Aristotele pone come fine del teatro la catarsi, termine cui nel tempo sono stati attribuiti significati morali, psicologici e sociali, rimuovendo invece quello primario, concreto, di origine medica: in senso lato “guarigione”. Oggi lo sviluppo parallelo degli studi di neuroscienze e teatro ci consente di restituire a quell’antica intuizione il suo valore più oggettivo e di vedere sotto nuova luce lo straordinario sviluppo, in tutto il mondo, delle esperienze di teatroterapia, in tutte le sue forme, dal canto alla danza, dallo psicodramma alla clownerie. Inoltre, al di là di tali applicazioni strettamente terapeutiche, questa nuova consapevolezza restituisce a tutto il teatro la sua primitiva concretezza; ne fonda scientificamente la capacità, come diceva Artaud, di “rifare il corpo” di chi lo pratica (attori e spettatori); ci obbliga a pensare queste esperienze non più come “effetti collaterali”, ma costituenti del teatro stesso - rispetto cui invece l’idea di mera fruizione “estetica” risulta paradossalmente la vera deviazione antropologica.
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Titolo: | Catarsi. Storie ed esperienze di un teatro-che-cura |
Autori: | |
Data di pubblicazione: | 2016 |
Handle: | http://hdl.handle.net/11567/854204 |
ISBN: | 978-88-7871-133-4 |
Appare nelle tipologie: | 06.01 - Curatela |