Il presente saggio, attraverso lo studio della fotografia giudiziaria, si propone di mettere in luce come l’immagine abbia svolto un ruolo centrale di agente politico e di educazione del pensiero collettivo durante gli anni dell’Estado Novo brasiliano (1937-1945). Partendo da un corpus di fotografie riguardanti la collettività tedesca e sequestrate dalla polizia politica nel corso di perquisizioni volte a stanare l’esistenza di un presunto pericolo nazista in Brasile, si mostrerà come il potere politico e le sue istituzioni abbiano sfruttato la polisemia intrinseca al medium fotografico per trasmettere alla società una decodificazione guidata di scatti in origine privati che, una volta piegati agli interessi della propaganda, si sono stati trasformati in pubblici atti d’accusa. Documenti iconografici che, facendo seguito ad una costruzione retorica finalizzata a creare l’idea di una minaccia interna dovuta al migrante non assimilato, rafforzano e rendono tangibile quel senso di accerchiamento e pericolo che serve ai regimi autoritari per giustificare pratiche di controllo e contenimento sociale.

Fotografie contro la nazione. L’uso della fotografia come prova del crimine negli anni dell’Estado Novo brasiliano: il caso degli immigrati tedeschi (1937-1945)

Zega, Fulvia
2021-01-01

Abstract

Il presente saggio, attraverso lo studio della fotografia giudiziaria, si propone di mettere in luce come l’immagine abbia svolto un ruolo centrale di agente politico e di educazione del pensiero collettivo durante gli anni dell’Estado Novo brasiliano (1937-1945). Partendo da un corpus di fotografie riguardanti la collettività tedesca e sequestrate dalla polizia politica nel corso di perquisizioni volte a stanare l’esistenza di un presunto pericolo nazista in Brasile, si mostrerà come il potere politico e le sue istituzioni abbiano sfruttato la polisemia intrinseca al medium fotografico per trasmettere alla società una decodificazione guidata di scatti in origine privati che, una volta piegati agli interessi della propaganda, si sono stati trasformati in pubblici atti d’accusa. Documenti iconografici che, facendo seguito ad una costruzione retorica finalizzata a creare l’idea di una minaccia interna dovuta al migrante non assimilato, rafforzano e rendono tangibile quel senso di accerchiamento e pericolo che serve ai regimi autoritari per giustificare pratiche di controllo e contenimento sociale.
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