L’Italia è terra di coste, di valli e di catene montuose, che contribuiscono a determinarne le molteplici identità. Una peculiarità che tuttavia non è considerata dagli strumenti che governano le trasformazioni del territorio: i piani urbanistici, i piani di bacino, i piani della costa (quando ci sono) operano su livelli amministrativi separati e con progetti contraddittori. Le opere di sistemazione delle coste, dei versanti vallivi e dei corsi d’acqua non si coordinano con i disegni urbanistici. A ciò si aggiungono le trasformazioni che investono continuamente il paesaggio, in particolare, negli ultimi anni, il paesaggio delle valli e quello delle coste. In una prima fase, in seguito allo sviluppo industriale, le valli interne hanno subito il progressivo venir meno di abitanti, di servizi, di economie, di cura del paesaggio e dell’ambiente, cui ha fatto da contrappeso l’incremento massiccio di un’urbanizzazione concentrata attorno alle città e sulla costa. L’abbandono del territorio molto spesso ha contribuito al dissesto idrogeologico, affrontato con interventi di ingegneria geotecnica e idraulica,mentre la costa ha subito un processo di intensa artificializzazione a causa degli interventi di ingegneria portuale e di difesa marittima. Troppo spesso le opere di ingegneria hanno tenuto conto delle sole ragioni tecniche, tralasciando le ragioni urbanistiche dei territori circostanti. Oggi invece le città e le conurbazioni costiere non crescono più e le valli interne sono oggetto di rinnovato interesse, motivato da inedite forme produttive e abitative e dalla necessità di porre un freno all’incombente dissesto idrogeologico. La ricerca che è alla base del presente volume si alimenta proprio dei nuovi assetti territoriali che hanno preso forma, e soprattutto di un mutamento di ordine disciplinare: ciò che sta cambiando, infatti, sono anche i modelli progettuali dell’ingegneria del territorio e dell’urbanistica: nel primo caso progetti innovativi cercano la compatibilità con i fattori naturali; nel secondo caso, nuovi modelli di sviluppo territoriale perseguono l’integrazione di obiettivi di sviluppo sociale ed economico con quelli della sostenibilità ambientale. Gli autori affrontano i problemi del progetto di territorio, mettendoli a fuoco da una prospettiva comune, capace di conciliare le ragioni e i metodi dell’ingegneria, sensibile alle dinamiche dei suoli e delle acque, con quelle dell’urbanistica, che progetta le trasformazioni ambientali e paesaggistiche delle valli e delle coste. Una delle novità più forti che caratterizza questa ricerca, e quindi il libro, è proprio questa sorta di «rivoluzione morbida»: un approccio nuovo al territorio, che intende non escludere a priori nessun metodo, nessuna esigenza, cercando invece di sfruttare quanto di valido e di apprezzabile proviene dalle prospettive e dagli ambiti più vari e solo apparentemente distanti. Una «rivoluzione morbida» che implica anche e soprattutto una generale diffidenza nei confronti delle «grandi opere», gli interventi monumentali e invasivi che catturano l’attenzione dei media, e, di contro, un’attenzione particolare rivolta alle «piccole opere», poco pubblicizzate, ma la cui importanza sperimentiamo quotidianamente, e sulle quali si misura la qualità della nostra vita di ogni giorno.

Il progetto della costa: le sistemazioni costiere

BESIO, GIOVANNI
2014-01-01

Abstract

L’Italia è terra di coste, di valli e di catene montuose, che contribuiscono a determinarne le molteplici identità. Una peculiarità che tuttavia non è considerata dagli strumenti che governano le trasformazioni del territorio: i piani urbanistici, i piani di bacino, i piani della costa (quando ci sono) operano su livelli amministrativi separati e con progetti contraddittori. Le opere di sistemazione delle coste, dei versanti vallivi e dei corsi d’acqua non si coordinano con i disegni urbanistici. A ciò si aggiungono le trasformazioni che investono continuamente il paesaggio, in particolare, negli ultimi anni, il paesaggio delle valli e quello delle coste. In una prima fase, in seguito allo sviluppo industriale, le valli interne hanno subito il progressivo venir meno di abitanti, di servizi, di economie, di cura del paesaggio e dell’ambiente, cui ha fatto da contrappeso l’incremento massiccio di un’urbanizzazione concentrata attorno alle città e sulla costa. L’abbandono del territorio molto spesso ha contribuito al dissesto idrogeologico, affrontato con interventi di ingegneria geotecnica e idraulica,mentre la costa ha subito un processo di intensa artificializzazione a causa degli interventi di ingegneria portuale e di difesa marittima. Troppo spesso le opere di ingegneria hanno tenuto conto delle sole ragioni tecniche, tralasciando le ragioni urbanistiche dei territori circostanti. Oggi invece le città e le conurbazioni costiere non crescono più e le valli interne sono oggetto di rinnovato interesse, motivato da inedite forme produttive e abitative e dalla necessità di porre un freno all’incombente dissesto idrogeologico. La ricerca che è alla base del presente volume si alimenta proprio dei nuovi assetti territoriali che hanno preso forma, e soprattutto di un mutamento di ordine disciplinare: ciò che sta cambiando, infatti, sono anche i modelli progettuali dell’ingegneria del territorio e dell’urbanistica: nel primo caso progetti innovativi cercano la compatibilità con i fattori naturali; nel secondo caso, nuovi modelli di sviluppo territoriale perseguono l’integrazione di obiettivi di sviluppo sociale ed economico con quelli della sostenibilità ambientale. Gli autori affrontano i problemi del progetto di territorio, mettendoli a fuoco da una prospettiva comune, capace di conciliare le ragioni e i metodi dell’ingegneria, sensibile alle dinamiche dei suoli e delle acque, con quelle dell’urbanistica, che progetta le trasformazioni ambientali e paesaggistiche delle valli e delle coste. Una delle novità più forti che caratterizza questa ricerca, e quindi il libro, è proprio questa sorta di «rivoluzione morbida»: un approccio nuovo al territorio, che intende non escludere a priori nessun metodo, nessuna esigenza, cercando invece di sfruttare quanto di valido e di apprezzabile proviene dalle prospettive e dagli ambiti più vari e solo apparentemente distanti. Una «rivoluzione morbida» che implica anche e soprattutto una generale diffidenza nei confronti delle «grandi opere», gli interventi monumentali e invasivi che catturano l’attenzione dei media, e, di contro, un’attenzione particolare rivolta alle «piccole opere», poco pubblicizzate, ma la cui importanza sperimentiamo quotidianamente, e sulle quali si misura la qualità della nostra vita di ogni giorno.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/763591
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