Il saggio vuole evidenziare come la videoarte, nelle sue molteplici e diversificate espressioni, prevalentemente in quelle di natura sperimentale, sia uno fra i luoghi privilegiati per l'elaborazione creativa del colore, inteso nella sua valenza di ʿmacchiaʾ, ovvero come articolazione di masse chiaro-scurali in cui le linee di contorno delle forme (quando queste siano presenti), sottoposte a una continua trasformazione che le rende instabili, diventano quasi inafferrabili, lasciando all'occhio la sua funzione naturale del ʿvedereʾ. Grazie alla sovrapposizione sinestetica di cromatismi e suoni ‒ favorita dall'avvento delle tecnologie digitali che hanno ampliato il concetto di sinestesia ‒, la videoarte sperimenta processi espressivi che riducono le distanze rispetto al concetto di opera d'arte totale. Ciò attraverso una rappresentazione cameleontica in cui la dimensione pittorica del colore è potenziata dall'informazione sonora (sincrona o asincrona rispetto ai dati visivi). Il colore, nel movimento intrinseco alla visual music, si sottrae al tema della delimitazione per appropriarsi del concetto di mutazione continua e generare effetti percettivi plurisensoriali, corporei e intellettivi allo stesso tempo, ben distanti da visioni emotive e romantiche come, ad esempio, quelle maturate in gran parte della produzione cinematografica (dove suono e rappresentazione visiva echeggiano l'uno nell'altro secondo meccanismi armonici). Il saggio intende sviluppare questo tema attraverso l'analisi di alcune significative esemplificazioni, dagli antefatti alle sperimentazioni contemporanee, fra cui si ricorda a titolo esemplificativo le ricerche e le opere di Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Aleksandr Nikolaevič Skrjabin, Vasilij Vasil'evič Kandinskij, Nam June Paik, Leo Villareal.

Il valore pittorico del colore nella videoarte

Enrica Bistagnino
2014-01-01

Abstract

Il saggio vuole evidenziare come la videoarte, nelle sue molteplici e diversificate espressioni, prevalentemente in quelle di natura sperimentale, sia uno fra i luoghi privilegiati per l'elaborazione creativa del colore, inteso nella sua valenza di ʿmacchiaʾ, ovvero come articolazione di masse chiaro-scurali in cui le linee di contorno delle forme (quando queste siano presenti), sottoposte a una continua trasformazione che le rende instabili, diventano quasi inafferrabili, lasciando all'occhio la sua funzione naturale del ʿvedereʾ. Grazie alla sovrapposizione sinestetica di cromatismi e suoni ‒ favorita dall'avvento delle tecnologie digitali che hanno ampliato il concetto di sinestesia ‒, la videoarte sperimenta processi espressivi che riducono le distanze rispetto al concetto di opera d'arte totale. Ciò attraverso una rappresentazione cameleontica in cui la dimensione pittorica del colore è potenziata dall'informazione sonora (sincrona o asincrona rispetto ai dati visivi). Il colore, nel movimento intrinseco alla visual music, si sottrae al tema della delimitazione per appropriarsi del concetto di mutazione continua e generare effetti percettivi plurisensoriali, corporei e intellettivi allo stesso tempo, ben distanti da visioni emotive e romantiche come, ad esempio, quelle maturate in gran parte della produzione cinematografica (dove suono e rappresentazione visiva echeggiano l'uno nell'altro secondo meccanismi armonici). Il saggio intende sviluppare questo tema attraverso l'analisi di alcune significative esemplificazioni, dagli antefatti alle sperimentazioni contemporanee, fra cui si ricorda a titolo esemplificativo le ricerche e le opere di Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Aleksandr Nikolaevič Skrjabin, Vasilij Vasil'evič Kandinskij, Nam June Paik, Leo Villareal.
2014
9788891604378
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/746005
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