Per la seconda volta, nel giro di pochi anni, si sta assistendo al tentativo di attuare il regionalismo differenziato ex art. 116, c. 3 Cost. che, in tutti e due i casi, prende avvio dopo una fase di accentramento dei poteri da parte dello Stato86: la prima volta dopo la crisi economico-finanziaria, questa volta dopo l’emergenza pandemica. Il SSN italiano è da sempre organizzato su base regionale e proprio l’esperienza della pandemia sembra aver dimostrato che l’autonomia di cui godono le regioni deve contribuire a garantire il migliore adattamento del SSN a livello territoriale e non a ostacolare questo obiettivo. Allo stesso tempo, i SSR devono convergere verso un comune modello sanitario nazionale che, a sua volta, andrà a integrarsi con i sistemi sanitari presenti innanzitutto negli altri Stati dell’Unione europea. L’introduzione in Italia del modello Beveridge da parte della legge n. 833 del 1978 (confermato, nei suoi principi essenziali, da tutte le riforme sanitarie successive) e la declinazione del Servizio sanitario nazionale su base regionale, sono stati pensati per rafforzare la capacità di tale modello di garantire l’eguaglianza sostanziale e di adattarsi alle specifiche realtà territoriali e sociali. Con l’entrata in vigore della legge n. 86 del 2024, ciò che preoccupa di più è che proprio la tutela della salute possa diventare oggetto di un procedimento di attuazione del regionalismo differenziato più veloce rispetto alle altre materie contemplate dall’art. 116, c. 3 Cost., per almeno due ragioni: i LEA concernenti il diritto alla salute risultano già adeguatamente definiti; l’art. 11 della legge n. 86 del 2024 sembra consentire di riprendere il procedimento sul regionalismo differenziato da dove si era interrotto nel 2018-2019, quando Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna avevano definito specifiche intese con il Governo anche in materia di tutela della salute. Da un lato, non si esclude che per alcune richieste avanzate nelle Intese del 2018-19 potrebbero esservi degli spazi di attuazione del regionalismo differenziato, a condizione che ciò sia utile a rispondere a situazioni specifiche che caratterizzano i singoli territori regionali, che non si generi un impatto negativo sulle altre regioni e che non si accresca il livello di diseguaglianza comunque esistente a livello sia regionale, sia nazionale. Altre richieste di autonomia differenziata presenti nelle Intese del 2018-19 (formazione e contratti del personale medico, attività libero-professionale dei medici, compartecipazione alla spesa pubblica sanitaria, fondi integrativi) destano invece maggiore preoccupazione, poiché sembrano orientate a promuovere una torsione dell’attuale SSN ispirato al modello Beveridge, certamente coerente con la Costituzione italiana89, verso un sistema sanitario a doppio se non addirittura a triplo pilastro pubblico-privato, che rischierebbe di far aumentare la spesa sanitaria e le diseguaglianze tra i territori e tra le persone.
Il regionalismo differenziato e il conseguimento di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” nella materia “tutela della salute”
A. PITINO
2024-01-01
Abstract
Per la seconda volta, nel giro di pochi anni, si sta assistendo al tentativo di attuare il regionalismo differenziato ex art. 116, c. 3 Cost. che, in tutti e due i casi, prende avvio dopo una fase di accentramento dei poteri da parte dello Stato86: la prima volta dopo la crisi economico-finanziaria, questa volta dopo l’emergenza pandemica. Il SSN italiano è da sempre organizzato su base regionale e proprio l’esperienza della pandemia sembra aver dimostrato che l’autonomia di cui godono le regioni deve contribuire a garantire il migliore adattamento del SSN a livello territoriale e non a ostacolare questo obiettivo. Allo stesso tempo, i SSR devono convergere verso un comune modello sanitario nazionale che, a sua volta, andrà a integrarsi con i sistemi sanitari presenti innanzitutto negli altri Stati dell’Unione europea. L’introduzione in Italia del modello Beveridge da parte della legge n. 833 del 1978 (confermato, nei suoi principi essenziali, da tutte le riforme sanitarie successive) e la declinazione del Servizio sanitario nazionale su base regionale, sono stati pensati per rafforzare la capacità di tale modello di garantire l’eguaglianza sostanziale e di adattarsi alle specifiche realtà territoriali e sociali. Con l’entrata in vigore della legge n. 86 del 2024, ciò che preoccupa di più è che proprio la tutela della salute possa diventare oggetto di un procedimento di attuazione del regionalismo differenziato più veloce rispetto alle altre materie contemplate dall’art. 116, c. 3 Cost., per almeno due ragioni: i LEA concernenti il diritto alla salute risultano già adeguatamente definiti; l’art. 11 della legge n. 86 del 2024 sembra consentire di riprendere il procedimento sul regionalismo differenziato da dove si era interrotto nel 2018-2019, quando Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna avevano definito specifiche intese con il Governo anche in materia di tutela della salute. Da un lato, non si esclude che per alcune richieste avanzate nelle Intese del 2018-19 potrebbero esservi degli spazi di attuazione del regionalismo differenziato, a condizione che ciò sia utile a rispondere a situazioni specifiche che caratterizzano i singoli territori regionali, che non si generi un impatto negativo sulle altre regioni e che non si accresca il livello di diseguaglianza comunque esistente a livello sia regionale, sia nazionale. Altre richieste di autonomia differenziata presenti nelle Intese del 2018-19 (formazione e contratti del personale medico, attività libero-professionale dei medici, compartecipazione alla spesa pubblica sanitaria, fondi integrativi) destano invece maggiore preoccupazione, poiché sembrano orientate a promuovere una torsione dell’attuale SSN ispirato al modello Beveridge, certamente coerente con la Costituzione italiana89, verso un sistema sanitario a doppio se non addirittura a triplo pilastro pubblico-privato, che rischierebbe di far aumentare la spesa sanitaria e le diseguaglianze tra i territori e tra le persone.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.