L'autore prende spunto da alcune sentenze in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo per rileggere, in chiave di analisi economica del diritto, il significato della disciplina limitativa dei licenziamenti per motivo economico. Il contributo dell’autore si inserisce nel dibattito intorno al significato gius-economico del concetto di g.m.o. di licenziamento. A giudizio dell’autore, la teoria dottrinale secondo la quale i giudici, già oggi, vigente l’art. 3, l. n. 604 del 1966, valuterebbero la giustificazione del licenziamento per g.m.o. sulla base della considerazione dell’entità del costo-opportunità sostenuto dal datore di lavoro non è fondata. L’autore cerca di mostrare che l’adesione, talvolta manifestata dalla giurisprudenza, all’argomentazione gius-economica fondata sulla nozione di costo-opportunità è soltanto formale, non sostanziale. In alcuni casi i giudici infatti ritengono giustificato il licenziamento sostenuto da una ragione economico-organizzativa effettiva, indipendentemente, quindi, dalla valutazione di una soglia di costo (opportunità) ragionevole. In altri casi, invece, attraverso il controllo della “non pretestuosità” del licenziamento, i giudici paiono adottare quale parametro di valutazione non tanto il costo-opportunità, ma semmai il c.d. “costo sociale” del licenziamento. Alla luce della nozione di “costo sociale”, l’autore rilegge le più recenti pronunce giurisprudenziali in materia di g.m.o.

I concetti di costo contabile, di costo-opportunità e di costo sociale nella problematica costruzione gius-economica del giustificato motivo oggettivo di licenziamento

NOVELLA, MARCO
2007-01-01

Abstract

L'autore prende spunto da alcune sentenze in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo per rileggere, in chiave di analisi economica del diritto, il significato della disciplina limitativa dei licenziamenti per motivo economico. Il contributo dell’autore si inserisce nel dibattito intorno al significato gius-economico del concetto di g.m.o. di licenziamento. A giudizio dell’autore, la teoria dottrinale secondo la quale i giudici, già oggi, vigente l’art. 3, l. n. 604 del 1966, valuterebbero la giustificazione del licenziamento per g.m.o. sulla base della considerazione dell’entità del costo-opportunità sostenuto dal datore di lavoro non è fondata. L’autore cerca di mostrare che l’adesione, talvolta manifestata dalla giurisprudenza, all’argomentazione gius-economica fondata sulla nozione di costo-opportunità è soltanto formale, non sostanziale. In alcuni casi i giudici infatti ritengono giustificato il licenziamento sostenuto da una ragione economico-organizzativa effettiva, indipendentemente, quindi, dalla valutazione di una soglia di costo (opportunità) ragionevole. In altri casi, invece, attraverso il controllo della “non pretestuosità” del licenziamento, i giudici paiono adottare quale parametro di valutazione non tanto il costo-opportunità, ma semmai il c.d. “costo sociale” del licenziamento. Alla luce della nozione di “costo sociale”, l’autore rilegge le più recenti pronunce giurisprudenziali in materia di g.m.o.
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