Nella costituzione di sistemi funzionanti capaci di instaurare relazioni e insieme di modificare la componente spaziale, le infrastrutture hanno da sempre un ruolo fondante. Lungo le coste – specialmente quelle caratterizzate da insediamenti logistici e operativi, quali i grandi porti – attività e gestualità quotidiane di merci e persone sono rese possibili da un vasto catalogo di sofisticate infrastrutture tese tra terra e mare, quali attrezzature di banchina, viadotti, autostrade e ponti. Da un lato, tali strutture mettono in concordanza flussi di circolazione differenti incrementando l’intermodalità dei territori, dall’altro si offrono come piattaforme di relazione, porzioni di nuovo suolo, atte a favorire connettività di merci e persone specialmente lungo l’indefinito bordo costiero. In questo catalogo, il caso dei ponts transbordeur, cioè i ponti che scavalcano un porto, un canale o un fiume e consentono l’attraversamento a veicoli e persone da una riva all’altra in una navicella sospesa sull’acqua da un carrello che scorre sotto il ponte tramite un cavo comandato a motore dalla riva, è particolarmente interessante a causa della natura ibrida, quasi anfibia, dell’artefatto architettonico e della sua evoluzione formale e identitaria. Fin dalla realizzazione del primo esemplare, il Ponte Bizcaya che collega Portugalete a Las Arenas all’ingresso del porto di Bilbao ultimato nel 1893 su progetto di Alberto de Palacio e Ferdinand Arnodin, i ponts transbordeur venivano costruiti in diverse forme dove era necessario dare libero passaggio al traffico marittimo in un’epoca in cui le navi alte avevano ancora grande importanza economica. Dopo il secondo conflitto mondiale, la portata dei ponts transbordeur non rispondeva più al traffico automobilistico particolarmente intenso e, una volta scomparse le navi alte, la loro realizzazione veniva sospesa. Per questo i manufatti oggi superstiti sono quelli che hanno attraversato un processo di dismissione e di trasferimento di funzione e di significato, specialmente nella loro relazione con il contesto. Intesi come un eccezionale catalogo di insediamenti infrastrutturali tra terra e mare, i ponts transbordeur raccontano una parabola emblematica di dismissioni alla scala dell’architettura e della città portuale, così come di insediamenti in ambiente marino. Si tratta di monumenti tecnici sperimentatori delle travature in acciaio, di architetture in assenza di suolo (o quasi), il cui progetto contemporaneo si propone rinnovato, non solo in chiave di intrattenimento e turismo, ma soprattutto di mobilità sostenibile e di collegamenti marittimi e fluviali per uno strategico potenziamento delle vie d’acqua.

INFRASTRUCTURAL AND AMPHIBIOUS SETTLEMENTS. DECOMMISSIONING AND PROJECT OF THE PONTS TRANSBORDEUR

Moretti, B.
2023-01-01

Abstract

Nella costituzione di sistemi funzionanti capaci di instaurare relazioni e insieme di modificare la componente spaziale, le infrastrutture hanno da sempre un ruolo fondante. Lungo le coste – specialmente quelle caratterizzate da insediamenti logistici e operativi, quali i grandi porti – attività e gestualità quotidiane di merci e persone sono rese possibili da un vasto catalogo di sofisticate infrastrutture tese tra terra e mare, quali attrezzature di banchina, viadotti, autostrade e ponti. Da un lato, tali strutture mettono in concordanza flussi di circolazione differenti incrementando l’intermodalità dei territori, dall’altro si offrono come piattaforme di relazione, porzioni di nuovo suolo, atte a favorire connettività di merci e persone specialmente lungo l’indefinito bordo costiero. In questo catalogo, il caso dei ponts transbordeur, cioè i ponti che scavalcano un porto, un canale o un fiume e consentono l’attraversamento a veicoli e persone da una riva all’altra in una navicella sospesa sull’acqua da un carrello che scorre sotto il ponte tramite un cavo comandato a motore dalla riva, è particolarmente interessante a causa della natura ibrida, quasi anfibia, dell’artefatto architettonico e della sua evoluzione formale e identitaria. Fin dalla realizzazione del primo esemplare, il Ponte Bizcaya che collega Portugalete a Las Arenas all’ingresso del porto di Bilbao ultimato nel 1893 su progetto di Alberto de Palacio e Ferdinand Arnodin, i ponts transbordeur venivano costruiti in diverse forme dove era necessario dare libero passaggio al traffico marittimo in un’epoca in cui le navi alte avevano ancora grande importanza economica. Dopo il secondo conflitto mondiale, la portata dei ponts transbordeur non rispondeva più al traffico automobilistico particolarmente intenso e, una volta scomparse le navi alte, la loro realizzazione veniva sospesa. Per questo i manufatti oggi superstiti sono quelli che hanno attraversato un processo di dismissione e di trasferimento di funzione e di significato, specialmente nella loro relazione con il contesto. Intesi come un eccezionale catalogo di insediamenti infrastrutturali tra terra e mare, i ponts transbordeur raccontano una parabola emblematica di dismissioni alla scala dell’architettura e della città portuale, così come di insediamenti in ambiente marino. Si tratta di monumenti tecnici sperimentatori delle travature in acciaio, di architetture in assenza di suolo (o quasi), il cui progetto contemporaneo si propone rinnovato, non solo in chiave di intrattenimento e turismo, ma soprattutto di mobilità sostenibile e di collegamenti marittimi e fluviali per uno strategico potenziamento delle vie d’acqua.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1146016
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