Un gruppo di persone che, nel Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Genova, cercano di capire come si insegna al meglio nelle scuole dell’infanzia e primarie, tanto dal punto di vista del docente quanto da quello dello studente, si è interrogato per una settimana di incontri, laboratori, discussioni, mostre sul ruolo del gioco nell’insegnamento. È convinzione comune che per fare bene il lavoro di insegnante si debba innanzitutto centrare l’attenzione su chi si ha intorno, sugli alunni, e non su quanto sembrerebbe che si debba loro trasmettere. Trasmettere è un termine che non ha più molto senso quando si parla di insegnamento: scoprire, condividere, mettere in comune sono espressioni che racchiudono in sé il senso profondo della parola “educazione”, quel “condurre fuori”, “far uscire”, “promuovere” che mette in evidenza come, per costruire il significato della realtà che ci circonda, ciascuno di noi debba essere protagonista attivo della sua esplorazione e possa contare sulla collaborazione con gli altri per facilitare e arricchire il suo sforzo. Ogni esplorazione porta con sé un carico di curiosità e stupore che, non a caso, sono due delle componenti fondamentali del gioco: questo è uno dei motivi per cui il gioco si dimostra uno degli strumenti più potenti che un insegnante abbia a disposizione per permettere ai suoi alunni di formarsi quali persone consapevoli e critiche. Ecco quindi perché la manifestazione si intitola al gioco come a una “cosa seria”: cosa c’è di più serio, ma anche divertente, dell’essere capaci di stupirci di ciò che ci circonda e dell’appassionarci alla scoperta delle mille sfaccettature della realtà con cui giornalmente ci confrontiamo? Il ruolo dell’insegnante è quello di un accompagnatore attento lungo il percorso di queste scoperte, percorso che comunque condivide con i suoi alunni mettendo in comune anche le sue conoscenze, esperienze, perplessità, ipotesi.

Il gioco è una cosa seria

MATRICARDI, GIORGIO;ANTONIAZZI, ANNA
2016-01-01

Abstract

Un gruppo di persone che, nel Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Genova, cercano di capire come si insegna al meglio nelle scuole dell’infanzia e primarie, tanto dal punto di vista del docente quanto da quello dello studente, si è interrogato per una settimana di incontri, laboratori, discussioni, mostre sul ruolo del gioco nell’insegnamento. È convinzione comune che per fare bene il lavoro di insegnante si debba innanzitutto centrare l’attenzione su chi si ha intorno, sugli alunni, e non su quanto sembrerebbe che si debba loro trasmettere. Trasmettere è un termine che non ha più molto senso quando si parla di insegnamento: scoprire, condividere, mettere in comune sono espressioni che racchiudono in sé il senso profondo della parola “educazione”, quel “condurre fuori”, “far uscire”, “promuovere” che mette in evidenza come, per costruire il significato della realtà che ci circonda, ciascuno di noi debba essere protagonista attivo della sua esplorazione e possa contare sulla collaborazione con gli altri per facilitare e arricchire il suo sforzo. Ogni esplorazione porta con sé un carico di curiosità e stupore che, non a caso, sono due delle componenti fondamentali del gioco: questo è uno dei motivi per cui il gioco si dimostra uno degli strumenti più potenti che un insegnante abbia a disposizione per permettere ai suoi alunni di formarsi quali persone consapevoli e critiche. Ecco quindi perché la manifestazione si intitola al gioco come a una “cosa seria”: cosa c’è di più serio, ma anche divertente, dell’essere capaci di stupirci di ciò che ci circonda e dell’appassionarci alla scoperta delle mille sfaccettature della realtà con cui giornalmente ci confrontiamo? Il ruolo dell’insegnante è quello di un accompagnatore attento lungo il percorso di queste scoperte, percorso che comunque condivide con i suoi alunni mettendo in comune anche le sue conoscenze, esperienze, perplessità, ipotesi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/864765
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