Il «ritorno della guerra sul suolo europeo», avvenuto con l’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio scorso ha fatto emergere i limiti della politica di sicurezza e difesa comune (“PSDC”), in assenza di adeguati meccanismi di coordinamento delle politiche di difesa nazionali degli Stati membri. Assistiamo infatti ad una perdurante centralità della NATO nella difesa del territorio europeo. Il contributo ha l’obiettivo di ricostruire alcuni profili relativi al rilievo che il tema della difesa, intesa nel senso più tradizionale di difesa del territorio dall’aggressione militare, ha avuto nell’ambito del processo di integrazione, dalle sue origini fino agli sviluppi più recenti, anche con riferimento alle procedure decisionali applicabili a tale settore in base alle norme dei Trattati. Quanto sopra al fine di segnalare alcune tendenze evolutive in atto e valutarne le possibili prospettive di sviluppo. Prendendo le mosse dal fallimento della Comunità europea di difesa (CED), emerge come il tema della difesa, dopo decenni di relativa marginalizzazione, sia da alcuni anni oggetto di un rinnovato interesse da parte degli Stati e delle istituzioni UE, non solo nel contesto della Politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) ma anche attraverso il ri-orientamento strategico di alcune politiche disciplinate nel TFUE (quali la politica industriale, la politica degli investimenti, la politica dello spazio), nel perseguimento della cd. “autonomia strategica” dell’Unione. Esistono tuttavia una serie problematiche politiche e giuridiche che frenano la realizzazione di una vera e propria “difesa comune”, la cui istituzione dipende da una decisione unanime degli Stati membri ex art. 42 TUE. Rilevano al riguardo sia le diverse sensibilità di questi ultimi rispetto al rapporto della difesa europea con la NATO sia i limiti costituzionali nazionali rispetto allo sviluppo e eventuale impiego di possibili capacità militari comuni. In questo contesto, senza negare l’importanza delle recenti iniziative rivolte alla razionalizzazione della spesa degli Stati membri in materia di difesa, l’Autore ritiene che un significativo avanzamento del processo di integrazione in questo ambito, necessario a consentire all’Unione di assumersi la sua quota di responsabilità nel sistema di sicurezza internazionale, non possa prescindere da un rafforzamento dell’integrazione politica tra Stati membri, da accompagnarsi con una decisa revisione delle rilevanti norme dei Trattati, anche in materia di regole decisionali.

La difesa europea dinanzi alla guerra in Ucraina tra “autonomia strategica” e vincoli strutturali: quali prospettive per la Difesa comune?

chiara cellerino
2022-01-01

Abstract

Il «ritorno della guerra sul suolo europeo», avvenuto con l’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio scorso ha fatto emergere i limiti della politica di sicurezza e difesa comune (“PSDC”), in assenza di adeguati meccanismi di coordinamento delle politiche di difesa nazionali degli Stati membri. Assistiamo infatti ad una perdurante centralità della NATO nella difesa del territorio europeo. Il contributo ha l’obiettivo di ricostruire alcuni profili relativi al rilievo che il tema della difesa, intesa nel senso più tradizionale di difesa del territorio dall’aggressione militare, ha avuto nell’ambito del processo di integrazione, dalle sue origini fino agli sviluppi più recenti, anche con riferimento alle procedure decisionali applicabili a tale settore in base alle norme dei Trattati. Quanto sopra al fine di segnalare alcune tendenze evolutive in atto e valutarne le possibili prospettive di sviluppo. Prendendo le mosse dal fallimento della Comunità europea di difesa (CED), emerge come il tema della difesa, dopo decenni di relativa marginalizzazione, sia da alcuni anni oggetto di un rinnovato interesse da parte degli Stati e delle istituzioni UE, non solo nel contesto della Politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) ma anche attraverso il ri-orientamento strategico di alcune politiche disciplinate nel TFUE (quali la politica industriale, la politica degli investimenti, la politica dello spazio), nel perseguimento della cd. “autonomia strategica” dell’Unione. Esistono tuttavia una serie problematiche politiche e giuridiche che frenano la realizzazione di una vera e propria “difesa comune”, la cui istituzione dipende da una decisione unanime degli Stati membri ex art. 42 TUE. Rilevano al riguardo sia le diverse sensibilità di questi ultimi rispetto al rapporto della difesa europea con la NATO sia i limiti costituzionali nazionali rispetto allo sviluppo e eventuale impiego di possibili capacità militari comuni. In questo contesto, senza negare l’importanza delle recenti iniziative rivolte alla razionalizzazione della spesa degli Stati membri in materia di difesa, l’Autore ritiene che un significativo avanzamento del processo di integrazione in questo ambito, necessario a consentire all’Unione di assumersi la sua quota di responsabilità nel sistema di sicurezza internazionale, non possa prescindere da un rafforzamento dell’integrazione politica tra Stati membri, da accompagnarsi con una decisa revisione delle rilevanti norme dei Trattati, anche in materia di regole decisionali.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1100093
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