I “rifugiati climatici”, ovvero quella categoria di persone che, a causa del riscaldamento globale antropogenico, iniziato con l’avvento della società industriale, sarebbe costretta a lasciare i propri luoghi di origine, fanno parte del dibattito politico e giuridico internazionale ormai da qualche decennio. Nonostante appaia chiaro che il clima e l’ambiente abbiano giocato un ruolo cruciale nei fenomeni migratori sin dagli albori dell’umanità, quel che risulta oggi “nuovo” e, quindi, rilevante è l’origine umana dei cambiamenti del clima oggi in atto. Come risaputo, sono infatti numerose attività sociali ed economiche – combustione di energie fossili, allevamento intensivo di animali, utilizzo dei trasporti, etc. – ad aver avviato il c.d. effetto serra su scala planetaria. È, invero, tale componente climalterante antropica a rendere il fenomeno del riscaldamento globale, con tutte le conseguenze ad esso legate, rilevante ai fini del diritto e dell’ordinamento internazionale, giacché sembra possibile (e certamente eticamente doveroso) indagare sui regimi di responsabilità che sono (o dovrebbero) essere applicabili al fine di porre rimedio a talune attività che rischiano di alterare in maniera eccessiva gli equilibri climatici ed ambientali su cui le nostre società ed il nostro benessere si basano da secoli. Fra i vari effetti dei cambiamenti del clima, quello delle “migrazioni climatiche” è sicuramente fra i più sentiti, sensibili e controversi. A partire dal 1990, infatti, gli studi dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) hanno sottolineato come il riscaldamento globale potrebbe essere in grado, nell’arco dei decenni, di intensificare in modo estremamente significativo i flussi migratori su scala globale, con innumerevoli persone costrette o spinte a migrare a causa di fenomeni come siccità, alluvioni, cicloni, innalzamento del livello degli oceani o desertificazione. Nonostante permangano, come si vedrà nel prosieguo, cruciali e notevoli differenze con riguardo alla “quantificazione” del fenomeno in oggetto, è ormai fuori discussione che il riscaldamento globale giochi un ruolo sempre più determinante nell’aumento dei flussi migratori, futuri e attuali. Se, infatti, per taluni il fenomeno dei “rifugiati climatici” sembra ancora abbastanza lontano nel tempo, è anche vero che in determinati contesti geografici – si pensi ai micro-Stati insulari, al Bangladesh, o ad alcune regioni del Sahel – le migrazioni indotte dai cambiamenti climatici hanno già iniziato a farsi strada. 5 Quale deve e quale può essere il ruolo del diritto internazionale in tutto questo? In estrema sintesi, il presente studio tenta di rispondere a tale quesito. Data la natura globale del cambiamento climatico, sia per le sue origini che per i suoi effetti, è indubbio che l’ordinamento internazionale venga in rilievo; a maggior ragione quando si deve ragionare sul fenomeno delle migrazioni internazionali causate o indotte dal clima: diversi elementi di politica e diritto internazionale entrano, infatti, in gioco. Si pensi alla mitigazione dei ed all’adattamento ai cambiamenti del clima, alle politiche migratorie, ai diritti fondamentali, alla protezione internazionale ed alla cooperazione interstatale. Onde gettare un poco di luce su un tema decisamente complesso, sintesi (o somma) di due fenomeni di per sé assai difficili – la natura dei cambiamenti del clima antropogenici e la natura delle migrazioni umane – il presente studio, muovendo da una premessa iniziale nella quale si tenta di sottolineare come il mantenimento degli equilibri climatici ed ecosistemici tipici dell’Olocene sia un obiettivo imprescindibile, esordisce con un capitolo dedicato al come “concettualizzare” i c.d. rifugiati climatici: molto spesso, infatti, si sente parlare di tale categoria senza un’adeguata consapevolezza riguardo alle sue caratteristiche e, di conseguenza, anche riguardo al perché essa debba rilevare (o meno) nell’alveo del diritto internazionale. La prima parte indaga, dunque, sulla relazione intercorrente fra riscaldamento globale e fenomeni migratori, per poi concentrarsi su un’analisi critica delle due maggiori scuole di pensiero che, nell’arco degli ultimi decenni, hanno affrontato lo studio della questione, ovvero il massimalismo ed il minimalismo. Un simile lavoro serve per creare le basi sulle quali diventa possibile fornire una concettualizzazione della categoria rilevante ed utile ai fini dello studio della materia dal punto di vista internazionalistico, andando, quindi, a sciogliere un nodo concettuale che (troppo spesso), tanto nei media quanto in dottrina, appare eccessivamente intricato e superficialmente affrontato. Sulla scorta delle ricerche e delle proposte avanzate nella prima parte, la seconda indaga sulle ragioni per cui il diritto internazionale dovrebbe farsi carico, soprattutto in ottica di concessione di protezione internazionale, di un particolare sotto-insieme della macro-categoria dei c.d. rifugiati climatici (così come caratterizzato e definito nella prima parte della tesi). Sovente, ci si è dedicati allo studio del fenomeno senza affrontare adeguatamente una domanda in realtà cruciale: perché e quali “rifugiati climatici” dovrebbero essere tutelati ai sensi dell’ordinamento internazionale? 6 Analizzando diritti, principi e consuetudini esistenti, la seconda parte vuole, pertanto, identificare la base giuridica in forza della quale sarebbe doveroso che la Comunità internazionale ed i suoi soggetti si attivassero a tutela di coloro i quali sono effettivamente costretti a lasciare il proprio Stato di origine a causa dei cambiamenti climatici antropogenici. Se un tale obbligo esiste, appare allora doveroso capire se e quali strumenti attualmente vigenti possono essere in grado di rispondere alla necessità di tutelare i c.d. rifugiati climatici. La terza parte analizza, quindi, la possibile applicabilità di alcuni strumenti di protezione internazionale, dalla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato ai Guiding Principles on Internal Displacement del 1998. Si vedrà, quindi, come essi appaiono – quantomeno in ottica di medio-breve periodo – largamente inadeguati a tal fine e ciò, primariamente, a causa della “novità” storica dei cambiamenti climatici antropogenici, un fenomeno che ha iniziato a vedere la propria regolamentazione internazionale “solo” fra i venticinque e trent’anni orsono. La parte conclusiva tenta, di conseguenza, di identificare ed enucleare i principi generali ed i meccanismi normativi che, nel corso dei prossimi anni, dovrebbero essere presi in considerazione allorquando si andranno (presumibilmente) a creare o implementare nuovi strumenti di tutela dedicati ai “rifugiati climatici” (locuzione che, seppur giuridicamente del tutto impropria, resta simbolicamente e comunicativamente di un’efficacia ad oggi ineguagliata)

International law and the challenge of global warming-forced migrations

SCIACCALUGA, GIOVANNI
2018-05-28

Abstract

I “rifugiati climatici”, ovvero quella categoria di persone che, a causa del riscaldamento globale antropogenico, iniziato con l’avvento della società industriale, sarebbe costretta a lasciare i propri luoghi di origine, fanno parte del dibattito politico e giuridico internazionale ormai da qualche decennio. Nonostante appaia chiaro che il clima e l’ambiente abbiano giocato un ruolo cruciale nei fenomeni migratori sin dagli albori dell’umanità, quel che risulta oggi “nuovo” e, quindi, rilevante è l’origine umana dei cambiamenti del clima oggi in atto. Come risaputo, sono infatti numerose attività sociali ed economiche – combustione di energie fossili, allevamento intensivo di animali, utilizzo dei trasporti, etc. – ad aver avviato il c.d. effetto serra su scala planetaria. È, invero, tale componente climalterante antropica a rendere il fenomeno del riscaldamento globale, con tutte le conseguenze ad esso legate, rilevante ai fini del diritto e dell’ordinamento internazionale, giacché sembra possibile (e certamente eticamente doveroso) indagare sui regimi di responsabilità che sono (o dovrebbero) essere applicabili al fine di porre rimedio a talune attività che rischiano di alterare in maniera eccessiva gli equilibri climatici ed ambientali su cui le nostre società ed il nostro benessere si basano da secoli. Fra i vari effetti dei cambiamenti del clima, quello delle “migrazioni climatiche” è sicuramente fra i più sentiti, sensibili e controversi. A partire dal 1990, infatti, gli studi dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) hanno sottolineato come il riscaldamento globale potrebbe essere in grado, nell’arco dei decenni, di intensificare in modo estremamente significativo i flussi migratori su scala globale, con innumerevoli persone costrette o spinte a migrare a causa di fenomeni come siccità, alluvioni, cicloni, innalzamento del livello degli oceani o desertificazione. Nonostante permangano, come si vedrà nel prosieguo, cruciali e notevoli differenze con riguardo alla “quantificazione” del fenomeno in oggetto, è ormai fuori discussione che il riscaldamento globale giochi un ruolo sempre più determinante nell’aumento dei flussi migratori, futuri e attuali. Se, infatti, per taluni il fenomeno dei “rifugiati climatici” sembra ancora abbastanza lontano nel tempo, è anche vero che in determinati contesti geografici – si pensi ai micro-Stati insulari, al Bangladesh, o ad alcune regioni del Sahel – le migrazioni indotte dai cambiamenti climatici hanno già iniziato a farsi strada. 5 Quale deve e quale può essere il ruolo del diritto internazionale in tutto questo? In estrema sintesi, il presente studio tenta di rispondere a tale quesito. Data la natura globale del cambiamento climatico, sia per le sue origini che per i suoi effetti, è indubbio che l’ordinamento internazionale venga in rilievo; a maggior ragione quando si deve ragionare sul fenomeno delle migrazioni internazionali causate o indotte dal clima: diversi elementi di politica e diritto internazionale entrano, infatti, in gioco. Si pensi alla mitigazione dei ed all’adattamento ai cambiamenti del clima, alle politiche migratorie, ai diritti fondamentali, alla protezione internazionale ed alla cooperazione interstatale. Onde gettare un poco di luce su un tema decisamente complesso, sintesi (o somma) di due fenomeni di per sé assai difficili – la natura dei cambiamenti del clima antropogenici e la natura delle migrazioni umane – il presente studio, muovendo da una premessa iniziale nella quale si tenta di sottolineare come il mantenimento degli equilibri climatici ed ecosistemici tipici dell’Olocene sia un obiettivo imprescindibile, esordisce con un capitolo dedicato al come “concettualizzare” i c.d. rifugiati climatici: molto spesso, infatti, si sente parlare di tale categoria senza un’adeguata consapevolezza riguardo alle sue caratteristiche e, di conseguenza, anche riguardo al perché essa debba rilevare (o meno) nell’alveo del diritto internazionale. La prima parte indaga, dunque, sulla relazione intercorrente fra riscaldamento globale e fenomeni migratori, per poi concentrarsi su un’analisi critica delle due maggiori scuole di pensiero che, nell’arco degli ultimi decenni, hanno affrontato lo studio della questione, ovvero il massimalismo ed il minimalismo. Un simile lavoro serve per creare le basi sulle quali diventa possibile fornire una concettualizzazione della categoria rilevante ed utile ai fini dello studio della materia dal punto di vista internazionalistico, andando, quindi, a sciogliere un nodo concettuale che (troppo spesso), tanto nei media quanto in dottrina, appare eccessivamente intricato e superficialmente affrontato. Sulla scorta delle ricerche e delle proposte avanzate nella prima parte, la seconda indaga sulle ragioni per cui il diritto internazionale dovrebbe farsi carico, soprattutto in ottica di concessione di protezione internazionale, di un particolare sotto-insieme della macro-categoria dei c.d. rifugiati climatici (così come caratterizzato e definito nella prima parte della tesi). Sovente, ci si è dedicati allo studio del fenomeno senza affrontare adeguatamente una domanda in realtà cruciale: perché e quali “rifugiati climatici” dovrebbero essere tutelati ai sensi dell’ordinamento internazionale? 6 Analizzando diritti, principi e consuetudini esistenti, la seconda parte vuole, pertanto, identificare la base giuridica in forza della quale sarebbe doveroso che la Comunità internazionale ed i suoi soggetti si attivassero a tutela di coloro i quali sono effettivamente costretti a lasciare il proprio Stato di origine a causa dei cambiamenti climatici antropogenici. Se un tale obbligo esiste, appare allora doveroso capire se e quali strumenti attualmente vigenti possono essere in grado di rispondere alla necessità di tutelare i c.d. rifugiati climatici. La terza parte analizza, quindi, la possibile applicabilità di alcuni strumenti di protezione internazionale, dalla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato ai Guiding Principles on Internal Displacement del 1998. Si vedrà, quindi, come essi appaiono – quantomeno in ottica di medio-breve periodo – largamente inadeguati a tal fine e ciò, primariamente, a causa della “novità” storica dei cambiamenti climatici antropogenici, un fenomeno che ha iniziato a vedere la propria regolamentazione internazionale “solo” fra i venticinque e trent’anni orsono. La parte conclusiva tenta, di conseguenza, di identificare ed enucleare i principi generali ed i meccanismi normativi che, nel corso dei prossimi anni, dovrebbero essere presi in considerazione allorquando si andranno (presumibilmente) a creare o implementare nuovi strumenti di tutela dedicati ai “rifugiati climatici” (locuzione che, seppur giuridicamente del tutto impropria, resta simbolicamente e comunicativamente di un’efficacia ad oggi ineguagliata)
28-mag-2018
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
phdunige_3344134.pdf

accesso aperto

Tipologia: Tesi di dottorato
Dimensione 1.81 MB
Formato Adobe PDF
1.81 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/929281
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact