L’analisi del capello è estremamente informativa, complementare all’investigazione di matrici biologiche più tradizionali (urine, sangue…). La Society of Hair Testing – SoHT – definisce le linee guida sulle procedure da seguire manipolando questo tipo di matrice, inclusi i numerosi vantaggi e gli aspetti più critici [1]. La SoHT indica nel dettaglio le modalità di campionamento e conservazione, mentre rimane più vaga riguardo la decontaminazione (per rimuovere la frazione assorbita sulla superficie del capello dall’ambiente) e l’estrazione. Perciò, gli studi in letteratura (spesso focalizzati su un singolo composto o su un piccolo insieme di sostanze appartenenti alla stessa classe), utilizzano metodiche di estrazione (e purificazione) specifiche e ottimizzate al proprio scopo, che durano anche diverse ore [2,3]. In questo studio si propone invece un approccio più generico e ‘multi-classe’, procedendo con un’estrazione aspecifica e rapida. Dopo alcune prove preliminari eseguite su un campione composito costituito dai capelli provenienti da 7 donatori (su 38 volontari coinvolti), si è definita una metodica, applicata ad un totale di 42 campioni, più bianchi procedurali, che prevede: (i) tre step di decontaminazione (due con acqua e il terzo acetone) su aliquote da 10 mg di capelli e (ii) un’estrazione sequenziale in due passaggi con metanolo (0.5 mL tal quale per la prima, e 0.5 mL contenente l’1% di NH3 per la seconda) da 20’ ciascuna in bagno ad ultrasuoni. Dopodiché, (iii) i due estratti vengono evaporati sotto flusso d’azoto e ricostituiti, riuniti, in 400 μL di metanolo. Infine, (iv) in seguito a filtrazione e diluizione 1:1 con acqua, essi sono analizzati tramite LC-MS/MS alla ricerca di 39 composti, incluse sostanze legate alle abitudini alimentari e ricreative, farmaci e prodotti per la cura personale, così come alcuni additivi industriali riconosciuti come contaminanti ubiquitari. I risultati preliminari ottenuti sono molto interessanti, con la rivelazione di 20 composti caratterizzati da varie proprietà chimico-fisiche e diverso utilizzo (da sostanze polari come caffeina e nicotina, a composti più apolari quali filtri UV e triclosan) in almeno un campione, confermando quindi che il metodo applicato risulta sufficientemente efficace nonostante la sua genericità. Tuttavia, le informazioni ottenute vanno trattate con cautela, poiché vi sono numerose fonti di incertezza che possono influire sul dato ottenuto. Dal punto di vista qualitativo, se una sostanza viene rilevata in un campione, ma questa è assente sia nel bianco procedurale, sia nel solvente di decontaminazione (purché sia efficace, e che va comunque conservato e analizzato in situazioni dubbie [1]), è lecito considerare che questa derivi da un assorbimento nel capello dai vasi sanguigni che lo irrorano. Quantitativamente, invece, è complicato ottenere una stima accurata dell’efficienza di estrazione, data la difficoltà di riprodurre il legame che si instaura tra la matrice cheratinica e le sostanze che vi diffondono attraverso i vasi sanguigni. Questa fonte di incertezza, insieme con la variabilità biologica ed eventuali trattamenti chimico-fisici rende pressoché impossibile correlare in modo affidabile con la dose di somministrazione, ricorrendo spesso all’uso di valori soglia [1,3]. Se si conoscono le abitudini dei volontari, i quali hanno preventivamente compilato un questionario, tramite un’analisi multivariata è possibile osservare se e come queste possono influenzare il contenuto di specifiche sostanze all’interno dei loro capelli.

I capelli come matrice per l’analisi di composti organici in tracce: una miniera di informazioni incerte

Matteo Baglietto;Henry MacKeown;Barbara Benedetti;Marina Di Carro;Emanuele Magi
2024-01-01

Abstract

L’analisi del capello è estremamente informativa, complementare all’investigazione di matrici biologiche più tradizionali (urine, sangue…). La Society of Hair Testing – SoHT – definisce le linee guida sulle procedure da seguire manipolando questo tipo di matrice, inclusi i numerosi vantaggi e gli aspetti più critici [1]. La SoHT indica nel dettaglio le modalità di campionamento e conservazione, mentre rimane più vaga riguardo la decontaminazione (per rimuovere la frazione assorbita sulla superficie del capello dall’ambiente) e l’estrazione. Perciò, gli studi in letteratura (spesso focalizzati su un singolo composto o su un piccolo insieme di sostanze appartenenti alla stessa classe), utilizzano metodiche di estrazione (e purificazione) specifiche e ottimizzate al proprio scopo, che durano anche diverse ore [2,3]. In questo studio si propone invece un approccio più generico e ‘multi-classe’, procedendo con un’estrazione aspecifica e rapida. Dopo alcune prove preliminari eseguite su un campione composito costituito dai capelli provenienti da 7 donatori (su 38 volontari coinvolti), si è definita una metodica, applicata ad un totale di 42 campioni, più bianchi procedurali, che prevede: (i) tre step di decontaminazione (due con acqua e il terzo acetone) su aliquote da 10 mg di capelli e (ii) un’estrazione sequenziale in due passaggi con metanolo (0.5 mL tal quale per la prima, e 0.5 mL contenente l’1% di NH3 per la seconda) da 20’ ciascuna in bagno ad ultrasuoni. Dopodiché, (iii) i due estratti vengono evaporati sotto flusso d’azoto e ricostituiti, riuniti, in 400 μL di metanolo. Infine, (iv) in seguito a filtrazione e diluizione 1:1 con acqua, essi sono analizzati tramite LC-MS/MS alla ricerca di 39 composti, incluse sostanze legate alle abitudini alimentari e ricreative, farmaci e prodotti per la cura personale, così come alcuni additivi industriali riconosciuti come contaminanti ubiquitari. I risultati preliminari ottenuti sono molto interessanti, con la rivelazione di 20 composti caratterizzati da varie proprietà chimico-fisiche e diverso utilizzo (da sostanze polari come caffeina e nicotina, a composti più apolari quali filtri UV e triclosan) in almeno un campione, confermando quindi che il metodo applicato risulta sufficientemente efficace nonostante la sua genericità. Tuttavia, le informazioni ottenute vanno trattate con cautela, poiché vi sono numerose fonti di incertezza che possono influire sul dato ottenuto. Dal punto di vista qualitativo, se una sostanza viene rilevata in un campione, ma questa è assente sia nel bianco procedurale, sia nel solvente di decontaminazione (purché sia efficace, e che va comunque conservato e analizzato in situazioni dubbie [1]), è lecito considerare che questa derivi da un assorbimento nel capello dai vasi sanguigni che lo irrorano. Quantitativamente, invece, è complicato ottenere una stima accurata dell’efficienza di estrazione, data la difficoltà di riprodurre il legame che si instaura tra la matrice cheratinica e le sostanze che vi diffondono attraverso i vasi sanguigni. Questa fonte di incertezza, insieme con la variabilità biologica ed eventuali trattamenti chimico-fisici rende pressoché impossibile correlare in modo affidabile con la dose di somministrazione, ricorrendo spesso all’uso di valori soglia [1,3]. Se si conoscono le abitudini dei volontari, i quali hanno preventivamente compilato un questionario, tramite un’analisi multivariata è possibile osservare se e come queste possono influenzare il contenuto di specifiche sostanze all’interno dei loro capelli.
2024
9788894952414
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1170266
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