Nella storia del design, una vitale dinamica culturale, prioritariamente orientata a sviluppare e innovare le teorie, i contenuti e gli strumenti del progetto, ha ragionato con sostanziale continuità su temi strettamente disciplinari e su argomenti funzionali, appunto, al perfezionamento della prassi progettuale. In questo atteggiamento di fondo, che manifesta la volontà di precisare, di volta in volta attualizzandola, l’identità culturale del ʽsistema designʼ, si rintracciano anche non trascurabili episodi di confronto sulle relazioni fra design e disegno. Il noto sovrasenso sotteso nell’espressione disegno (dal latino designāre, composto da dē prefisso indicante compimento di azione oppure l’atto di metter giù, e signāre segnare, quindi indicare in modo determinato, destinare, approfondire) che, al di là del significato tecnico del disegnare, ovvero del tracciare linee e segni per descrivere e comunicare una certa cosa, idea, proietta il gesto rappresentativo verso un ruolo conformativo delle idee, quindi del progetto, è il dato operativo e culturale che relaziona profondamente il disegno con il design, stabilendo fra essi una vicinanza che, come noto, va ben oltre l’evidente familiarità nominale e conferisce nuovo significato alla prassi operativa. Di fatto, nella relazione fra queste due discipline, vi sono ancora alcuni aspetti che è utile chiarire. Soprattutto oggi in cui la crescente articolazione del design, inteso sempre più come atteggiamento progettuale applicabile a una pluralità di contesti (dal prodotto, agli interni, dalla comunicazione, alla moda, etc.), multiformi e multiscalari, rimanda alla necessità di definire un linguaggio per la gestione di una molteplicità di forme, dimensioni e informazioni. In tal senso, la Scuola di Ulm è un riferimento fondamentale, soprattutto per l’attenzione indirizzata ai metodi e agli strumenti del processo progettuale e, più in generale, per la posizione terico-culturale sulle differenti forme e valenze del disegno.

Note sul modello di rappresentazione nella Scuola di Ulm

BISTAGNINO, ENRICA
2011-01-01

Abstract

Nella storia del design, una vitale dinamica culturale, prioritariamente orientata a sviluppare e innovare le teorie, i contenuti e gli strumenti del progetto, ha ragionato con sostanziale continuità su temi strettamente disciplinari e su argomenti funzionali, appunto, al perfezionamento della prassi progettuale. In questo atteggiamento di fondo, che manifesta la volontà di precisare, di volta in volta attualizzandola, l’identità culturale del ʽsistema designʼ, si rintracciano anche non trascurabili episodi di confronto sulle relazioni fra design e disegno. Il noto sovrasenso sotteso nell’espressione disegno (dal latino designāre, composto da dē prefisso indicante compimento di azione oppure l’atto di metter giù, e signāre segnare, quindi indicare in modo determinato, destinare, approfondire) che, al di là del significato tecnico del disegnare, ovvero del tracciare linee e segni per descrivere e comunicare una certa cosa, idea, proietta il gesto rappresentativo verso un ruolo conformativo delle idee, quindi del progetto, è il dato operativo e culturale che relaziona profondamente il disegno con il design, stabilendo fra essi una vicinanza che, come noto, va ben oltre l’evidente familiarità nominale e conferisce nuovo significato alla prassi operativa. Di fatto, nella relazione fra queste due discipline, vi sono ancora alcuni aspetti che è utile chiarire. Soprattutto oggi in cui la crescente articolazione del design, inteso sempre più come atteggiamento progettuale applicabile a una pluralità di contesti (dal prodotto, agli interni, dalla comunicazione, alla moda, etc.), multiformi e multiscalari, rimanda alla necessità di definire un linguaggio per la gestione di una molteplicità di forme, dimensioni e informazioni. In tal senso, la Scuola di Ulm è un riferimento fondamentale, soprattutto per l’attenzione indirizzata ai metodi e agli strumenti del processo progettuale e, più in generale, per la posizione terico-culturale sulle differenti forme e valenze del disegno.
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