Ciò che intendo dimostrare in questo articolo è che la concezione davidsoniana del linguaggio, da una parte, non ci costringe affatto a negare la presenza, l’importanza e il peso, ai fini della comunicazione e della reciproca comprensione, delle regole e delle convenzioni (grammaticali, semantiche ecc.) che sono individuabili in una data lingua, né tanto meno ci obbliga a negare l’esistenza delle lingue naturali come l’Italiano, l’Inglese, il Francese, l’Hopi e così via. Dall’altra, invece, tale concezione del linguaggio contribuisce a smentire e a superare il dogma della presunta priorità concettuale delle lingue rispetto alle reali facoltà linguistiche dei singoli parlanti. Ai fini della corretta interpretazione di un parlante, ciò che più conta – stando alla teoria della triangolazione – sono le capacità linguistiche di quel singolo parlante, i significati da lui condivisi, le sue particolari credenze o, con una parola, il suo personale “idioletto”. Nella prima parte di questo lavoro cercherò allora di mostrare a quale concezione del linguaggio Davidson davvero si opponga e di verificare la plausibilità e la forza delle sue argomentazioni. Nel rispondere ad alcune obiezioni che possono essere mosse alla concezione davidsoniana del linguaggio come sovrapposizione di idioletti, cercherò di dimostrare che essa, pur negando la priorità concettuale delle regole e delle convenzioni determinate socialmente, non sminuisce affatto la loro indiscussa importanza ai fini comunicativi e interpretativi.

Lingue, linguaggio e società. La prospettiva della triangolazione di Donald Davidson

AMORETTI, MARIA CRISTINA
2008-01-01

Abstract

Ciò che intendo dimostrare in questo articolo è che la concezione davidsoniana del linguaggio, da una parte, non ci costringe affatto a negare la presenza, l’importanza e il peso, ai fini della comunicazione e della reciproca comprensione, delle regole e delle convenzioni (grammaticali, semantiche ecc.) che sono individuabili in una data lingua, né tanto meno ci obbliga a negare l’esistenza delle lingue naturali come l’Italiano, l’Inglese, il Francese, l’Hopi e così via. Dall’altra, invece, tale concezione del linguaggio contribuisce a smentire e a superare il dogma della presunta priorità concettuale delle lingue rispetto alle reali facoltà linguistiche dei singoli parlanti. Ai fini della corretta interpretazione di un parlante, ciò che più conta – stando alla teoria della triangolazione – sono le capacità linguistiche di quel singolo parlante, i significati da lui condivisi, le sue particolari credenze o, con una parola, il suo personale “idioletto”. Nella prima parte di questo lavoro cercherò allora di mostrare a quale concezione del linguaggio Davidson davvero si opponga e di verificare la plausibilità e la forza delle sue argomentazioni. Nel rispondere ad alcune obiezioni che possono essere mosse alla concezione davidsoniana del linguaggio come sovrapposizione di idioletti, cercherò di dimostrare che essa, pur negando la priorità concettuale delle regole e delle convenzioni determinate socialmente, non sminuisce affatto la loro indiscussa importanza ai fini comunicativi e interpretativi.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/315537
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact