OBIETTIVI: L’insorgere della medicina molecolare mette oggi a disposizione del medico preventivo nuovi strumenti rivolti alla valutazione del rischio di malattia cronico-degenerativa nel soggetto ancora sano. Tale valutazione può essere effettuata tramite indagine a livello del DNA o a valle dell’espressione genica (indagini postgenomiche). METODI: Le indagine sul DNA valutano il rischio endogeno di patologia conferito dall’assetto genetico polimorfico individuale. Tali indagini possono essere rivolte alla ricerca di geni ad elevata penetranza predittivi di patologia ma a bassa frequenza nella popolazione. In questo caso il loro ruolo in Sanità Pubblica è piuttosto limitato e l’esigenza di effettuare screening genetici di questo tipo non giustificata in termini di ricaduta sulla Salute Pubblica. I geni polimorfici molto diffusi nella popolazione sono invece scarsamente predittivi di patologia; anche in questo caso quindi lo procedura di screening non appare giustificata. Quindi il rischio di patologia su base puramente endogena è di rilevanza minoritaria rispetto al rischio esogeno di origine ambientale. RISULTATI: L’indagine molecolare predittiva deve quindi avvalersi di metodiche tese ad identificare nel soggetto sano l’esito della interazione tra fattori di rischio ambientali ed endogeni. Allo scopo può essere valutata la presenza di molecole genotossiche nel DNA. Tuttavia la predittività dell’indagine aumenta quando l’indagine si sposta verso l’end point fenotipico. Pertanto l’analisi dell’espressione genica è ancora scarsamente predittiva mentre quella dei microRNA, regolatori post-trascrizionali dell’espressione genica, e del proteoma più predittiva. Tali tecniche sono ancora costose e poco validate per la loro applicazione in Sanità Pubblica. CONCLUSIONI: È verosimile che il rapido sviluppo di questi metodi porti alla loro applicazione nei sistemi sanitari europei, come già ad esempio avvenuto in alcuni paesi del nord Europa. Tuttavia lo sviluppo della medicina predittiva appare non giustificato e di difficile gestione se il rischio di patologia determinato da tali metodi non può essere modulato tramite interventi preventivi. Pertanto è necessario che il professionista della prevenzione, e cioé l’Igienista, sia attivamente coinvolto in questi cambiamenti e nella loro applicazione alla Sanità Pubblica affinché la medicina predittiva si concretizzi in politiche di prevenzione. Infatti una mera indicazione dell’esistenza di un rischio di patologia che non possa essere modulato sarebbe di assai dubbia utilità per lo stato di salute della popolazione e dell’individuo.

MEDICINA PREVENTIVA E MEDICINA PREDITTIVA. NUOVE FRONTIERE PER L’IGIENISTA

IZZOTTI, ALBERTO;LA MAESTRA, SEBASTIANO
2012-01-01

Abstract

OBIETTIVI: L’insorgere della medicina molecolare mette oggi a disposizione del medico preventivo nuovi strumenti rivolti alla valutazione del rischio di malattia cronico-degenerativa nel soggetto ancora sano. Tale valutazione può essere effettuata tramite indagine a livello del DNA o a valle dell’espressione genica (indagini postgenomiche). METODI: Le indagine sul DNA valutano il rischio endogeno di patologia conferito dall’assetto genetico polimorfico individuale. Tali indagini possono essere rivolte alla ricerca di geni ad elevata penetranza predittivi di patologia ma a bassa frequenza nella popolazione. In questo caso il loro ruolo in Sanità Pubblica è piuttosto limitato e l’esigenza di effettuare screening genetici di questo tipo non giustificata in termini di ricaduta sulla Salute Pubblica. I geni polimorfici molto diffusi nella popolazione sono invece scarsamente predittivi di patologia; anche in questo caso quindi lo procedura di screening non appare giustificata. Quindi il rischio di patologia su base puramente endogena è di rilevanza minoritaria rispetto al rischio esogeno di origine ambientale. RISULTATI: L’indagine molecolare predittiva deve quindi avvalersi di metodiche tese ad identificare nel soggetto sano l’esito della interazione tra fattori di rischio ambientali ed endogeni. Allo scopo può essere valutata la presenza di molecole genotossiche nel DNA. Tuttavia la predittività dell’indagine aumenta quando l’indagine si sposta verso l’end point fenotipico. Pertanto l’analisi dell’espressione genica è ancora scarsamente predittiva mentre quella dei microRNA, regolatori post-trascrizionali dell’espressione genica, e del proteoma più predittiva. Tali tecniche sono ancora costose e poco validate per la loro applicazione in Sanità Pubblica. CONCLUSIONI: È verosimile che il rapido sviluppo di questi metodi porti alla loro applicazione nei sistemi sanitari europei, come già ad esempio avvenuto in alcuni paesi del nord Europa. Tuttavia lo sviluppo della medicina predittiva appare non giustificato e di difficile gestione se il rischio di patologia determinato da tali metodi non può essere modulato tramite interventi preventivi. Pertanto è necessario che il professionista della prevenzione, e cioé l’Igienista, sia attivamente coinvolto in questi cambiamenti e nella loro applicazione alla Sanità Pubblica affinché la medicina predittiva si concretizzi in politiche di prevenzione. Infatti una mera indicazione dell’esistenza di un rischio di patologia che non possa essere modulato sarebbe di assai dubbia utilità per lo stato di salute della popolazione e dell’individuo.
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