Per un lunghissimo periodo, durato all’incirca quattordici secoli, città e porto hanno vissuto in una simbiotica integrazione spaziale e coesione funzionale producendo benefici e reciproci risultati. A quel tempo, la forma e l’identità delle città comprendevano il porto che era progettato all’interno del tessuto cittadino come un’architettura pubblica. Dal Novecento e nel giro di pochi decenni, il commercio containerizzato invade gli scali di tutto il mondo plasmando l’architettura e l’apparato tecnologico del porto in funzione delle nuove logiche commerciali: il container rende obsolete le strutture operative originarie poiché i prodotti viaggiano veloci verso destinazioni distanti dal porto e non necessitano più di manufatti a bordo banchina per essere trattati. Il fulcro portuale storico è quindi gradualmente dismesso, portando alla definitiva separazione di porto e città. In questa fase cominciano a idearsi e diffondersi progetti di riconversione delle are del cosiddetto waterfront. A Genova - dove dal 1903 città e porto sono divise da un confine funzionale e istituzionale e governate da enti pubblici differenti - il progetto del confine tra città e porto è un tema controverso ma ricco di potenzialità strategiche. Si tratta di uno spazio della sovrapposizione (fisica, di interessi e di competenze) che acquista un ruolo chiave nel sistema di relazione tra i due paesaggi, rivelandosi luogo privilegiato per una possibile connessura tra porto e città. Uno spazio di scontro e connessione in cui la linea del confine demaniale acquisisce spessore e consistenza fino a diventare una soglia, ossia un paesaggio relazionale di potenziale progetto e rappresentazione della condizione urbano-portuale odierna.

Il Progetto del Confine tra Città e Porto

Moretti, B.
2018-01-01

Abstract

Per un lunghissimo periodo, durato all’incirca quattordici secoli, città e porto hanno vissuto in una simbiotica integrazione spaziale e coesione funzionale producendo benefici e reciproci risultati. A quel tempo, la forma e l’identità delle città comprendevano il porto che era progettato all’interno del tessuto cittadino come un’architettura pubblica. Dal Novecento e nel giro di pochi decenni, il commercio containerizzato invade gli scali di tutto il mondo plasmando l’architettura e l’apparato tecnologico del porto in funzione delle nuove logiche commerciali: il container rende obsolete le strutture operative originarie poiché i prodotti viaggiano veloci verso destinazioni distanti dal porto e non necessitano più di manufatti a bordo banchina per essere trattati. Il fulcro portuale storico è quindi gradualmente dismesso, portando alla definitiva separazione di porto e città. In questa fase cominciano a idearsi e diffondersi progetti di riconversione delle are del cosiddetto waterfront. A Genova - dove dal 1903 città e porto sono divise da un confine funzionale e istituzionale e governate da enti pubblici differenti - il progetto del confine tra città e porto è un tema controverso ma ricco di potenzialità strategiche. Si tratta di uno spazio della sovrapposizione (fisica, di interessi e di competenze) che acquista un ruolo chiave nel sistema di relazione tra i due paesaggi, rivelandosi luogo privilegiato per una possibile connessura tra porto e città. Uno spazio di scontro e connessione in cui la linea del confine demaniale acquisisce spessore e consistenza fino a diventare una soglia, ossia un paesaggio relazionale di potenziale progetto e rappresentazione della condizione urbano-portuale odierna.
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