Nel mondo, nelle sole città costiere è previsto che nel 2050 vivranno circa 550 milioni di persone. Entro la fine di questo secolo, molti dei tessuti urbani densi saranno infatti invasi dall’acqua di mare, con conseguenze gravi sia per il sistema antropico che per il sistema naturale. Le conseguenze per gli ecosistemi varieranno a seconda dalla gravità e dall’entità del manifestarsi del fenomeno. Già la soglia minima di innalzamento prevista (circa 20 cm) sarà sufficiente per paralizzare alcuni sistemi essenziali per il funzionamento delle città: le canalizzazioni, i sistemi tradizionali di approvvigionamento (dell’ acqua, del gas, dell’ elettricità…), la mobilità, pubblica e privata, costringendo a un ripensamento alle diverse scale della progettazione urbana. In Europa le città più vulnerabili sono quelle affacciate sull’ Atlantico, sul mare del Nord e sul Baltico (in ordine di gravità gli interi Paesi Bassi, le città del Nord della Germania come Amburgo e Brema, la costa orientale dell’Inghilterra, le città dell’Europa del nord est: Copenagen, Stettino e Riga). La peculiarità dell’area mediterranea è legata alla presenza di alcune tra le più grandi e antiche città costiere del pianeta. In Italia il fenomeno interesserà in modo variabile tutte le principali città costiere con punte di un massimo del 40% dell’area urbana (Venezia esclusa) nell’area del Delta del Po (in particolare Ravenna e Rimini). Cosa dovremo fare per evitare che le città costiere (abitate da millenni e custodi della nostra storia) vengano abbandonate come tante Atlantidi, innescando esodi e migrazioni, e provocando la necessità del ridisegno della geografia urbana delle regioni più affollate del pianeta? Cosa dovremo fare per garantire la sopravvivenza delle città costiere a condizioni accettabili trasformando la minaccia in una sfida di sviluppo e un’opportunità di riorganizzazione positiva?

Atlanti(s)city. Il mito di atlantide e la realtà del sea level rise. Considerazioni sull’innalzamento del livello del mare e il futuro delle nostre città costiere

Christiano Lepratti
2016-01-01

Abstract

Nel mondo, nelle sole città costiere è previsto che nel 2050 vivranno circa 550 milioni di persone. Entro la fine di questo secolo, molti dei tessuti urbani densi saranno infatti invasi dall’acqua di mare, con conseguenze gravi sia per il sistema antropico che per il sistema naturale. Le conseguenze per gli ecosistemi varieranno a seconda dalla gravità e dall’entità del manifestarsi del fenomeno. Già la soglia minima di innalzamento prevista (circa 20 cm) sarà sufficiente per paralizzare alcuni sistemi essenziali per il funzionamento delle città: le canalizzazioni, i sistemi tradizionali di approvvigionamento (dell’ acqua, del gas, dell’ elettricità…), la mobilità, pubblica e privata, costringendo a un ripensamento alle diverse scale della progettazione urbana. In Europa le città più vulnerabili sono quelle affacciate sull’ Atlantico, sul mare del Nord e sul Baltico (in ordine di gravità gli interi Paesi Bassi, le città del Nord della Germania come Amburgo e Brema, la costa orientale dell’Inghilterra, le città dell’Europa del nord est: Copenagen, Stettino e Riga). La peculiarità dell’area mediterranea è legata alla presenza di alcune tra le più grandi e antiche città costiere del pianeta. In Italia il fenomeno interesserà in modo variabile tutte le principali città costiere con punte di un massimo del 40% dell’area urbana (Venezia esclusa) nell’area del Delta del Po (in particolare Ravenna e Rimini). Cosa dovremo fare per evitare che le città costiere (abitate da millenni e custodi della nostra storia) vengano abbandonate come tante Atlantidi, innescando esodi e migrazioni, e provocando la necessità del ridisegno della geografia urbana delle regioni più affollate del pianeta? Cosa dovremo fare per garantire la sopravvivenza delle città costiere a condizioni accettabili trasformando la minaccia in una sfida di sviluppo e un’opportunità di riorganizzazione positiva?
2016
978-84-941264-6-8
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