Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832), uno dei più importanti autori e poeti di tutti i tempi, definito come l’ultimo genio rinascimentale, è stato non solo un grande poeta, ma anche un pittore, uno scienziato e un pensatore a “tutto tondo”. Nel saggio Zur Farbenlehre (“Della Teoria dei Colori”) [ ] illustra la sua teoria scientifica sui colori e sulla loro percezione che, nelle sue intenzioni, doveva rappresentare un nuovo modo di intendere non solo l’ottica, ma la fisica e, più in generale, la scienza. Si tratta di uno scritto che si discosta molto dalle sue creazioni letterarie, anche se ne contiene al suo interno lo stile poetico associato a una visione scientifica, e mette in risalto la complessità del fenomeno cromatico e l’ingerenza non trascurabile che ha l’organo della vista nei confronti della percezione luminosa. Nondimeno, approfondendo l’azione sensibile e morale del colore e la sua funzione estetica e artistica, Goethe si pone in contrapposizione a una visione Newtoniana strettamente scientifica del fenomeno, ridando dignità sensibile e poetica al fenomeno. In questa breve esposizione si vuole affrontare la critica Goethiana alla teoria della luce e del colore di Newton, mettendo in luce il grido di protesta contro ciò che Goethe ritiene una insopportabile e inconcepibile tirannia della matematica e dell’ottica, riconoscendo - attraverso una visione puramente romantica del fenomeno - che i colori sono qualche cosa di vivo e di umano, e che trovano la loro completa giustificazione fenomenologia sia nella macchina fisica che è l’occhio umano e nel meccanismo della visione, ma anche e soprattutto nella spiritualità e nell’animo dell’osservatore.
La teoria dei colori di Johann Wolfgang von Goethe
CORRADI, MASSIMO
2014-01-01
Abstract
Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832), uno dei più importanti autori e poeti di tutti i tempi, definito come l’ultimo genio rinascimentale, è stato non solo un grande poeta, ma anche un pittore, uno scienziato e un pensatore a “tutto tondo”. Nel saggio Zur Farbenlehre (“Della Teoria dei Colori”) [ ] illustra la sua teoria scientifica sui colori e sulla loro percezione che, nelle sue intenzioni, doveva rappresentare un nuovo modo di intendere non solo l’ottica, ma la fisica e, più in generale, la scienza. Si tratta di uno scritto che si discosta molto dalle sue creazioni letterarie, anche se ne contiene al suo interno lo stile poetico associato a una visione scientifica, e mette in risalto la complessità del fenomeno cromatico e l’ingerenza non trascurabile che ha l’organo della vista nei confronti della percezione luminosa. Nondimeno, approfondendo l’azione sensibile e morale del colore e la sua funzione estetica e artistica, Goethe si pone in contrapposizione a una visione Newtoniana strettamente scientifica del fenomeno, ridando dignità sensibile e poetica al fenomeno. In questa breve esposizione si vuole affrontare la critica Goethiana alla teoria della luce e del colore di Newton, mettendo in luce il grido di protesta contro ciò che Goethe ritiene una insopportabile e inconcepibile tirannia della matematica e dell’ottica, riconoscendo - attraverso una visione puramente romantica del fenomeno - che i colori sono qualche cosa di vivo e di umano, e che trovano la loro completa giustificazione fenomenologia sia nella macchina fisica che è l’occhio umano e nel meccanismo della visione, ma anche e soprattutto nella spiritualità e nell’animo dell’osservatore.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.