Composto fra il 1705 e il 1712, rielaborato negli anni successivi e infine pubblicato nel 1721, il Saggio di architettura storica nasce come un’opera aperta, in cui J.B. Fischer von Erlach continuò per anni a riversare disegni e progetti sollecitati da stimoli di varia natura. Nelle sue tavole – qui integralmente riprodotte – troviamo accostati i grandi monumenti della tradizione occidentale, dal tempio di Salomone alle Meraviglie del mondo, a una serie di edifici del vicino e lontano oriente (dal mondo ottomano alla Cina): gli uni e gli altri posti sullo stesso piano dell’architettura barocca viennese in base al principio che “i gusti delle nazioni non differiscono in architettura più di quanto non capiti nelle maniere di vestirsi o di cucinare le carni”. Quale il significato di questa raccolta tanto stravagante quanto originale? Dobbiamo vedervi un primo, epocale, tentativo di andare al di là dei canoni consolidati della tradizione vitruviana? Oppure al contrario un’operazione essenzialmente etnocentrica, che proiettava sulla sfera dell’immaginario architettonico le mire universalistiche del colonialismo europeo? Probabilmente Fischer von Erlach, come la maggior parte dei suoi contemporanei, non avrebbe colto il senso della domanda. Quel che si respira, nelle sue tavole, non è una chiara consapevolezza dei processi in atto, ma il confuso sedimentarsi di stimoli eterogenei, a volti contraddittori, lasciati filtrare da quella che sembra essere stata una delle doti migliori dell’architetto: la sua irrequieta curiosità, la sua prensile capacità di orecchiare. Ponendosi in ascolto, sentiamo ancora gli echi delle frequentazioni romane della sua gioventù – le voci di Athanasius Kircher e Giovanni Pietro Bellori, Gian Lorenzo Bernini e Carlo Fontana – convivere con gli incontri e le letture degli anni viennesi: Leibniz, Heraeus, Wren… e poi la letteratura di viaggio e le guide antiquarie, gli atlanti storici e i teatri di città, le raccolte di vedute e i libri di architettura, le accademie scientifiche e le biblioteche di corte, le missioni gesuitiche e le Wunderkammern, le discussioni sulla lingua universale e la passione per l’Egitto, e su tutto la travolgente espansione della città di Vienna e la sensazione che la storia si era rimessa in moto.

Da Gerusalemme a Pechino, da Roma a Vienna. Sul "Saggio di architettura storica" di J.B. Fischer von Erlach

Marco Folin;
2019-01-01

Abstract

Composto fra il 1705 e il 1712, rielaborato negli anni successivi e infine pubblicato nel 1721, il Saggio di architettura storica nasce come un’opera aperta, in cui J.B. Fischer von Erlach continuò per anni a riversare disegni e progetti sollecitati da stimoli di varia natura. Nelle sue tavole – qui integralmente riprodotte – troviamo accostati i grandi monumenti della tradizione occidentale, dal tempio di Salomone alle Meraviglie del mondo, a una serie di edifici del vicino e lontano oriente (dal mondo ottomano alla Cina): gli uni e gli altri posti sullo stesso piano dell’architettura barocca viennese in base al principio che “i gusti delle nazioni non differiscono in architettura più di quanto non capiti nelle maniere di vestirsi o di cucinare le carni”. Quale il significato di questa raccolta tanto stravagante quanto originale? Dobbiamo vedervi un primo, epocale, tentativo di andare al di là dei canoni consolidati della tradizione vitruviana? Oppure al contrario un’operazione essenzialmente etnocentrica, che proiettava sulla sfera dell’immaginario architettonico le mire universalistiche del colonialismo europeo? Probabilmente Fischer von Erlach, come la maggior parte dei suoi contemporanei, non avrebbe colto il senso della domanda. Quel che si respira, nelle sue tavole, non è una chiara consapevolezza dei processi in atto, ma il confuso sedimentarsi di stimoli eterogenei, a volti contraddittori, lasciati filtrare da quella che sembra essere stata una delle doti migliori dell’architetto: la sua irrequieta curiosità, la sua prensile capacità di orecchiare. Ponendosi in ascolto, sentiamo ancora gli echi delle frequentazioni romane della sua gioventù – le voci di Athanasius Kircher e Giovanni Pietro Bellori, Gian Lorenzo Bernini e Carlo Fontana – convivere con gli incontri e le letture degli anni viennesi: Leibniz, Heraeus, Wren… e poi la letteratura di viaggio e le guide antiquarie, gli atlanti storici e i teatri di città, le raccolte di vedute e i libri di architettura, le accademie scientifiche e le biblioteche di corte, le missioni gesuitiche e le Wunderkammern, le discussioni sulla lingua universale e la passione per l’Egitto, e su tutto la travolgente espansione della città di Vienna e la sensazione che la storia si era rimessa in moto.
2019
978-88-570-1461-6
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