Il progetto del waterfront urbano è entrato sulla scena della pianificazione urbanistico-territoriale da almeno 40 anni ed è stato fin dagli inizi legato a processi di dismissione riguardando spesso casi di downscaling e rightsizing urbano. A partire dalla nota vicenda dei Docklands di Londra dei primi anni ’80, si possono riconoscere per questo tema-progetto diverse fasi evolutive, con almeno tre stagioni che ne hanno caratterizzato gli esiti. In una prima fase (di matrice Nord Europea) si sono sviluppati progetti legati alla dismissione dei grandi territori-patrimonio industriali portuali a vantaggio di una radicale trasformazione degli usi, con ampie riabilitazioni all’uso urbano di interi comparti un tempo produttivi. Si è trattato di una fase molto aggressiva (segnate da forme di “liberismo urbanistico”), dove gli interessi immobiliari hanno prevalso su qualsiasi altra logica. Non va trascurata in questa fase la contemporanea trasformazione degli spazi portuali operativi (in altri luoghi rispetto a quelli abbandonati e “rilasciati” ad usi urbani) che si configura come l’altra faccia della medaglia di uno stesso processo e che si lega inevitabilmente a nuove forme organizzative, con precisi esiti spaziali dei traffici e delle tecniche portuali. Una seconda fase è riconoscibile in una declinazione più modulata dei principi che avevano caratterizzato la prima e nella quale il ruolo dell’Ente pubblico quale garante di una ridistribuzione di valori urbani è stato evidente. È la stagione dei progetti di rigenerazione dei waterfront con forti investimenti pubblici e con forti istanze pubbliche e che ha interessato molte città portuali, soprattutto del Mediterraneo. Una terza fase è riconoscibile a partire dagli anni post-crisi (quindi a partire dal 2008). In questa fase sembra riprendere vigore la componente “immobiliarista”, a discapito di quella pubblica. In questo nuovo contesto, la debolezza (economica, ma non solo) del soggetto pubblico deve confrontarsi con le nuove dinamiche del capitale immobiliare globalizzato che impone nuove regole. Non mancano tuttavia nuove opportunità, dal momento che nei nuovi progetti di rigenerazione dei waterfront urbani rientrano temi precedentemente trascurati o comunque rimasti in secondo piano, come ad esempio la coesistenza tra produzione ed usi urbani, la richiesta-necessità di sostenibilità ambientale dei progetti di trasformazione, l’integrazione tra funzione urbane e funzioni più specificatamente legate alle dinamiche portuali (affermazione del modello di porto-fabbrica). Il contributo intende esplorare i temi legati a questa terza fase a partire dal caso di Genova, dove in un contesto attraversato da una tendenza al downscaling urbano di dimensione pluri-decennale, si stanno manifestando nuove domande che interrogano in modo diretto la disciplina: ruolo del soggetto pubblico e potenzialità per una regia delle trasformazioni, dimensione multiscalare degli interventi, ruolo degli investimenti pubblici, strumenti per il contrasto alle rendite urbane, rapporti con le esigenze espresse dai nuovi capitali immobiliari.

Waterfront urbani: un tema-progetto sul quale misurare le evoluzioni disciplinari dell'urbanistica

Giampiero Lombardini
2021-01-01

Abstract

Il progetto del waterfront urbano è entrato sulla scena della pianificazione urbanistico-territoriale da almeno 40 anni ed è stato fin dagli inizi legato a processi di dismissione riguardando spesso casi di downscaling e rightsizing urbano. A partire dalla nota vicenda dei Docklands di Londra dei primi anni ’80, si possono riconoscere per questo tema-progetto diverse fasi evolutive, con almeno tre stagioni che ne hanno caratterizzato gli esiti. In una prima fase (di matrice Nord Europea) si sono sviluppati progetti legati alla dismissione dei grandi territori-patrimonio industriali portuali a vantaggio di una radicale trasformazione degli usi, con ampie riabilitazioni all’uso urbano di interi comparti un tempo produttivi. Si è trattato di una fase molto aggressiva (segnate da forme di “liberismo urbanistico”), dove gli interessi immobiliari hanno prevalso su qualsiasi altra logica. Non va trascurata in questa fase la contemporanea trasformazione degli spazi portuali operativi (in altri luoghi rispetto a quelli abbandonati e “rilasciati” ad usi urbani) che si configura come l’altra faccia della medaglia di uno stesso processo e che si lega inevitabilmente a nuove forme organizzative, con precisi esiti spaziali dei traffici e delle tecniche portuali. Una seconda fase è riconoscibile in una declinazione più modulata dei principi che avevano caratterizzato la prima e nella quale il ruolo dell’Ente pubblico quale garante di una ridistribuzione di valori urbani è stato evidente. È la stagione dei progetti di rigenerazione dei waterfront con forti investimenti pubblici e con forti istanze pubbliche e che ha interessato molte città portuali, soprattutto del Mediterraneo. Una terza fase è riconoscibile a partire dagli anni post-crisi (quindi a partire dal 2008). In questa fase sembra riprendere vigore la componente “immobiliarista”, a discapito di quella pubblica. In questo nuovo contesto, la debolezza (economica, ma non solo) del soggetto pubblico deve confrontarsi con le nuove dinamiche del capitale immobiliare globalizzato che impone nuove regole. Non mancano tuttavia nuove opportunità, dal momento che nei nuovi progetti di rigenerazione dei waterfront urbani rientrano temi precedentemente trascurati o comunque rimasti in secondo piano, come ad esempio la coesistenza tra produzione ed usi urbani, la richiesta-necessità di sostenibilità ambientale dei progetti di trasformazione, l’integrazione tra funzione urbane e funzioni più specificatamente legate alle dinamiche portuali (affermazione del modello di porto-fabbrica). Il contributo intende esplorare i temi legati a questa terza fase a partire dal caso di Genova, dove in un contesto attraversato da una tendenza al downscaling urbano di dimensione pluri-decennale, si stanno manifestando nuove domande che interrogano in modo diretto la disciplina: ruolo del soggetto pubblico e potenzialità per una regia delle trasformazioni, dimensione multiscalare degli interventi, ruolo degli investimenti pubblici, strumenti per il contrasto alle rendite urbane, rapporti con le esigenze espresse dai nuovi capitali immobiliari.
2021
978-88-99237-28-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1046896
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