In primis, il lavoro si concentra sulla definizione di multiculturalismo, termine che dalle scienze descrittive è stato mutuato da quelle prescrittive quale il diritto. Si sottolinea come questo lemma prone una nuova prospettiva sul rapporto fra Stato e minoranze, in quanto l’opzione multiculturale imporrebbe ai pubblici potere un dovere non solo di garantire il pluralismo ma anche di promuoverlo. Pertanto, il dovere dello Stato multiculturale sarebbe quello di proteggere, garantire e promuovere la diversità culturale degli individui, che proverrebbe dalla caratterizzazione etnica, religiosa, razziale, linguistica dei consociati, escludendo di fatto l’imposizione di politiche di assimilazione al contesto maggioritario. Questo in ragione dell’interpretazione del principio di eguaglianza e della dignità: il primo considerato non come astrazione della differenza ma anzi mezzo di riconoscimento della stessa e il secondo riferito alla necessità di ascrivere a ciascun individuo portatore di una cultura identitaria propria un quid pluris. Gli strumenti orientati alla salvaguardia e promozione della differenza possono essere: l’utilizzo di deroghe all’applicazione della normativa generale che può avvenire tramite la previsione di norme speciali oppure per mezzo di interpretazioni giurisprudenziali; la previsione di meccanismi che favoriscono la rappresentanza di minoranze all’interno dei poteri supremi dello Stato; il riconoscimento di istituzioni di autogoverno. Nel diritto comparato, si registra una tendenza a introdurre forme di riconoscimento di diritti propri di gruppi, tuttavia, è innegabile che questa evoluzione degli ordinamenti può dare adito a delle perplessità. In primo luogo, il pericolo che l’applicazione di regole tradizionali di un gruppo favorisca l’emarginazione e la subalternità dello stesso; in secondo luogo, il timore che i singoli appartenenti a un gruppo culturalmente identificato non possano vedersi garantite libertà e diritti riconosciuti alla maggioranza perché membri di una determinata comunità, riproponendo il noto contrasto fra comunitarismo e liberalismo.

Multiculturalismo (dir.comp.)

CECCHERINI, ELEONORA
2008-01-01

Abstract

In primis, il lavoro si concentra sulla definizione di multiculturalismo, termine che dalle scienze descrittive è stato mutuato da quelle prescrittive quale il diritto. Si sottolinea come questo lemma prone una nuova prospettiva sul rapporto fra Stato e minoranze, in quanto l’opzione multiculturale imporrebbe ai pubblici potere un dovere non solo di garantire il pluralismo ma anche di promuoverlo. Pertanto, il dovere dello Stato multiculturale sarebbe quello di proteggere, garantire e promuovere la diversità culturale degli individui, che proverrebbe dalla caratterizzazione etnica, religiosa, razziale, linguistica dei consociati, escludendo di fatto l’imposizione di politiche di assimilazione al contesto maggioritario. Questo in ragione dell’interpretazione del principio di eguaglianza e della dignità: il primo considerato non come astrazione della differenza ma anzi mezzo di riconoscimento della stessa e il secondo riferito alla necessità di ascrivere a ciascun individuo portatore di una cultura identitaria propria un quid pluris. Gli strumenti orientati alla salvaguardia e promozione della differenza possono essere: l’utilizzo di deroghe all’applicazione della normativa generale che può avvenire tramite la previsione di norme speciali oppure per mezzo di interpretazioni giurisprudenziali; la previsione di meccanismi che favoriscono la rappresentanza di minoranze all’interno dei poteri supremi dello Stato; il riconoscimento di istituzioni di autogoverno. Nel diritto comparato, si registra una tendenza a introdurre forme di riconoscimento di diritti propri di gruppi, tuttavia, è innegabile che questa evoluzione degli ordinamenti può dare adito a delle perplessità. In primo luogo, il pericolo che l’applicazione di regole tradizionali di un gruppo favorisca l’emarginazione e la subalternità dello stesso; in secondo luogo, il timore che i singoli appartenenti a un gruppo culturalmente identificato non possano vedersi garantite libertà e diritti riconosciuti alla maggioranza perché membri di una determinata comunità, riproponendo il noto contrasto fra comunitarismo e liberalismo.
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