E’ possibile rivitalizzare un quartiere storico pressoché abbandonato e arrivare ugualmente a perseguire attività di restauro e conservazione del suo patrimonio architettonico? E’ possibile invertire un trend di abbondono e trasformarlo in una attività di crescita e valorizzazione? E’ possibile perseguire una conservazione del patrimonio materiale e contemporaneamente ottenere una corretta trasmissione del patrimonio immateriale ad esso collegato? Tutto questo è compito esclusivo del professionista o è possibile che vi sia un ruolo attivo delle comunità territoriali? Queste alcune domande che animano oggi il dibattito sulla conservazione dei beni cosidetti minori; beni che erroneamente vengono considerati di secondaria importanza ma che, invece, caratterizzano profondamente il nostro patrimonio culturale mediterraneo e rappresentano per molti paesi una vera e propria risorsa. L’antitesi che secondo alcuni autori sembra esserci tra patrimonio materiale e immateriale ed il ruolo dell’architetto e delle “comunità di eredità” (v. Convenzione di Faro) sono elementi strettamente connessi tra loro, anche di più di quel che appare ad una analisi superficiale.Una serie di casi di studio relativi a quartieri abbandonati o in stato di abbandono sono stati analizzati in un quadro di alcuni progetti di ricerca portati avanti dall’università di Genova; questi progetti sono legati alla Conservazione del patrimonio Architettonico tradizionale, alle strategie di conservazione del patrimonio materiale ed immateriale e ai rischi sociali. Il contributo che si vuole portare alla discussione del tema 3- La qualità del progetto e l’innovazione parte da un primo inquadramento su ciò che si intende per patrimonio materiale e patrimonio immateriale e da un’esperienza di ricerca in un quartiere storico del territorio ligure: il quartiere della Pigna di Sanremo. Il documento illustra i diversi e potenziali ruoli della partecipazione della comunità, per quanto riguarda la conservazione e la gestione del patrimonio. Tale ricerca è stata condotta all’interno di un programma “Interreg marittimo Italia-Francia 2014-2020” con un progetto “ART LAB NET – Resource Centers for Art Trades Innovation”; gli enti coinvolti sono il Dipartimento Architettura e Design dell’Università di Genova, la scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio dell’Università di Genova, il Comune di Sanremo e l’associazione Pigna Mon Amour attiva da tempo nei processi di rivitalizzazione del quartiere. La Pigna di Sanremo è il primo nucleo dell’insediamo rivierasco; di impianto medievale il quartiere è un aggregato di unità edilizie arroccate nella parte più alta di Sanremo. Le abitazioni sono separate le une dalle altre da strette vie, i “carruggi”. Da centro della vita cittadina sino all’epoca preindustriale, questo quartiere subisce un lento e inarrestabile declino negli ultimi due secoli sino ad essere pressochè abbandonato negli ultimi decenni del secolo XX. Di fronte a questa situazione 90 di abbandono, di degrado sociale e degrado materiale delle strutture edilizie, circa vent’anni fa si ha una reazione decisa. Alcune associazioni presenti sul territorio, in primis l’Associazione Pigna Mon Amour, promuovono iniziative culturali (ma non solo) con lo scopo di riportare l’attenzione sul quartiere. La ricerca intrapresa dall’università con la disamina delle varie azioni effettuate ha dato risultati importanti e per certi versi inaspettati: le azioni eseguite inizialmente sono state quasi esclusivamente rivolte al patrimonio immateriale, solo negli ultimi anni ci sono state azioni di conservazione del patrimonio materiale. Queste sono state però molto incisive e mirate. L’ottimo esito di queste azioni ha portato l’attenzione della ricerca a raffronti con casi analoghi affrontati con strategie differenti e con risultati alquanto diversi. In particolare lo studio è stato esteso ad altre realtà della sponda meridionale del Mediterraneo (in particolare si fa qui riferimento a progetti ed interventi in contesti algerini, tunisini e marocchini), in parte emerse dai lavori dei RIPAM (Rencontres internationales du patrimoine architectural méditerranéen/ International Meetings of Mediterranean Architectural Heritage) quali RIPAM7 (pubblicati in D. Pittaluga, F.Fratini (eds.), Conservation et mise en valeur du patrimoine architectural et paysagé des sites côtiers méditerranéens, F.Angeli, Milano 2019, https://ojs.francoangeli.it/_omp/index.php/oa/catalog/book/437, RIPAM 8 “Architectural Heritage: Science, Issues and Prospects”, 20-22/11/2019 Rabbat (in corso di stampa), e RIPAM 8.5 “Villages et quartiers à risque d’abandon. Strategies pour la connaissance, la valorisation et la restauration”, Firenze 25-26/11/2020 ( in corso di stampa) ciò ha consolidato ulteriormente l’efficacia di questa linea di ricerca inserendo, di fatto, parametri quali l’inclusività e l’accessibilità tra gli elementi importanti e fondamentali anche per la conservazione del patrimonio. Una delle prospettive future di queste ricerche è quella di arrivare a linee guida con approcci multidisciplinari per azioni congiunte sia verso il patrimonio materiale sia verso quello immateriale, implementando le azioni con il coinvolgimento della partecipazione sociale, la diffusione, l’educazione e la comunicazione.

STRATEGIE CONDIVISE DI VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO IMMATERIALE PER LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO MATERIALE

Daniela Pittaluga
2021-01-01

Abstract

E’ possibile rivitalizzare un quartiere storico pressoché abbandonato e arrivare ugualmente a perseguire attività di restauro e conservazione del suo patrimonio architettonico? E’ possibile invertire un trend di abbondono e trasformarlo in una attività di crescita e valorizzazione? E’ possibile perseguire una conservazione del patrimonio materiale e contemporaneamente ottenere una corretta trasmissione del patrimonio immateriale ad esso collegato? Tutto questo è compito esclusivo del professionista o è possibile che vi sia un ruolo attivo delle comunità territoriali? Queste alcune domande che animano oggi il dibattito sulla conservazione dei beni cosidetti minori; beni che erroneamente vengono considerati di secondaria importanza ma che, invece, caratterizzano profondamente il nostro patrimonio culturale mediterraneo e rappresentano per molti paesi una vera e propria risorsa. L’antitesi che secondo alcuni autori sembra esserci tra patrimonio materiale e immateriale ed il ruolo dell’architetto e delle “comunità di eredità” (v. Convenzione di Faro) sono elementi strettamente connessi tra loro, anche di più di quel che appare ad una analisi superficiale.Una serie di casi di studio relativi a quartieri abbandonati o in stato di abbandono sono stati analizzati in un quadro di alcuni progetti di ricerca portati avanti dall’università di Genova; questi progetti sono legati alla Conservazione del patrimonio Architettonico tradizionale, alle strategie di conservazione del patrimonio materiale ed immateriale e ai rischi sociali. Il contributo che si vuole portare alla discussione del tema 3- La qualità del progetto e l’innovazione parte da un primo inquadramento su ciò che si intende per patrimonio materiale e patrimonio immateriale e da un’esperienza di ricerca in un quartiere storico del territorio ligure: il quartiere della Pigna di Sanremo. Il documento illustra i diversi e potenziali ruoli della partecipazione della comunità, per quanto riguarda la conservazione e la gestione del patrimonio. Tale ricerca è stata condotta all’interno di un programma “Interreg marittimo Italia-Francia 2014-2020” con un progetto “ART LAB NET – Resource Centers for Art Trades Innovation”; gli enti coinvolti sono il Dipartimento Architettura e Design dell’Università di Genova, la scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio dell’Università di Genova, il Comune di Sanremo e l’associazione Pigna Mon Amour attiva da tempo nei processi di rivitalizzazione del quartiere. La Pigna di Sanremo è il primo nucleo dell’insediamo rivierasco; di impianto medievale il quartiere è un aggregato di unità edilizie arroccate nella parte più alta di Sanremo. Le abitazioni sono separate le une dalle altre da strette vie, i “carruggi”. Da centro della vita cittadina sino all’epoca preindustriale, questo quartiere subisce un lento e inarrestabile declino negli ultimi due secoli sino ad essere pressochè abbandonato negli ultimi decenni del secolo XX. Di fronte a questa situazione 90 di abbandono, di degrado sociale e degrado materiale delle strutture edilizie, circa vent’anni fa si ha una reazione decisa. Alcune associazioni presenti sul territorio, in primis l’Associazione Pigna Mon Amour, promuovono iniziative culturali (ma non solo) con lo scopo di riportare l’attenzione sul quartiere. La ricerca intrapresa dall’università con la disamina delle varie azioni effettuate ha dato risultati importanti e per certi versi inaspettati: le azioni eseguite inizialmente sono state quasi esclusivamente rivolte al patrimonio immateriale, solo negli ultimi anni ci sono state azioni di conservazione del patrimonio materiale. Queste sono state però molto incisive e mirate. L’ottimo esito di queste azioni ha portato l’attenzione della ricerca a raffronti con casi analoghi affrontati con strategie differenti e con risultati alquanto diversi. In particolare lo studio è stato esteso ad altre realtà della sponda meridionale del Mediterraneo (in particolare si fa qui riferimento a progetti ed interventi in contesti algerini, tunisini e marocchini), in parte emerse dai lavori dei RIPAM (Rencontres internationales du patrimoine architectural méditerranéen/ International Meetings of Mediterranean Architectural Heritage) quali RIPAM7 (pubblicati in D. Pittaluga, F.Fratini (eds.), Conservation et mise en valeur du patrimoine architectural et paysagé des sites côtiers méditerranéens, F.Angeli, Milano 2019, https://ojs.francoangeli.it/_omp/index.php/oa/catalog/book/437, RIPAM 8 “Architectural Heritage: Science, Issues and Prospects”, 20-22/11/2019 Rabbat (in corso di stampa), e RIPAM 8.5 “Villages et quartiers à risque d’abandon. Strategies pour la connaissance, la valorisation et la restauration”, Firenze 25-26/11/2020 ( in corso di stampa) ciò ha consolidato ulteriormente l’efficacia di questa linea di ricerca inserendo, di fatto, parametri quali l’inclusività e l’accessibilità tra gli elementi importanti e fondamentali anche per la conservazione del patrimonio. Una delle prospettive future di queste ricerche è quella di arrivare a linee guida con approcci multidisciplinari per azioni congiunte sia verso il patrimonio materiale sia verso quello immateriale, implementando le azioni con il coinvolgimento della partecipazione sociale, la diffusione, l’educazione e la comunicazione.
2021
978-88-95409-25-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1097916
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