Abstract Nelle società africane contemporanee la figura della donna, oltre a essere relegata al rispetto di ben radicate tradizioni ancestrali, occupa a tutt’oggi un ruolo marginale. La letteratura può divenire lo strumento adatto per documentare i movimenti di resistenza, per garantire visibilità e dare voce alle figure emarginate. Le narrazioni di Paulina Chiziane, Peace Adzo Medie e Abi Daré vertono sul complesso mondo femminile e offrono al lettore un ventaglio variegato di donne africane accomunate dallo stesso destino di sottomissione, oltre alla condizione di marginalizzazione ed esclusione, dirette conseguenze di una cultura patriarcale. Nelle loro narrazioni, le tre autrici mettono a confronto figure maschili che difendono il loro diritto sociale a vivere con più donne e figure femminili che giocano, ma a loro vantaggio, con regole che nessuno è ancora autorizzato a mettere in discussione. Chiziane è stata la prima donna in Mozambico a pubblicare un romanzo; la sua scrittura è stata spesso definita politica e femminista. Per Chiziane, scrivere è una missione, l’unico modo per rendere pubbliche le difficoltà che le donne contemporanee incontrano di fronte all’eterogeneità delle tradizioni culturali mozambicane e un esempio evidente lo si trova nelle pagine di Niketche. Una storia di poligamia. Peace Adzo Medie, nata in Liberia ma cresciuta in Ghana, è un’accademica che ha pubblicato racconti e uno studio accurato sulle campagne in atto per porre fine alla violenza contro le donne in Africa. Nel suo romanzo d’esordio L’unica moglie, con una sottile vena romantica mista a una forte componente femminista, ritrae una giovane donna definita dalla critica un’eroina dei giorni nostri. Abi Daré, nata a Lagos ma residente da anni nel Regno Unito, esordisce nel mondo letterario con La ladra di parole. Oltre a sviscerare il tema della poligamia, Daré denuncia la persistente pratica della schiavitù femminile e ritrae una ragazzina determinata a trovare una voce forte e udibile. Rami, la protagonista principale e voce narrante di Niketche, è una quarantenne in crisi che non accetta più le prolungate assenze del marito, Tony di anni cinquanta e comandante del distretto di polizia locale. Rami dichiara di essere “la donna più infelice al mondo” ma è decisa a trovare risposte ai suoi interrogativi e a “cercare di scoprire cosa c’è di sbagliato” in lei. Trova un alleato nello specchio che le restituisce la sua immagine riflessa ma parlante, una Rami gemella che ascolta, commenta e incoraggia la donna, stanca del suo ventennale matrimonio poligamo e “stanca di essere tradita, umiliata, disprezzata (…) di dormire da sola”, a riprendere in mano la propria vita. Pagina dopo pagina, il lettore scopre che Tony ha altre quattro mogli e almeno una decina di figli e nonostante tutto è alla ricerca di una moglie sempre più giovane da “comprare come il bestiame (…) da addomesticare e modellare secondo i suoi desideri”, poiché “la grandezza di un uomo si misura dal numero dei suoi figli e la poligamia è la natura dell’uomo”. Quella di Chiziane è una scrittura impregnata di simboli e metafore del mondo della flora e della fauna che mantengono vivo il legame con la narrazione orale e con le principali caratteristiche delle culture e scritture africane, come la combinazione di umorismo, elementi soprannaturali, satira, riferimenti a miti e tradizioni. Il lemma Niketche, che dà il titolo al romanzo, è per esempio il nome di una danza erotica tipica delle regioni della Zambesia e di Nampula (il significato lo si trova nel glossario inserito al temine della narrazione, poiché Chiziane si affida a parole e concetti propri delle culture del Mozambico e lasciati integri nella traduzione italiana di Giorgio de Marchis). Durante uno dei tanti confronti che Rami ha con la sua immagine riflessa nello specchio, in risposta allo sconforto e al dolore espresso dalla donna, lo specchio replica danzando e lo fa “in onore dell’amore e della vita (…) sulla vita e sulla morte (…) sulla tristezza e la solitudine per schiacciare in fondo alla terra tutti i mali che mi torturano”. Chiziane propone al lettore un romanzo di riscatto sociale della figura femminile. Nel corso della narrazione Rami e le altre mogli seguono un processo di formazione e di autodeterminazione. Dopo le affermazioni sentite dalla zia (“la vita è un’eterna condivisione (…) condividere un uomo non è reato (…) e la poligamia è una processione di spose”) Rami, con sapienza e fermezza, diventa amica e mentore delle sue “rivali” più giovani, dà vita a un parlamento coniugale che in una delle sedute sancisce anche un calendario coniugale che esclude Tony da ogni decisione, rendendolo invisibile e “un topo in trappola”. I concetti di condivisione e poligamia sono i temi dominanti che caratterizzano anche la scrittura di Medie. Afi Tekple, giovane donna e voce narrante di L’unica moglie, esordisce con un’affermazione che fa presagire la trama dell’intero romanzo: “Elikem mi ha sposato in absentia”. Afi è consapevole sin dalla proposta di matrimonio di essere considerata merce di scambio, ma ne ha piena coscienza solo il giorno delle nozze, poco prima che venga celebrata l’unione con l’assente Elikem, quando “lo tsiami come se annunciasse i premi di un gioco televisivo (…) invita i miei parenti a passare in rassegna il prezzo della sposa che il futuro marito tramite i fratelli aveva inviato”. Elikem è una figura maschile debole e sfuggente. È il figlio di una ricca famiglia di Ho, vive per lunghi periodi di tempo all’estero, ha successo negli affari, si è laureato quando Afi era ancora “una ragazzina che portava i capelli corti” e non si è presentato il giorno delle nozze “per colpa di un viaggio di lavoro”. Per contrasto Medie ritrae figure femminili forti e determinate nel raggiungere i propri obiettivi. Per imposizione della suocera, Afi si trasferisce ad Accra perché spetta a lei “pretendere il posto che le spetta”. Il marito per compensare la sua assenza dà ad Afi un appartamento di lusso, ma la giovane sposa come un disco rotto non riesce a tacere, vuole sapere quando potrà conoscere il marito, quanta importanza ha per Elikem l’altra donna, come poter essere “una buona moglie senza un marito accanto”. La città di Accra e l’essersi inserita nel giro giusto di conoscenze permette ad Afi l’emancipazione e l’indipendenza economica. Con la sua determinazione e perseveranza Afi riesce a sconfiggere la tirannia della suocera, ad accettare suo malgrado la presenza dell’altra donna, a chiedere il divorzio a Eli perché l’unico obiettivo che non è riuscita a raggiungere era quello di essere l’unica moglie. Quella di Medie è una scrittura neutra, senza alcun riferimento all’oralità o ad altre caratteristiche tipiche delle scritture africane. Le poche parole espresse in lingua originale, elencate nel glossario posto al termine della narrazione, appartengono al campo semantico del cibo e a qualche gergo contemporaneo ghanese. Adunni è la protagonista e voce narrante di La ladra di parole. È una ragazzina di quattordici anni che vive a Ikati, un villaggio nel cuore della Nigeria dominato da una cultura patriarcale. È curiosa, determinata, forte, semianalfabeta ma decisa a cambiare la sua posizione, quella delle sue coetanee e delle generazioni future all’interno della società nigeriana attraverso l’educazione scolastica: “Solo attraverso l’istruzione può esserci il cambiamento”. Adunni viene venduta dal padre a un anziano tassista in cerca di una terza moglie. Dopo qualche mese, Adunni abbandona la casa del marito e, per evitare che la sua famiglia subisca le conseguenze del suo gesto, chiede aiuto a un conoscente che ancora una volta la mette in vendita. All’interno dell’enorme villa di Lagos dove Adunni presta servizio come domestica c’è una stanza colma di libri. È il rifugio segreto della ragazza dove può consultare con avidità il dizionario Collins e immergersi nella lettura di Il libro dei fatti: Nigeria tra passato e presente. Studiando la storia del suo paese realizza che lei è a tutti gli effetti una schiava, l’unica differenza è che non ha una catena al collo e non è stata mandata a lavorare oltreoceano. Nella versione originale Daré, per rendere più reale il personaggio di Adunni, ricorre all’uso del Broken English, ovvero una lingua con variazioni di sintassi e pronuncia rispetto all’inglese standard (e questa peculiarità è mantenuta anche nella traduzione italiana grazie all’abile lavoro di Elisa Banfi). Come Rami e Afi, anche Adunni riesce a imporsi nella società moderna africana, con la consapevolezza che “un giorno la mia voce si sentirà forte nella Nigeria e nel suo mondo, e allora grazie a me altre ragazze si faranno sentire da tutti, con la loro voce, perché so già che quando finirò di studiare troverò un modo per aiutare anche loro ad andare a scuola”.
Lo spaccato della condizione femminile in Africa - Il prezzo delle spose
Festa Maria
2023-01-01
Abstract
Abstract Nelle società africane contemporanee la figura della donna, oltre a essere relegata al rispetto di ben radicate tradizioni ancestrali, occupa a tutt’oggi un ruolo marginale. La letteratura può divenire lo strumento adatto per documentare i movimenti di resistenza, per garantire visibilità e dare voce alle figure emarginate. Le narrazioni di Paulina Chiziane, Peace Adzo Medie e Abi Daré vertono sul complesso mondo femminile e offrono al lettore un ventaglio variegato di donne africane accomunate dallo stesso destino di sottomissione, oltre alla condizione di marginalizzazione ed esclusione, dirette conseguenze di una cultura patriarcale. Nelle loro narrazioni, le tre autrici mettono a confronto figure maschili che difendono il loro diritto sociale a vivere con più donne e figure femminili che giocano, ma a loro vantaggio, con regole che nessuno è ancora autorizzato a mettere in discussione. Chiziane è stata la prima donna in Mozambico a pubblicare un romanzo; la sua scrittura è stata spesso definita politica e femminista. Per Chiziane, scrivere è una missione, l’unico modo per rendere pubbliche le difficoltà che le donne contemporanee incontrano di fronte all’eterogeneità delle tradizioni culturali mozambicane e un esempio evidente lo si trova nelle pagine di Niketche. Una storia di poligamia. Peace Adzo Medie, nata in Liberia ma cresciuta in Ghana, è un’accademica che ha pubblicato racconti e uno studio accurato sulle campagne in atto per porre fine alla violenza contro le donne in Africa. Nel suo romanzo d’esordio L’unica moglie, con una sottile vena romantica mista a una forte componente femminista, ritrae una giovane donna definita dalla critica un’eroina dei giorni nostri. Abi Daré, nata a Lagos ma residente da anni nel Regno Unito, esordisce nel mondo letterario con La ladra di parole. Oltre a sviscerare il tema della poligamia, Daré denuncia la persistente pratica della schiavitù femminile e ritrae una ragazzina determinata a trovare una voce forte e udibile. Rami, la protagonista principale e voce narrante di Niketche, è una quarantenne in crisi che non accetta più le prolungate assenze del marito, Tony di anni cinquanta e comandante del distretto di polizia locale. Rami dichiara di essere “la donna più infelice al mondo” ma è decisa a trovare risposte ai suoi interrogativi e a “cercare di scoprire cosa c’è di sbagliato” in lei. Trova un alleato nello specchio che le restituisce la sua immagine riflessa ma parlante, una Rami gemella che ascolta, commenta e incoraggia la donna, stanca del suo ventennale matrimonio poligamo e “stanca di essere tradita, umiliata, disprezzata (…) di dormire da sola”, a riprendere in mano la propria vita. Pagina dopo pagina, il lettore scopre che Tony ha altre quattro mogli e almeno una decina di figli e nonostante tutto è alla ricerca di una moglie sempre più giovane da “comprare come il bestiame (…) da addomesticare e modellare secondo i suoi desideri”, poiché “la grandezza di un uomo si misura dal numero dei suoi figli e la poligamia è la natura dell’uomo”. Quella di Chiziane è una scrittura impregnata di simboli e metafore del mondo della flora e della fauna che mantengono vivo il legame con la narrazione orale e con le principali caratteristiche delle culture e scritture africane, come la combinazione di umorismo, elementi soprannaturali, satira, riferimenti a miti e tradizioni. Il lemma Niketche, che dà il titolo al romanzo, è per esempio il nome di una danza erotica tipica delle regioni della Zambesia e di Nampula (il significato lo si trova nel glossario inserito al temine della narrazione, poiché Chiziane si affida a parole e concetti propri delle culture del Mozambico e lasciati integri nella traduzione italiana di Giorgio de Marchis). Durante uno dei tanti confronti che Rami ha con la sua immagine riflessa nello specchio, in risposta allo sconforto e al dolore espresso dalla donna, lo specchio replica danzando e lo fa “in onore dell’amore e della vita (…) sulla vita e sulla morte (…) sulla tristezza e la solitudine per schiacciare in fondo alla terra tutti i mali che mi torturano”. Chiziane propone al lettore un romanzo di riscatto sociale della figura femminile. Nel corso della narrazione Rami e le altre mogli seguono un processo di formazione e di autodeterminazione. Dopo le affermazioni sentite dalla zia (“la vita è un’eterna condivisione (…) condividere un uomo non è reato (…) e la poligamia è una processione di spose”) Rami, con sapienza e fermezza, diventa amica e mentore delle sue “rivali” più giovani, dà vita a un parlamento coniugale che in una delle sedute sancisce anche un calendario coniugale che esclude Tony da ogni decisione, rendendolo invisibile e “un topo in trappola”. I concetti di condivisione e poligamia sono i temi dominanti che caratterizzano anche la scrittura di Medie. Afi Tekple, giovane donna e voce narrante di L’unica moglie, esordisce con un’affermazione che fa presagire la trama dell’intero romanzo: “Elikem mi ha sposato in absentia”. Afi è consapevole sin dalla proposta di matrimonio di essere considerata merce di scambio, ma ne ha piena coscienza solo il giorno delle nozze, poco prima che venga celebrata l’unione con l’assente Elikem, quando “lo tsiami come se annunciasse i premi di un gioco televisivo (…) invita i miei parenti a passare in rassegna il prezzo della sposa che il futuro marito tramite i fratelli aveva inviato”. Elikem è una figura maschile debole e sfuggente. È il figlio di una ricca famiglia di Ho, vive per lunghi periodi di tempo all’estero, ha successo negli affari, si è laureato quando Afi era ancora “una ragazzina che portava i capelli corti” e non si è presentato il giorno delle nozze “per colpa di un viaggio di lavoro”. Per contrasto Medie ritrae figure femminili forti e determinate nel raggiungere i propri obiettivi. Per imposizione della suocera, Afi si trasferisce ad Accra perché spetta a lei “pretendere il posto che le spetta”. Il marito per compensare la sua assenza dà ad Afi un appartamento di lusso, ma la giovane sposa come un disco rotto non riesce a tacere, vuole sapere quando potrà conoscere il marito, quanta importanza ha per Elikem l’altra donna, come poter essere “una buona moglie senza un marito accanto”. La città di Accra e l’essersi inserita nel giro giusto di conoscenze permette ad Afi l’emancipazione e l’indipendenza economica. Con la sua determinazione e perseveranza Afi riesce a sconfiggere la tirannia della suocera, ad accettare suo malgrado la presenza dell’altra donna, a chiedere il divorzio a Eli perché l’unico obiettivo che non è riuscita a raggiungere era quello di essere l’unica moglie. Quella di Medie è una scrittura neutra, senza alcun riferimento all’oralità o ad altre caratteristiche tipiche delle scritture africane. Le poche parole espresse in lingua originale, elencate nel glossario posto al termine della narrazione, appartengono al campo semantico del cibo e a qualche gergo contemporaneo ghanese. Adunni è la protagonista e voce narrante di La ladra di parole. È una ragazzina di quattordici anni che vive a Ikati, un villaggio nel cuore della Nigeria dominato da una cultura patriarcale. È curiosa, determinata, forte, semianalfabeta ma decisa a cambiare la sua posizione, quella delle sue coetanee e delle generazioni future all’interno della società nigeriana attraverso l’educazione scolastica: “Solo attraverso l’istruzione può esserci il cambiamento”. Adunni viene venduta dal padre a un anziano tassista in cerca di una terza moglie. Dopo qualche mese, Adunni abbandona la casa del marito e, per evitare che la sua famiglia subisca le conseguenze del suo gesto, chiede aiuto a un conoscente che ancora una volta la mette in vendita. All’interno dell’enorme villa di Lagos dove Adunni presta servizio come domestica c’è una stanza colma di libri. È il rifugio segreto della ragazza dove può consultare con avidità il dizionario Collins e immergersi nella lettura di Il libro dei fatti: Nigeria tra passato e presente. Studiando la storia del suo paese realizza che lei è a tutti gli effetti una schiava, l’unica differenza è che non ha una catena al collo e non è stata mandata a lavorare oltreoceano. Nella versione originale Daré, per rendere più reale il personaggio di Adunni, ricorre all’uso del Broken English, ovvero una lingua con variazioni di sintassi e pronuncia rispetto all’inglese standard (e questa peculiarità è mantenuta anche nella traduzione italiana grazie all’abile lavoro di Elisa Banfi). Come Rami e Afi, anche Adunni riesce a imporsi nella società moderna africana, con la consapevolezza che “un giorno la mia voce si sentirà forte nella Nigeria e nel suo mondo, e allora grazie a me altre ragazze si faranno sentire da tutti, con la loro voce, perché so già che quando finirò di studiare troverò un modo per aiutare anche loro ad andare a scuola”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.