Abstract Nata da genitori somali in Kenya ma cresciuta a Londra, esponente di punta della “Black British poetry”, Warsan Shire appartiene alla generazione di giovani poeti che hanno attratto un pubblico eterogeneo grazie alle potenzialità offerte dalla rete. Nativa digitale che considera le tecnologie un elemento naturale, e perfettamente a proprio agio nel manipolarle, si affaccia nel mondo dei social media con Tumblr utilizzato come una moodboard dove posta selfie, musica, riflessioni e poesie a seconda dell’umore del momento. In seguito migra su altre piattaforme – Twitter, Instagram, Facebook – utilizzate però in maniera più consapevole, mirata e impegnata: razzismo, migrazione, violenza, identità, femminismo sono le tematiche trattate e discusse dall’autrice nello sconfinato mondo digitale. Nel 2014 Shire è insignita del titolo “London’s Youth Poet Laureate”, oltre a vantare al proprio attivo altri premi e riconoscimenti internazionali di prestigio nonostante la giovane età. Nel 2011 pubblica Teaching My Mother How to Give Birth che contiene Conversation about Home (at the Deportation Centre), fonte ispiratrice per Home, una web-poem caricata su YouTube nel 2017. Nel video i versi recitati da Shire sono accompagnati da bozzetti in bianco e nero che si susseguono al ritmo della sua voce e della musica strumentale di sottofondo. In un’intervista rilasciata al Guardian, Shire ha dichiarato di aver scritto la poesia “per tutti i rifugiati, per la sua famiglia e per chiunque abbia vissuto o stia vivendo il trauma della migrazione”. Il video furoreggia e i versi “no one leaves home / unless home is the mouth of a shark” (“Nessuno lascia casa a meno che la casa non sia la bocca / di uno squalo”) diventano immediatamente l’appello assunto a livello globale dai rifugiati e dai loro sostenitori. Con una struttura rimaneggiata, Home viene inserita nell’ultima pubblicazione di Shire, Benedici la figlia cresciuta da una voce nella testa, raccolta di poesie con testo a fronte magistralmente tradotte da Paola Splendore. Le tematiche affrontate sono sempre le stesse e il messaggio veicolato nei versi di Shire è la richiesta di un esercizio di umanizzazione, ascolto e accoglienza: “Nessuno mette i figli su una barca, a meno che l’acqua / non sia più sicura della terra. Nessuno sceglie giorni e / notti del ventre di un camion a meno che le miglia per- / corse non valgano un po’ più del viaggio”, oppure “gli insulti sono più facili da ingoiare che trovare il corpo / di tuo figlio tra le macerie”. Ma i suoi versi muovono anche un’accusa al passato coloniale europeo, che continua a sussistere ed essere visibile soprattutto sul corpo femminile: “I denti sono piccole colonie, / lo stomaco un’isola, / le cosce sono i confini (…) la faccia di tua figlia è un piccolo tumulto, / le sue mani una guerra civile, / dietro ogni orecchio si nasconde un campo / di rifugiati, il suo corpo, un corpo sporcato / di brutte cose / ma Dio, / come lo porta bene / il mondo”. I suoi versi, inoltre, mettono in relazione il passato con il presente ed enfatizzano l’impari rovesciamento dei ruoli: “Se la luna era l’Europa, mio padre era l’astronauta che morì / mentre andava sulla luna. / Mio padre, l’esploratore lunare mancato, accecato dallo / spazio. Mio padre, il cosmonauta nero, in delirio / per la sete”

Mio padre, il cosmonauta nero

Festa Maria
2023-01-01

Abstract

Abstract Nata da genitori somali in Kenya ma cresciuta a Londra, esponente di punta della “Black British poetry”, Warsan Shire appartiene alla generazione di giovani poeti che hanno attratto un pubblico eterogeneo grazie alle potenzialità offerte dalla rete. Nativa digitale che considera le tecnologie un elemento naturale, e perfettamente a proprio agio nel manipolarle, si affaccia nel mondo dei social media con Tumblr utilizzato come una moodboard dove posta selfie, musica, riflessioni e poesie a seconda dell’umore del momento. In seguito migra su altre piattaforme – Twitter, Instagram, Facebook – utilizzate però in maniera più consapevole, mirata e impegnata: razzismo, migrazione, violenza, identità, femminismo sono le tematiche trattate e discusse dall’autrice nello sconfinato mondo digitale. Nel 2014 Shire è insignita del titolo “London’s Youth Poet Laureate”, oltre a vantare al proprio attivo altri premi e riconoscimenti internazionali di prestigio nonostante la giovane età. Nel 2011 pubblica Teaching My Mother How to Give Birth che contiene Conversation about Home (at the Deportation Centre), fonte ispiratrice per Home, una web-poem caricata su YouTube nel 2017. Nel video i versi recitati da Shire sono accompagnati da bozzetti in bianco e nero che si susseguono al ritmo della sua voce e della musica strumentale di sottofondo. In un’intervista rilasciata al Guardian, Shire ha dichiarato di aver scritto la poesia “per tutti i rifugiati, per la sua famiglia e per chiunque abbia vissuto o stia vivendo il trauma della migrazione”. Il video furoreggia e i versi “no one leaves home / unless home is the mouth of a shark” (“Nessuno lascia casa a meno che la casa non sia la bocca / di uno squalo”) diventano immediatamente l’appello assunto a livello globale dai rifugiati e dai loro sostenitori. Con una struttura rimaneggiata, Home viene inserita nell’ultima pubblicazione di Shire, Benedici la figlia cresciuta da una voce nella testa, raccolta di poesie con testo a fronte magistralmente tradotte da Paola Splendore. Le tematiche affrontate sono sempre le stesse e il messaggio veicolato nei versi di Shire è la richiesta di un esercizio di umanizzazione, ascolto e accoglienza: “Nessuno mette i figli su una barca, a meno che l’acqua / non sia più sicura della terra. Nessuno sceglie giorni e / notti del ventre di un camion a meno che le miglia per- / corse non valgano un po’ più del viaggio”, oppure “gli insulti sono più facili da ingoiare che trovare il corpo / di tuo figlio tra le macerie”. Ma i suoi versi muovono anche un’accusa al passato coloniale europeo, che continua a sussistere ed essere visibile soprattutto sul corpo femminile: “I denti sono piccole colonie, / lo stomaco un’isola, / le cosce sono i confini (…) la faccia di tua figlia è un piccolo tumulto, / le sue mani una guerra civile, / dietro ogni orecchio si nasconde un campo / di rifugiati, il suo corpo, un corpo sporcato / di brutte cose / ma Dio, / come lo porta bene / il mondo”. I suoi versi, inoltre, mettono in relazione il passato con il presente ed enfatizzano l’impari rovesciamento dei ruoli: “Se la luna era l’Europa, mio padre era l’astronauta che morì / mentre andava sulla luna. / Mio padre, l’esploratore lunare mancato, accecato dallo / spazio. Mio padre, il cosmonauta nero, in delirio / per la sete”
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