Lo scritto prende spunto da una delle molte sentenze della Corte di Cassazione che in modo tralatizio riaffermano l’insindacabilità delle scelte economico-organizzative dell’imprenditore per condurre alcuni ragionamenti sulla nozione di giustificato motivo oggettivo. Le considerazioni dell’autore si collocano in posizione dialettica con le tesi sostenute dalla dottrina (Ichino, specialmente) che enfatizzando (strumentalmente, secondo l’autore) la lettura minimalista dei vincoli posti dall’art. 3, l. n. 604 del 1966, si pongono l’obiettivo – in prospettiva de jure condendo – di transitare verso un sistema di tutela contro il licenziamenti economici che si fondi sulla tecnica dei firing costs. Il punto debole della dottrina presa in esame pare essere proprio la ricostruzione del diritto vivente in materia di g.m.o. Secondo l’autore, i giudici, lungi dall’applicare in maniera rigorosa il principio – pur ritualmente riproposto in tutte le massime – dell’insindacabilità delle scelte economico-organizzative e trarre da esso le necessarie conseguenze, in realtà, contraddicendosi, si riservano in molte circostanze, spazi di valutazione, nel merito, delle scelte imprenditoriali in punto di opportunità e serietà della ragione addotta. Ma questo atteggiamento dei giudici, pur incongruente rispetto alla dichiarata necessità di applicare il principio di insindacabilità, spiazza l’argomento di politica legislativa di coloro che ritengono l’introduzione dei firing cost tecnica più garantista rispetto all’attuale sistema fondato sulla verifica della sussistenza delle ragioni attinenti “l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa”.
Dubbi e osservazioni critiche sul principio di insindacabilità delle scelte economico-organizzative dell’imprenditore
NOVELLA, MARCO
2004-01-01
Abstract
Lo scritto prende spunto da una delle molte sentenze della Corte di Cassazione che in modo tralatizio riaffermano l’insindacabilità delle scelte economico-organizzative dell’imprenditore per condurre alcuni ragionamenti sulla nozione di giustificato motivo oggettivo. Le considerazioni dell’autore si collocano in posizione dialettica con le tesi sostenute dalla dottrina (Ichino, specialmente) che enfatizzando (strumentalmente, secondo l’autore) la lettura minimalista dei vincoli posti dall’art. 3, l. n. 604 del 1966, si pongono l’obiettivo – in prospettiva de jure condendo – di transitare verso un sistema di tutela contro il licenziamenti economici che si fondi sulla tecnica dei firing costs. Il punto debole della dottrina presa in esame pare essere proprio la ricostruzione del diritto vivente in materia di g.m.o. Secondo l’autore, i giudici, lungi dall’applicare in maniera rigorosa il principio – pur ritualmente riproposto in tutte le massime – dell’insindacabilità delle scelte economico-organizzative e trarre da esso le necessarie conseguenze, in realtà, contraddicendosi, si riservano in molte circostanze, spazi di valutazione, nel merito, delle scelte imprenditoriali in punto di opportunità e serietà della ragione addotta. Ma questo atteggiamento dei giudici, pur incongruente rispetto alla dichiarata necessità di applicare il principio di insindacabilità, spiazza l’argomento di politica legislativa di coloro che ritengono l’introduzione dei firing cost tecnica più garantista rispetto all’attuale sistema fondato sulla verifica della sussistenza delle ragioni attinenti “l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.