Nei decenni centrali del XVIII secolo, dal 1729 fino al 1768, la Repubblica di Genova dovette affrontare circa quarant’anni di ribellioni e guerre civili nell’appendice insulare del suo Dominio, il Regno di Corsica. Si trattò di un lungo ed estenuante conflitto in cui il teatro marittimo rivestì un ruolo fondamentale. Il mare, come è facile intuire, era l’unica via attraverso cui gli insorti potevano procurarsi le risorse, materiali e finanziarie, per alimentare la lotta armata contro Genova. Di conseguenza, a partire dai primi anni Trenta, andò formandosi un’estesa rete di interessi e di traffici di contrabbando che ruotava intorno alle loro necessità logistiche. Una rete che aveva il suo baricentro in Livorno e si stendeva dai porti della Francia meridionale a quelli dei regni di Napoli e Sicilia e anche oltre, coinvolgendo soggetti provenienti da ogni angolo d’Europa. Genova tentò di recidere i fili che formavano questa rete attraverso un consolidato repertorio di pratiche interdipendenti che andavano dalla repressione di natura poliziesca – basata sull’azione combinata di risorse militari e paramilitari navali e terrestri – alla sistematica raccolta di informazioni (affidata principalmente all’apparato consolare) e ad una persistente ed incisiva attività diplomatica. Un impegno complesso e articolato che diede alcuni risultati di rilievo, ma si rivelò alla prova dei fatti superiore alle risorse che la Repubblica era in grado di dispiegare e che ci aiuta a comprendere, quindi, come in simili condizioni l’effettivo controllo del territorio – in senso lato – da parte dello Stato fosse impossibile, o quantomeno assai arduo, da realizzare senza il consenso dei poteri locali

La lotta al contrabbando nel teatro marittimo còrso durante il medio Settecento fra polizia, intelligence e diplomazia

BERI, EMILIANO
2016-01-01

Abstract

Nei decenni centrali del XVIII secolo, dal 1729 fino al 1768, la Repubblica di Genova dovette affrontare circa quarant’anni di ribellioni e guerre civili nell’appendice insulare del suo Dominio, il Regno di Corsica. Si trattò di un lungo ed estenuante conflitto in cui il teatro marittimo rivestì un ruolo fondamentale. Il mare, come è facile intuire, era l’unica via attraverso cui gli insorti potevano procurarsi le risorse, materiali e finanziarie, per alimentare la lotta armata contro Genova. Di conseguenza, a partire dai primi anni Trenta, andò formandosi un’estesa rete di interessi e di traffici di contrabbando che ruotava intorno alle loro necessità logistiche. Una rete che aveva il suo baricentro in Livorno e si stendeva dai porti della Francia meridionale a quelli dei regni di Napoli e Sicilia e anche oltre, coinvolgendo soggetti provenienti da ogni angolo d’Europa. Genova tentò di recidere i fili che formavano questa rete attraverso un consolidato repertorio di pratiche interdipendenti che andavano dalla repressione di natura poliziesca – basata sull’azione combinata di risorse militari e paramilitari navali e terrestri – alla sistematica raccolta di informazioni (affidata principalmente all’apparato consolare) e ad una persistente ed incisiva attività diplomatica. Un impegno complesso e articolato che diede alcuni risultati di rilievo, ma si rivelò alla prova dei fatti superiore alle risorse che la Repubblica era in grado di dispiegare e che ci aiuta a comprendere, quindi, come in simili condizioni l’effettivo controllo del territorio – in senso lato – da parte dello Stato fosse impossibile, o quantomeno assai arduo, da realizzare senza il consenso dei poteri locali
2016
9788849849516
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