I Provvedimenti per la difesa della razza italiana, del 17 novembre 1938, non furono che l’atto finale di una grande offensiva del regime fascista contro la minoranza ebraica. Agli ebrei furono posti numerosi divieti: di esercitare l’insegnamento, di prestare servizio in banche o assicurazioni, di far parte dell’esercito. Ai ragazzi furono precluse le scuole pubbliche. Né gli ebrei potevano possedere terreni o fabbricati superiori a un certo valore o tenere a servizio domestici ariani. Queste misure destarono stupore non solo in Italia. In nessun paese europeo erano state adottate leggi così severe nei confronti della minoranza ebraica. Neppure in Germania. In Italia gli ebrei allora erano circa 48 mila e corrispondevano all’1,1‰ dell’intera popolazione italiana. Si spezzava quel processo che, durante il Risorgimento, aveva perfettamente integrato gli ebrei nel tessuto nazionale: numerosi erano stati nel mondo giornalistico e tra i collaboratori di Cavour. Alcuni di essi avevano partecipato alla spedizione dei Mille e anche alla Marcia su Roma, dal momento che l’avventura fascista veniva interpretata come la prosecuzione dell’epopea risorgimentale. Mussolini, al solito, tenne un atteggiamento ambiguo. Se nella celebre intervista rilasciata a Ludwig nel 1932 ebbe a dichiarare che «gli ebrei si sono sempre comportati bene», al contempo dava spazio all’ala estremista del fascismo che curò l’edizione italiana del Mein Kampf e pubblicò i Protocolli dei savi di Sion, clamoroso falso ma che venne attribuito a una centrale ebraica internazionale, intenzionata a prendere il potere a livello mondiale. In realtà, dopo l’avventura coloniale in Africa, il fascismo avvertiva la necessità di rilanciare la macchina totalitaria per mobilitare le élites e le organizzazioni fasciste in una nuova battaglia. Si poneva l’ambizioso programma di una rivoluzione antropologica. La lotta contro la mentalità borghese, pacifista, buonista, pacioccona, individuava nell’ebreo il portatore per eccellenza di questi disvalori.

Le leggi razziali del 1938 in Italia

SINIGAGLIA, ROBERTO
2008-01-01

Abstract

I Provvedimenti per la difesa della razza italiana, del 17 novembre 1938, non furono che l’atto finale di una grande offensiva del regime fascista contro la minoranza ebraica. Agli ebrei furono posti numerosi divieti: di esercitare l’insegnamento, di prestare servizio in banche o assicurazioni, di far parte dell’esercito. Ai ragazzi furono precluse le scuole pubbliche. Né gli ebrei potevano possedere terreni o fabbricati superiori a un certo valore o tenere a servizio domestici ariani. Queste misure destarono stupore non solo in Italia. In nessun paese europeo erano state adottate leggi così severe nei confronti della minoranza ebraica. Neppure in Germania. In Italia gli ebrei allora erano circa 48 mila e corrispondevano all’1,1‰ dell’intera popolazione italiana. Si spezzava quel processo che, durante il Risorgimento, aveva perfettamente integrato gli ebrei nel tessuto nazionale: numerosi erano stati nel mondo giornalistico e tra i collaboratori di Cavour. Alcuni di essi avevano partecipato alla spedizione dei Mille e anche alla Marcia su Roma, dal momento che l’avventura fascista veniva interpretata come la prosecuzione dell’epopea risorgimentale. Mussolini, al solito, tenne un atteggiamento ambiguo. Se nella celebre intervista rilasciata a Ludwig nel 1932 ebbe a dichiarare che «gli ebrei si sono sempre comportati bene», al contempo dava spazio all’ala estremista del fascismo che curò l’edizione italiana del Mein Kampf e pubblicò i Protocolli dei savi di Sion, clamoroso falso ma che venne attribuito a una centrale ebraica internazionale, intenzionata a prendere il potere a livello mondiale. In realtà, dopo l’avventura coloniale in Africa, il fascismo avvertiva la necessità di rilanciare la macchina totalitaria per mobilitare le élites e le organizzazioni fasciste in una nuova battaglia. Si poneva l’ambizioso programma di una rivoluzione antropologica. La lotta contro la mentalità borghese, pacifista, buonista, pacioccona, individuava nell’ebreo il portatore per eccellenza di questi disvalori.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/223570
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