Una storia della fotografia dal punto di vista delle donne. ( edizione Textuel) Il problema al centro del volume è già contenuto nel titolo dell’introduzione di Marie Robert, Una lunga tradizione di discredito: il libro è una sorta di riscatto dalle ingiustizie della storia scritta dagli uomini occidentali. I primi manuali di storia della fotografia sono stati scritti da due donne a cavallo tra le due guerre. Uno, A hundred years of photography: 1839-1939, lo ha firmato la tedesca Lucia Schultz; l’altro, La photographie en France au dix-neuvieme siècle, la giovane amica di Walter Benjamin, la fotografa ebrea tedesca Gisèle Freund, eppure lo spazio dato alle donne fotografe nelle storie della fotografia tradizionali, nei premi ecc. è minore. Molte delle artiste fotografe hanno sperimentato, sia nella tecnica sia nello stile, a volte anticipando il lavoro dei colleghi uomini. Ma spesso questo merito non è stato riconosciuto, né economicamente né professionalmente. A volte è stato persino attribuito alla persona o al compagno con cui lavoravano, come nel caso di Lucia Schultz, moglie del fotografo e pittore ungherese László Moholy-Nagy, o di Gerda Taro, che, oltre a essere la compagna di Robert Capa, è stata la prima fotoreporter uccisa al fronte, durante la guerra civile spagnola, nel 1937. Lee Miller, invece, è stata considerata allieva e modella di Man Ray prima di vedere riconosciuto il suo talento. Ma nel nostro progetto si dà spazio anche a personaggi completamente dimenticati, come Elena Lukinichna Mrozovskaia, Natalia Baquedano-Hurtado, Annapurna Dutta e Tsuneko Sasamoto . Anche la vicenda di Vivian Maier illustra bene come molte artiste fotografe siano state prima dimenticate poi riscoperte.
Elisabetta Villari
2021-01-01
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