L'articolo muove dal riconoscimento che l’abitare per i migranti non può essere dato per scontato ma si configura come l’esito di un processo complesso di costruzione sociale in cui il percorso di mobilità, geografica e sociale, dei migranti si intreccia ed entra in risonanza con i fattori della stratificazione sociale ed economica ed i vincoli legali del contesto di accoglienza determinando specifici modelli di insediamento. L’accesso alla casa, in tutte le sue forme, non è solamente un fatto economico. E non solo perché il concetto di casa è caratterizzato da una marcata polisemia quanto perché parlare di casa implica un continuo riferimento ad altri mondi. Al mondo della famiglia, per esempio. Alla memoria o all’identità personale. Al viaggio, al tornare a casa o alla homeland. Oppure all’essere senza casa (homeless). Occuparsi di "casa", ed in particolare della casa dei migranti, significa dunque attraversare molteplici e diverse "province finite di significato" ed entrare atto con sfere profonde della vita quotidiana. In questo senso l’abitare può essere considerato fonte di identità personale, di status e di sicurezza familiare e può altresì contribuire, in un mondo sempre più globalizzato, alla formazione un senso del luogo e dell’appartenenza. Nell’abitare sono riconoscibili schemi culturali e visioni del mondo perché la casa è luogo di memoria e di nostalgia ma anche spazio ideativo e affettivo, locale e globale, spaziale e temporale; e può essere, al contempo, positivo e negativo. La casa è il luogo attraverso il quale si colloca un confine, ancorché poroso e mobile, tra la sfera privata e quella pubblica. La casa, in altre parole non è un oggetto dalle proprietà chiaramente definite ma è il campo di molteplici tensioni tra i significati provvisori, o fluidi, che lo attraversano. Per questa ragione i significati della casa e dell’abitare devono essere continuamente costruiti e negoziati. E interpretati. Perché quando le persone parlano di "casa" non intendono solamente "le quattro mura" ma possono riferirsi a luoghi della memoria o a contesti spaziali differenti e di-slocati in zone geografiche diverse. In questo quadro i migranti, con quelle che sono state definite famiglie transnazionali da una parte, e gli investimenti immobiliari che non riguardano solo i contesti di accoglienza ma spesso sono rivolti principalmente alla casa nei paesi d’origine mettono in evidenza che "casa" e "fuor" sono concetti relativi e non necessariamente in opposizione tra loro. Affrontare il tema dell’abitare dei migranti significa dunque assumere una prospet-tiva in grado di includere la dimensione eterotopica della "casa" nel campo di osservazione. E centrare l’attenzione sulle pratiche dell’abitare nel suo divenire, nelle fasi di transizione da un alloggio all’altro, da una condizione di homelessness alla casa, o viceversa, riflette l’idea che l’abitare è una costruzione sociale in cui aspetti oggettivi e soggettivi, emotivi ed materiali entrano in risonanza e talvolta in con-traddizione nel quadro di un processo continuo di costruzione di significato.

L'abitare migrante. Aspetti teorici e prospettive di ricerca

Enrico Fravega
2018-01-01

Abstract

L'articolo muove dal riconoscimento che l’abitare per i migranti non può essere dato per scontato ma si configura come l’esito di un processo complesso di costruzione sociale in cui il percorso di mobilità, geografica e sociale, dei migranti si intreccia ed entra in risonanza con i fattori della stratificazione sociale ed economica ed i vincoli legali del contesto di accoglienza determinando specifici modelli di insediamento. L’accesso alla casa, in tutte le sue forme, non è solamente un fatto economico. E non solo perché il concetto di casa è caratterizzato da una marcata polisemia quanto perché parlare di casa implica un continuo riferimento ad altri mondi. Al mondo della famiglia, per esempio. Alla memoria o all’identità personale. Al viaggio, al tornare a casa o alla homeland. Oppure all’essere senza casa (homeless). Occuparsi di "casa", ed in particolare della casa dei migranti, significa dunque attraversare molteplici e diverse "province finite di significato" ed entrare atto con sfere profonde della vita quotidiana. In questo senso l’abitare può essere considerato fonte di identità personale, di status e di sicurezza familiare e può altresì contribuire, in un mondo sempre più globalizzato, alla formazione un senso del luogo e dell’appartenenza. Nell’abitare sono riconoscibili schemi culturali e visioni del mondo perché la casa è luogo di memoria e di nostalgia ma anche spazio ideativo e affettivo, locale e globale, spaziale e temporale; e può essere, al contempo, positivo e negativo. La casa è il luogo attraverso il quale si colloca un confine, ancorché poroso e mobile, tra la sfera privata e quella pubblica. La casa, in altre parole non è un oggetto dalle proprietà chiaramente definite ma è il campo di molteplici tensioni tra i significati provvisori, o fluidi, che lo attraversano. Per questa ragione i significati della casa e dell’abitare devono essere continuamente costruiti e negoziati. E interpretati. Perché quando le persone parlano di "casa" non intendono solamente "le quattro mura" ma possono riferirsi a luoghi della memoria o a contesti spaziali differenti e di-slocati in zone geografiche diverse. In questo quadro i migranti, con quelle che sono state definite famiglie transnazionali da una parte, e gli investimenti immobiliari che non riguardano solo i contesti di accoglienza ma spesso sono rivolti principalmente alla casa nei paesi d’origine mettono in evidenza che "casa" e "fuor" sono concetti relativi e non necessariamente in opposizione tra loro. Affrontare il tema dell’abitare dei migranti significa dunque assumere una prospet-tiva in grado di includere la dimensione eterotopica della "casa" nel campo di osservazione. E centrare l’attenzione sulle pratiche dell’abitare nel suo divenire, nelle fasi di transizione da un alloggio all’altro, da una condizione di homelessness alla casa, o viceversa, riflette l’idea che l’abitare è una costruzione sociale in cui aspetti oggettivi e soggettivi, emotivi ed materiali entrano in risonanza e talvolta in con-traddizione nel quadro di un processo continuo di costruzione di significato.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1099941
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