplicità di usi e significati comporta la perdita della dimensione storica o diacronica, e conduce a considerare il paesaggio esclusivamente e genericamente come il prodotto dell'intervento umano sul territorio oppure tende a proiettarlo in una dimensione mitica (è, ad esempio, il caso ambiguo di Pavese e dei suoi esegeti). Centrale è appunto la questione della destoricizzazione in atto nella pubblicistica odierna. Una cosa è la distribuzione del materiale su un asse diacronico convenzionale, un’altra l’acquisizione o la semplice accettazione di una metodologia che mostri storicamente le questioni e sappia cogliere differenze, salti, continuita`: insomma epoche e fratture reali; sono due scelte e due metodologie qualitativamente ben divaricate. Altrimenti si ottiene un continuum indifferenziato quanto a ragioni e cause culturali. In linea con il sottotitolo del saggio, Bertone offre poi alcuni ipotesi forti intorno a questioni come il rapporto tra paesaggio e politica, tra il soggetto e il paesaggio, oppure sul tema della finestra, così importante nella nascita storica del paesaggio in pittura (il paesaggio alle origini viene rappresentato esclusivamente attraverso una finestra) e così importante nella storia della letteratura italiana da Bembo a Caproni. E ancora: sul binomio paesaggio e giardino, paesaggio e spazio, negando sostanzialmente la possibilità di equiparazione tra i due termini e perciò indicando la necessità di due diversi approcci metodologici e di esegesi letteraria. (Sono in ospedale, operato, non ho forze e fiato per tradurre in inglese, sarà per la prossima volta).

Il paesaggio. Appunti per una ridefinizione.

BERTONE, GIORGIO
2007-01-01

Abstract

Si tratta di un saggio eminentemente teorico-metodologico, che discute la vasta e complessa produzione critica nazionale e internazionale intorno al paesaggio, dal punto di vista letterario e no. L’A. nota innanzitutto la grande proliferazione del termine 'paesaggio', diffuso in tutti i campi del sapere, - letterario, storico, sociale, ma anche politico e giuridico. Questa molteplicità di usi e significati comporta la perdita della dimensione storica o diacronica, e conduce a considerare il paesaggio esclusivamente e genericamente come il prodotto dell'intervento umano sul territorio oppure tende a proiettarlo in una dimensione mitica (è, ad esempio, il caso ambiguo di Pavese e dei suoi esegeti). Centrale è appunto la questione della destoricizzazione in atto nella pubblicistica odierna. Una cosa è la distribuzione del materiale su un asse diacronico convenzionale, un’altra l’acquisizione o la semplice accettazione di una metodologia che mostri storicamente le questioni e sappia cogliere differenze, salti, continuita`: insomma epoche e fratture reali; sono due scelte e due metodologie qualitativamente ben divaricate. Altrimenti si ottiene un continuum indifferenziato quanto a ragioni e cause culturali. In linea con il sottotitolo del saggio, Bertone offre poi alcuni ipotesi forti intorno a questioni come il rapporto tra paesaggio e politica, tra il soggetto e il paesaggio, oppure sul tema della finestra, così importante nella nascita storica del paesaggio in pittura (il paesaggio alle origini viene rappresentato esclusivamente attraverso una finestra) e così importante nella storia della letteratura italiana da Bembo a Caproni. E ancora: sul binomio paesaggio e giardino, paesaggio e spazio, negando sostanzialmente la possibilità di equiparazione tra i due termini e perciò indicando la necessità di due diversi approcci metodologici e di esegesi letteraria. (Sono in ospedale, operato, non ho forze e fiato per tradurre in inglese, sarà per la prossima volta).
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