Nella storia della rappresentazione, il disegno eretico, nelle sue diverse accezioni, attua sempre fenomeni di discontinuità capaci anche di innescare e alimentare processi elaborativi che fanno progredire la disciplina ampliandone i temi e i confini. Ciò è riferibile sia alla sfera teorico-operativa che abbraccia le metodologie, le tecniche, gli strumenti, i segni, le iconografie ecc., sia a quella degli approcci culturali e delle intenzioni procedurali che comprendono comportamenti/obiettivi ludici, onirici, sperimentali, esplorativi, utopici, distopici ecc. Per fare qualche esempio, ricordo il rinnovamento performativo avviato nella lettura urbana dadaista con le visite ai luoghi banali della città e ulteriormente sviluppato nelle deambulazioni surrealiste, nelle derive e nelle psico-geografie dei Situazionisti, nelle successive passeggiate di ascolto collettive di Max Neuhaus fino agli attuali attraversamenti territoriali di Hamish Fulton, progressive espressioni di una visione dall’interno del paesaggio urbano e naturale, estetica ed esperienziale legata alla coreografia del corpo nello spazio; ma penso anche, cambiando totalmente ambito tematico, alle anamorfosi della “prospettiva curiosa” che, attraverso immagini crittografate, propongono l’idea di realtà duale. Ricordo, poi, il gioco collettivo surrealista del ‘cadavre exquis’ che, attraverso il noto processo autoriale collaborativo, elabora, nella versione legata alla composizione di immagini, figure antropomorfe ‘casuali e impossibili’ in opposizione con “l'imitazione frenetica e derisoria delle apparenze fisiche” ritenute da André Breton “la parte più importante - e più contestabile - dell'arte contemporanea, e alla quale l'arte rimane anacronisticamente soggetta”. Infine, sul piano della libera esplorazione relativamente ai temi del progetto di architettura, ricordo la Catena di vetro [Die Gläserne Kette], nome dell’epistolario avviato da Bruno Taut, che, fra il 1919 e il 1920, vide la produzione di disegni, scritti, lettere finalizzati a una riflessione visionaria sul futuro, secondo un approccio così fuori dagli schemi al punto di comportare la distruzione del materiale prodotto, in caso di eventuale uscita dal gruppo di uno dei suoi componenti, quasi a voler custodire l’audacia, l’immagine eretica, appunto, formulata all’interno di questa enclave intellettuale. Già da queste brevi note, risulta piuttosto evidente che il disegno eretico sembra attuarsi in una successione di eventi inaspettati, spesso autonomi gli uni dagli altri per contesto culturale e temporale, difficilmente ordinabili. Rispetto, quindi, a questo scenario multiforme, ho scelto di illustrare due esempi eterogenei di rappresentazioni eretiche, uno tratto dall’ambito della grafica contemporanea, l’altro dall’ambito ‘performativo’ considerato nella particolarità di una manifestazione ludica e autoriale riferita alla seconda metà del secolo scorso. Mi riferisco ai progetti visivi di Neville Brody e David Carson in cui si ritrova un’audacia espressiva che richiama la tecnica del cut-up letterario introdotto da Brion Gysin e William Seward Borroughs sul finire degli anni Cinquanta del Novecento, e all’incessante esercizio sperimentale di Bruno Munari, di cui desidero presentare, in particolare, l’allestimento per la mostra “Il Museo Immaginario delle Isole Eolie”, dove l’apparato comunicativo è medium per mettere in scena una burla con sembianze di evento archeologico, una forma di espressione per simulare una realtà fittizia. Da un lato, quindi, un’eresia interna alla disciplina della rappresentazione grafica le cui regole, convenzioni e metodologie risultano violate in modo da stimolare l’immaginazione e il pensiero oltre la cornice della logica attingendo al ‘disordine’ delle idee e delle parole nella loro fase di formazione mentale, dall’altro, un’eresia esterna alla disciplina, che utilizza l’immagine per modellare la visione della realtà oltre la sua effettiva consistenza.
Disegno eretico e design della comunicazione visiva.
Enrica Bistagnino
2022-01-01
Abstract
Nella storia della rappresentazione, il disegno eretico, nelle sue diverse accezioni, attua sempre fenomeni di discontinuità capaci anche di innescare e alimentare processi elaborativi che fanno progredire la disciplina ampliandone i temi e i confini. Ciò è riferibile sia alla sfera teorico-operativa che abbraccia le metodologie, le tecniche, gli strumenti, i segni, le iconografie ecc., sia a quella degli approcci culturali e delle intenzioni procedurali che comprendono comportamenti/obiettivi ludici, onirici, sperimentali, esplorativi, utopici, distopici ecc. Per fare qualche esempio, ricordo il rinnovamento performativo avviato nella lettura urbana dadaista con le visite ai luoghi banali della città e ulteriormente sviluppato nelle deambulazioni surrealiste, nelle derive e nelle psico-geografie dei Situazionisti, nelle successive passeggiate di ascolto collettive di Max Neuhaus fino agli attuali attraversamenti territoriali di Hamish Fulton, progressive espressioni di una visione dall’interno del paesaggio urbano e naturale, estetica ed esperienziale legata alla coreografia del corpo nello spazio; ma penso anche, cambiando totalmente ambito tematico, alle anamorfosi della “prospettiva curiosa” che, attraverso immagini crittografate, propongono l’idea di realtà duale. Ricordo, poi, il gioco collettivo surrealista del ‘cadavre exquis’ che, attraverso il noto processo autoriale collaborativo, elabora, nella versione legata alla composizione di immagini, figure antropomorfe ‘casuali e impossibili’ in opposizione con “l'imitazione frenetica e derisoria delle apparenze fisiche” ritenute da André Breton “la parte più importante - e più contestabile - dell'arte contemporanea, e alla quale l'arte rimane anacronisticamente soggetta”. Infine, sul piano della libera esplorazione relativamente ai temi del progetto di architettura, ricordo la Catena di vetro [Die Gläserne Kette], nome dell’epistolario avviato da Bruno Taut, che, fra il 1919 e il 1920, vide la produzione di disegni, scritti, lettere finalizzati a una riflessione visionaria sul futuro, secondo un approccio così fuori dagli schemi al punto di comportare la distruzione del materiale prodotto, in caso di eventuale uscita dal gruppo di uno dei suoi componenti, quasi a voler custodire l’audacia, l’immagine eretica, appunto, formulata all’interno di questa enclave intellettuale. Già da queste brevi note, risulta piuttosto evidente che il disegno eretico sembra attuarsi in una successione di eventi inaspettati, spesso autonomi gli uni dagli altri per contesto culturale e temporale, difficilmente ordinabili. Rispetto, quindi, a questo scenario multiforme, ho scelto di illustrare due esempi eterogenei di rappresentazioni eretiche, uno tratto dall’ambito della grafica contemporanea, l’altro dall’ambito ‘performativo’ considerato nella particolarità di una manifestazione ludica e autoriale riferita alla seconda metà del secolo scorso. Mi riferisco ai progetti visivi di Neville Brody e David Carson in cui si ritrova un’audacia espressiva che richiama la tecnica del cut-up letterario introdotto da Brion Gysin e William Seward Borroughs sul finire degli anni Cinquanta del Novecento, e all’incessante esercizio sperimentale di Bruno Munari, di cui desidero presentare, in particolare, l’allestimento per la mostra “Il Museo Immaginario delle Isole Eolie”, dove l’apparato comunicativo è medium per mettere in scena una burla con sembianze di evento archeologico, una forma di espressione per simulare una realtà fittizia. Da un lato, quindi, un’eresia interna alla disciplina della rappresentazione grafica le cui regole, convenzioni e metodologie risultano violate in modo da stimolare l’immaginazione e il pensiero oltre la cornice della logica attingendo al ‘disordine’ delle idee e delle parole nella loro fase di formazione mentale, dall’altro, un’eresia esterna alla disciplina, che utilizza l’immagine per modellare la visione della realtà oltre la sua effettiva consistenza.File | Dimensione | Formato | |
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