Negli anni immediatamente successivi alla guerra di Successione austriaca la Corsica, scossa da un ventennio di sollevazioni contro il dominio genovese e di guerre civili fra insorti e lealisti, fu sottoposta ad un’amministrazione congiunta franco-genovese. Lungi dal collaborare, i genovesi e i francesi (questi ultimi nella persona del loro comandante, il marchese De Cursay) suddivisero l’isola in due distinte aree di competenza. La coesistenza di queste due giurisdizioni generò da subito conflitti e tensioni, anche e soprattutto perché la debole presenza militare tanto della Francia quanto di Genova rese indispensabile il ricorso alle risorse locali per poter controllare concretamente il territorio. E se Genova fece leva sui tradizionali legami di fedeltà che legavano ad essa parte del notabilato isolano, De Cursay, di riflesso, si rivolse al fronte dei “malcontenti”, ossia agli ex ribelli. Nell’ambito di questo generale quadro di conflittualità fra i, teoricamente alleati, franco-genovesi, si insinuano quindi quelle logiche di fazione, quei rapporti clientelari e famigliari e quei giochi di potere locali che rappresentano il filo conduttore delle guerre di Corsica (1729-1768) nel loro complesso. E questo non solo nella misura in cui i due schieramenti, il “malcontento” e il lealista, si mossero per potersi giovare della giurisdizione che più gli è favorevole nei casi in cui formalmente avrebbero dovuto essere sottoposti all’altra, ma anche nella misura in cui fazioni e clientele non schierate o tiepidamente lealiste appoggiarono con maggiore convinzione la causa genovese pur di sottrarsi alla più invadente e pervasiva giustizia francese. Il tutto in un quadro di progressivo sganciamento della leadership malcontenta (ossia dal “partito” di Giovanni Pietro Gaffori) dalla tutela francese, fino ad arrivare ad una completa rottura che segnò il fallimento della strategia di De Cursay e il suo allontanamento

“L’irregolare agire di monsieur de Cursay”. Controllo del territorio, ordine pubblico e amministrazione della giustizia in Corsica (1748-1753)

BERI, EMILIANO
2013-01-01

Abstract

Negli anni immediatamente successivi alla guerra di Successione austriaca la Corsica, scossa da un ventennio di sollevazioni contro il dominio genovese e di guerre civili fra insorti e lealisti, fu sottoposta ad un’amministrazione congiunta franco-genovese. Lungi dal collaborare, i genovesi e i francesi (questi ultimi nella persona del loro comandante, il marchese De Cursay) suddivisero l’isola in due distinte aree di competenza. La coesistenza di queste due giurisdizioni generò da subito conflitti e tensioni, anche e soprattutto perché la debole presenza militare tanto della Francia quanto di Genova rese indispensabile il ricorso alle risorse locali per poter controllare concretamente il territorio. E se Genova fece leva sui tradizionali legami di fedeltà che legavano ad essa parte del notabilato isolano, De Cursay, di riflesso, si rivolse al fronte dei “malcontenti”, ossia agli ex ribelli. Nell’ambito di questo generale quadro di conflittualità fra i, teoricamente alleati, franco-genovesi, si insinuano quindi quelle logiche di fazione, quei rapporti clientelari e famigliari e quei giochi di potere locali che rappresentano il filo conduttore delle guerre di Corsica (1729-1768) nel loro complesso. E questo non solo nella misura in cui i due schieramenti, il “malcontento” e il lealista, si mossero per potersi giovare della giurisdizione che più gli è favorevole nei casi in cui formalmente avrebbero dovuto essere sottoposti all’altra, ma anche nella misura in cui fazioni e clientele non schierate o tiepidamente lealiste appoggiarono con maggiore convinzione la causa genovese pur di sottrarsi alla più invadente e pervasiva giustizia francese. Il tutto in un quadro di progressivo sganciamento della leadership malcontenta (ossia dal “partito” di Giovanni Pietro Gaffori) dalla tutela francese, fino ad arrivare ad una completa rottura che segnò il fallimento della strategia di De Cursay e il suo allontanamento
2013
9788849838589
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