La mancanza di un approccio comune con riguardo alle modalità con cui gli Stati membri si apprestano a gestire la cd. “fase 2” di allentamento delle misure restrittive adottate, sempre su base unilaterale, per fronteggiare l’epidemia di COVID-19 appare in grado di dar luogo a forti fenomeni distorsivi del cd. level playing field nel mercato interno in favore delle imprese stabilite negli Stati membri più “permissivi”. La Comunicazione dei Presidenti di Consiglio e Commissione del 15 aprile 2020 compie un passo nella giusta direzione ma non appare sufficiente a evitare che, in questo frangente, si possano verificare fenomeni di cd. “concorrenza fra ordinamenti”: si tratta infatti di un documento che ha portata di semplice suggerimento nei confronti degli Stati membri e che, qualificando la gestione della “fase 2” alla stregua di un problema “di interesse comune”, non revoca in dubbio che la predisposizione delle modalità di allentamento delle misure restrittive sia competenza dei singoli Stati membri. Posto che nell’attuale contesto sembra assai più probabile il verificarsi di una cd. “race to the bottom” piuttosto che una virtuosa convergenza degli standard al rialzo, il presente contributo esamina le possibilità offerte dai Trattati per l’elaborazione di una risposta “comunitaria” di maggiore intensità e portata, in cui l’azione dell’Unione non sia limitata al solo coordinamento delle competenze degli Stati membri. Superando la rigidità del principio di attribuzione delle competenze, strumenti ben noti come la cd. clausola di flessibilità e la teoria dei cd. poteri impliciti, ma anche il semplice potere di ravvicinamento delle legislazioni nazionali in funzione del mercato interno, sembrano in effetti sufficienti a e permettere all’Unione di adottare soluzioni ben “più coraggiose” rispetto a quelle in discussione.

Le regole del mercato interno alla prova del COVID-19: modeste proposte per provare a guarire dall’ennesimo travaglio di un’Unione incompiuta

F. Munari;L. Calzolari
2020-01-01

Abstract

La mancanza di un approccio comune con riguardo alle modalità con cui gli Stati membri si apprestano a gestire la cd. “fase 2” di allentamento delle misure restrittive adottate, sempre su base unilaterale, per fronteggiare l’epidemia di COVID-19 appare in grado di dar luogo a forti fenomeni distorsivi del cd. level playing field nel mercato interno in favore delle imprese stabilite negli Stati membri più “permissivi”. La Comunicazione dei Presidenti di Consiglio e Commissione del 15 aprile 2020 compie un passo nella giusta direzione ma non appare sufficiente a evitare che, in questo frangente, si possano verificare fenomeni di cd. “concorrenza fra ordinamenti”: si tratta infatti di un documento che ha portata di semplice suggerimento nei confronti degli Stati membri e che, qualificando la gestione della “fase 2” alla stregua di un problema “di interesse comune”, non revoca in dubbio che la predisposizione delle modalità di allentamento delle misure restrittive sia competenza dei singoli Stati membri. Posto che nell’attuale contesto sembra assai più probabile il verificarsi di una cd. “race to the bottom” piuttosto che una virtuosa convergenza degli standard al rialzo, il presente contributo esamina le possibilità offerte dai Trattati per l’elaborazione di una risposta “comunitaria” di maggiore intensità e portata, in cui l’azione dell’Unione non sia limitata al solo coordinamento delle competenze degli Stati membri. Superando la rigidità del principio di attribuzione delle competenze, strumenti ben noti come la cd. clausola di flessibilità e la teoria dei cd. poteri impliciti, ma anche il semplice potere di ravvicinamento delle legislazioni nazionali in funzione del mercato interno, sembrano in effetti sufficienti a e permettere all’Unione di adottare soluzioni ben “più coraggiose” rispetto a quelle in discussione.
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