Nella prima fase della carriera letteraria di Thom Gunn, soprattutto nella raccolta Fighting Terms (1952), egli si rifà apertamente ai poeti del ‘600, ossia a un epoca nella quale il linguaggio della galanteria era estremamente elaborato e in cui, soprattutto, era capillarmente diffuso il sentimento dell’intercommutabilità tra teatro e vita, per suggerire l’impossibilità dell’autenticità, della sincerità nei rapporti d’amore. In altri termini, per Gunn l’espressione della passione finisce sempre per lasciare il posto a una rappresentazione che è “altro” rispetto alla passione stessa. Di qui il suo estraniarsi ironico da sé e il suo vedere i propri comportamenti ironicamente, come quelli di un attore e quindi maschera della vera passione. A rendere inevitabile questa inautenticità sembra essere, per Gunn, l’aporia insita nel dover esprimere ciò che è più intimamente personale attraverso le forme impersonali del codice culturale, che, costringendo l’individuo all’ostentazione di altro rispetto a ciò che sente, lo costringono, volente o nolente, al riserbo.
Celare ostentando: la messa in scena della passione in Fighting Terms di Thom Gunn
MICHELUCCI, STEFANIA
2000-01-01
Abstract
Nella prima fase della carriera letteraria di Thom Gunn, soprattutto nella raccolta Fighting Terms (1952), egli si rifà apertamente ai poeti del ‘600, ossia a un epoca nella quale il linguaggio della galanteria era estremamente elaborato e in cui, soprattutto, era capillarmente diffuso il sentimento dell’intercommutabilità tra teatro e vita, per suggerire l’impossibilità dell’autenticità, della sincerità nei rapporti d’amore. In altri termini, per Gunn l’espressione della passione finisce sempre per lasciare il posto a una rappresentazione che è “altro” rispetto alla passione stessa. Di qui il suo estraniarsi ironico da sé e il suo vedere i propri comportamenti ironicamente, come quelli di un attore e quindi maschera della vera passione. A rendere inevitabile questa inautenticità sembra essere, per Gunn, l’aporia insita nel dover esprimere ciò che è più intimamente personale attraverso le forme impersonali del codice culturale, che, costringendo l’individuo all’ostentazione di altro rispetto a ciò che sente, lo costringono, volente o nolente, al riserbo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.