Nell’Italia centro settentrionale le scelte in direzione della città che gli enti monastici rurali altomedievali attuano a partire dal secolo IX non sono un approdo obbligato e suggeriscono di considerare in maniera rovesciata il tradizionale binomio città-campagna. Questi pochi cenobi si muovono entro orizzonti patrimoniali che di solito abbracciano più di una regione (se teniamo a mente le circoscrizioni dei nostri giorni) e dispongono di dipendenze in più città. Le dipendenze urbane si caratterizzano per il fatto di rientrare in un sistema misto, interconnesso e plurifunzionale. Si può senz’altro confermare anche nell’osservazione delle cellae monastiche urbane il nesso monasteri-città in quel rilancio economico che in Italia ha tempi più rallentati rispetto ad altre aree inizialmente incluse nella compagine carolingia: gli scambi che esse facilitano si sviluppano in un raggio abbastanza contenuto, con una rete di scambi di respiro regionale e sbocchi e inneschi articolati, senza condizionamenti da parte di emporia. Mentre i cenobi di fondazione più antica, di età longobarda, sono inclini a rinunciare alle proprie dipendenze, non appena queste non si rivelino più redditizie e nell’ambito di un restringimento degli scenari patrimoniali che si avverte a partire dal secolo X, gli enti di fondazione più tarda tendono a provvedere anche al disciplinamento religioso delle chiese cittadine dipendenti, grazie alla diversa sensibilità maturata in età di riforma ecclesiastica. Gli enti cittadini rientrano di frequente in un collaudato sistema vescovi-monasteri e i loro beni rurali sono da intendersi come risorse certamente per ricavare redditi, ma soprattutto per costruire relazioni. Occorre valutare, oltre all’entità, proprio la dislocazione dei beni via via acquisiti nell’ambito di sviluppi patrimoniali che sono tendenzialmente orientati verso la signoria territoriale. Alta è la gamma di connessioni che le chiese cittadine riescono ad attivare (senza escludere gli atteggiamenti di quei cenobi femminili che inizialmente vivono una certa estraneità rispetto alla città in cui hanno sede): beni nettamente staccati dal contesto urbano o decisamente situati in altra diocesi; concentrazione patrimoniale nella fascia periurbana; proprietà variamente riqualificate e variamente disperse nel territorio diocesano; capillarità di presenze pievane quale risorsa attivabile all’occorrenza degli episcopi. La continuità di collegamenti tra spazio rurale e ambito cittadino è garantita in maniera diversificata da monasteri e vescovadi grazie alla capacità di progettare e ripensare le funzioni dei propri beni, conferendo loro coerenza e sperimentando quando possibile forme di coordinamento, anche in una consapevolezza della stabilità delle proprie sedi e in una coscienza di durare nel tempo, che non sono delle aristocrazie laiche. In central North Italy choices in the direction of the city that rural early medieval monasteries implement since the Ninth century are not a fixed result and suggest to consider in a reversed way the traditional relationship town-country. These few monasteries move within estate horizons that usually span more than one region (if we bear in mind the boundaries of our time) and have “filials” in more than one city. These urban cellae and houses depending on rural monasteries are characterized by the fact to be part of a mixed system, interconnected and multi-functional. It is certainly possible to confirm also in the observation of urban monastic cellae the link monasteries-cities in the economic revitalization that in Italy has slower times compared to other areas originally included in the Carolingian kingdom: trade that they facilitate development within a quite short range, with a network of exchanges of regional importance and regional markets and articulated outlets and triggers, without interference by emporia. While the oldest monasteries of Lombard foundation are disposed to give up their “filials”, as soon as they do not prove to be any longer profitable and in the context of shrinkage of the estate scenarios from the Tenth century, later monasteries tend to provide also to the religious disciplining of the urban depending churches, thanks to a different sensibility developed in the age of the Church reform. Urban churches frequently are included in a well tested system bishops-monasteries and their rural properties are intended as resources certainly to get income, but also to build relationships. It is necessary to assess, in addition to the entity, just the dislocation of the property gradually acquired in the context of estate developments that are basically oriented toward territorial lordship. High is the range of connections that urban churches can activate (not excluding the attitudes of those female monasteries who initially are alien to the city in which they are located); estates clearly detached from the urban context or downright located in another diocese; concentration of estate in peri-urban belt; and estates variously requalified and variously dispersed in the diocese; ubiquity of parishes as a resource that can be activated if necessary by bishoprics. The continuity of links between the country and cities is assured in diversified way by monasteries and bishoprics thanks, to the ability to plan and to rethink the functions of their assets, giving them consistency and testing when possible forms of coordination, also with the awareness of the stability of their sees and the consciousness of durability, which are not prerogatives of the secular aristocracy.

Beni rurali di enti religiosi urbani, beni urbani di enti rurali

GUGLIELMOTTI, PAOLA
2009-01-01

Abstract

Nell’Italia centro settentrionale le scelte in direzione della città che gli enti monastici rurali altomedievali attuano a partire dal secolo IX non sono un approdo obbligato e suggeriscono di considerare in maniera rovesciata il tradizionale binomio città-campagna. Questi pochi cenobi si muovono entro orizzonti patrimoniali che di solito abbracciano più di una regione (se teniamo a mente le circoscrizioni dei nostri giorni) e dispongono di dipendenze in più città. Le dipendenze urbane si caratterizzano per il fatto di rientrare in un sistema misto, interconnesso e plurifunzionale. Si può senz’altro confermare anche nell’osservazione delle cellae monastiche urbane il nesso monasteri-città in quel rilancio economico che in Italia ha tempi più rallentati rispetto ad altre aree inizialmente incluse nella compagine carolingia: gli scambi che esse facilitano si sviluppano in un raggio abbastanza contenuto, con una rete di scambi di respiro regionale e sbocchi e inneschi articolati, senza condizionamenti da parte di emporia. Mentre i cenobi di fondazione più antica, di età longobarda, sono inclini a rinunciare alle proprie dipendenze, non appena queste non si rivelino più redditizie e nell’ambito di un restringimento degli scenari patrimoniali che si avverte a partire dal secolo X, gli enti di fondazione più tarda tendono a provvedere anche al disciplinamento religioso delle chiese cittadine dipendenti, grazie alla diversa sensibilità maturata in età di riforma ecclesiastica. Gli enti cittadini rientrano di frequente in un collaudato sistema vescovi-monasteri e i loro beni rurali sono da intendersi come risorse certamente per ricavare redditi, ma soprattutto per costruire relazioni. Occorre valutare, oltre all’entità, proprio la dislocazione dei beni via via acquisiti nell’ambito di sviluppi patrimoniali che sono tendenzialmente orientati verso la signoria territoriale. Alta è la gamma di connessioni che le chiese cittadine riescono ad attivare (senza escludere gli atteggiamenti di quei cenobi femminili che inizialmente vivono una certa estraneità rispetto alla città in cui hanno sede): beni nettamente staccati dal contesto urbano o decisamente situati in altra diocesi; concentrazione patrimoniale nella fascia periurbana; proprietà variamente riqualificate e variamente disperse nel territorio diocesano; capillarità di presenze pievane quale risorsa attivabile all’occorrenza degli episcopi. La continuità di collegamenti tra spazio rurale e ambito cittadino è garantita in maniera diversificata da monasteri e vescovadi grazie alla capacità di progettare e ripensare le funzioni dei propri beni, conferendo loro coerenza e sperimentando quando possibile forme di coordinamento, anche in una consapevolezza della stabilità delle proprie sedi e in una coscienza di durare nel tempo, che non sono delle aristocrazie laiche. In central North Italy choices in the direction of the city that rural early medieval monasteries implement since the Ninth century are not a fixed result and suggest to consider in a reversed way the traditional relationship town-country. These few monasteries move within estate horizons that usually span more than one region (if we bear in mind the boundaries of our time) and have “filials” in more than one city. These urban cellae and houses depending on rural monasteries are characterized by the fact to be part of a mixed system, interconnected and multi-functional. It is certainly possible to confirm also in the observation of urban monastic cellae the link monasteries-cities in the economic revitalization that in Italy has slower times compared to other areas originally included in the Carolingian kingdom: trade that they facilitate development within a quite short range, with a network of exchanges of regional importance and regional markets and articulated outlets and triggers, without interference by emporia. While the oldest monasteries of Lombard foundation are disposed to give up their “filials”, as soon as they do not prove to be any longer profitable and in the context of shrinkage of the estate scenarios from the Tenth century, later monasteries tend to provide also to the religious disciplining of the urban depending churches, thanks to a different sensibility developed in the age of the Church reform. Urban churches frequently are included in a well tested system bishops-monasteries and their rural properties are intended as resources certainly to get income, but also to build relationships. It is necessary to assess, in addition to the entity, just the dislocation of the property gradually acquired in the context of estate developments that are basically oriented toward territorial lordship. High is the range of connections that urban churches can activate (not excluding the attitudes of those female monasteries who initially are alien to the city in which they are located); estates clearly detached from the urban context or downright located in another diocese; concentration of estate in peri-urban belt; and estates variously requalified and variously dispersed in the diocese; ubiquity of parishes as a resource that can be activated if necessary by bishoprics. The continuity of links between the country and cities is assured in diversified way by monasteries and bishoprics thanks, to the ability to plan and to rethink the functions of their assets, giving them consistency and testing when possible forms of coordination, also with the awareness of the stability of their sees and the consciousness of durability, which are not prerogatives of the secular aristocracy.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/239773
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact