La vita di Emilio Papiniano (il nomen e il cognomen sono noti grazie a CIL VI 228 = ILS 2187; Dig. 12.1.40; CI. 1.17.1), insigne giurista di età severiana è piena di luci e ombre, tanto che persistono ancor oggi dubbi circa la sua origo (siriaca? africana?). Questo contributo si propone non tanto di dipanare la matassa della biografia dell’illustre personaggio quanto di riconoscere la complessità del periodo storico in cui operò, cogliendone armonie e contrasti. La ‘stella polare’ della personalità giuridica di Papiniano è costituita da un novero di elevati valori morali che egli ebbe certamente modo di coltivare e rafforzare a stretto contatto con Giulia Domna, della quale una controversa fonte lo vorrebbe persino cognato. Mentre rivestiva l’incarico di Magister libellorum in calce a una questione testamentaria, egli avrebbe chiosato: «gli atti che offendono la nostra pietà, la nostra dignità, il nostro senso del pudore, e, per esprimersi in termini generali, che vanno contro i buoni costumi, si deve credere che non possiamo neppure compierli» (16 quaest. D. 28.7.15). A tale profilo Papiniano si sarebbe conformato tanto sul piano della produzione scientifica, quanto su quello della politica del diritto. Circa il primo aspetto, rileva la definizione della lex, qualificata come «precetto comune, deliberazione di uomini esperti, repressione dei delitti che vengono compiuti volontariamente o per ignoranza, comune solenne stipulazione della repubblica» e la riconduzione alla publica utilitas del diritto pretorio nel quadro delle partizioni del diritto (D. 1.3.1, 1.1.7); circa il secondo, basti rammentare l’allentamento del divieto di donazione fra coniugi, attraverso la consolidazione delle liberalità fatta in vita dal coniuge deceduto e non revocata prima della morte, attestazione di sensibilità sociale anche nei confronti della donna sfociata nell’oratio Severi del 206 d.C. Tale sensibilità traspare anche in D. 1.5.9, dove Papiniano rileva che: «In molti articoli della nostra legislazione la condizione femminile è inferiore a quella maschile». Lo stretto legame esistente tra lui e Giulia Domna trova conferma in un passo di Cassio Dione in cui lo storico greco accenna al circolo culturale (kuklos) creato dall’Augusta (che le valse l’attributo di ‘filosofa’: Dio, 75.6) del quale, oltre a lui, avrebbero fatto parte anche Papiniano e altre personalità di spicco quali Galeno, e Filostrato di Lemno. Fiero di difendere i ‘confini’ dell’ordinamento legale perché questo sarebbe stato il compito ‘istituzionale’ del giurista-funzionario, avrebbe acconsentito a un’interpretazione elastica ma mai contra legem. Anche alla luce di ciò andrebbe letto il contrasto esiziale con Caracalla, la cui condotta tenuta in occasione della nota vicenda dell’assassinio di Geta avrebbe vulnerato la libertà e la dignità umana. Dovendosi infine indagare se la morte di Papiniano lo avesse colto ancora prefetto del pretorio o la carica gli fosse già stata revocata in precedenza dal nuovo imperatore, rimane da valutare se negli oltre cento testi in cui vi sono riferimenti a costituzioni imperiali il giurista rifletta concezioni e opinioni proprie dell’ambiente culturale dal quale veniva protetto.

Emilio Papiniano, ‘acutissimi ingenii vir et merito ante alios excellens’, tra note prosopografiche, attività politica e produzione giuridica

PETRACCIA, MARIA FEDERICA;
2024-01-01

Abstract

La vita di Emilio Papiniano (il nomen e il cognomen sono noti grazie a CIL VI 228 = ILS 2187; Dig. 12.1.40; CI. 1.17.1), insigne giurista di età severiana è piena di luci e ombre, tanto che persistono ancor oggi dubbi circa la sua origo (siriaca? africana?). Questo contributo si propone non tanto di dipanare la matassa della biografia dell’illustre personaggio quanto di riconoscere la complessità del periodo storico in cui operò, cogliendone armonie e contrasti. La ‘stella polare’ della personalità giuridica di Papiniano è costituita da un novero di elevati valori morali che egli ebbe certamente modo di coltivare e rafforzare a stretto contatto con Giulia Domna, della quale una controversa fonte lo vorrebbe persino cognato. Mentre rivestiva l’incarico di Magister libellorum in calce a una questione testamentaria, egli avrebbe chiosato: «gli atti che offendono la nostra pietà, la nostra dignità, il nostro senso del pudore, e, per esprimersi in termini generali, che vanno contro i buoni costumi, si deve credere che non possiamo neppure compierli» (16 quaest. D. 28.7.15). A tale profilo Papiniano si sarebbe conformato tanto sul piano della produzione scientifica, quanto su quello della politica del diritto. Circa il primo aspetto, rileva la definizione della lex, qualificata come «precetto comune, deliberazione di uomini esperti, repressione dei delitti che vengono compiuti volontariamente o per ignoranza, comune solenne stipulazione della repubblica» e la riconduzione alla publica utilitas del diritto pretorio nel quadro delle partizioni del diritto (D. 1.3.1, 1.1.7); circa il secondo, basti rammentare l’allentamento del divieto di donazione fra coniugi, attraverso la consolidazione delle liberalità fatta in vita dal coniuge deceduto e non revocata prima della morte, attestazione di sensibilità sociale anche nei confronti della donna sfociata nell’oratio Severi del 206 d.C. Tale sensibilità traspare anche in D. 1.5.9, dove Papiniano rileva che: «In molti articoli della nostra legislazione la condizione femminile è inferiore a quella maschile». Lo stretto legame esistente tra lui e Giulia Domna trova conferma in un passo di Cassio Dione in cui lo storico greco accenna al circolo culturale (kuklos) creato dall’Augusta (che le valse l’attributo di ‘filosofa’: Dio, 75.6) del quale, oltre a lui, avrebbero fatto parte anche Papiniano e altre personalità di spicco quali Galeno, e Filostrato di Lemno. Fiero di difendere i ‘confini’ dell’ordinamento legale perché questo sarebbe stato il compito ‘istituzionale’ del giurista-funzionario, avrebbe acconsentito a un’interpretazione elastica ma mai contra legem. Anche alla luce di ciò andrebbe letto il contrasto esiziale con Caracalla, la cui condotta tenuta in occasione della nota vicenda dell’assassinio di Geta avrebbe vulnerato la libertà e la dignità umana. Dovendosi infine indagare se la morte di Papiniano lo avesse colto ancora prefetto del pretorio o la carica gli fosse già stata revocata in precedenza dal nuovo imperatore, rimane da valutare se negli oltre cento testi in cui vi sono riferimenti a costituzioni imperiali il giurista rifletta concezioni e opinioni proprie dell’ambiente culturale dal quale veniva protetto.
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