La musica è una attività che l’uomo organizza intorno ai suoni. L’uomo vive il divenire della propria esistenza in stretto rapporto con l’insieme degli stimoli sonori che lo circonda e questa esperienza funge da elemento integrante del binomio natura e società. Fare e ascoltare musica trasforma variamente il nostro modo di essere nel mondo. L’attività che l’uomo organizza intorno ai suoni lo accompagna dagli albori della civiltà a qualunque cultura esso appartenga. Il lavoro degli etnomusicologi che ha portato all’ascolto, alla classificazione e allo studio di vari tipi di musica in culture diverse ha consentito la comprensione delle musiche altre, ma anche un avvicinamento delle culture con cui gli studiosi sono venuti in contatto. Questi studi evidenziano che la musica è praticata da tutte le culture. Questo ci consente ora di valutare il potere che la musica ha nel suscitare emozioni profonde che evidenziano il puro godimento estetico, la gioia e il dolore, la disperazione e l’euforia, la depressione e l’esaltazione, la monotonia della vita quotidiana e la sorpresa di fronte alle novità. In effetti nella musica sono impliciti tutti quei significati emotivi, che selezionati dall’evoluzione, trovano in essa un canale espressivo privilegiato in quanto condiviso culturalmente. Nel nostro vivere quotidiano spesso sperimentiamo l’impossibilità di esprimere le nostre emozioni quando si presentano in tutta la loro carica emotiva: dobbiamo infatti rispettare precise regole di comunicazione per cui collera, aggressività o anche felicità devono trovare modalità espressive socialmente e culturalmente accettabili. In questa ottica, il fare ed ascoltare musica costituiscono canali di espressione emozionale accettabili che raggiungono, in quanto tali, un alto livello di compartecipazione. Decodificare un suono comporta anche stabilire condotte per cui la musica diventa un insieme di condotte che comprende il produrla come l’ascoltarla. Vi sono condotte musicali che contengono elementi minacciosi per l’integrità del gruppo mentre altre favoriscono la coesione del gruppo. Il “sistema cultura”, pur rivolgendo la propria attenzione ad entrambe, cercherà di isolare le prime e di potenziare le seconde. La musica si presenta come una fra le tante possibili tecniche comunicative che permette di esprimere se stessi attraverso nuovi “codici linguistici”. Gli elementi della musica vengono elaborati cognitivamente anche grazie all’intervento del linguaggio il quale completa i significati musicali con significati linguistici frutto di ideologie e culture. Mentre lo sviluppo sia del linguaggio che della musica è il prodotto di una complessa attività neuronale strutturata ed organizzata in quanto prerogativa umana, dagli studi emerge la convinzione che la musica sia associata ad una specifica architettura cerebrale. Le modalità di esecuzione, di comprensione e di fruizione dei suoni fanno parte della fenomenologia culturale, ma il fatto che queste attività appartengano a tutte le culture e che esiste un substrato neurobiologico che le sottende, fanno pensare che siano legate a meccanismi evolutivi quindi a strutture biologiche precise. Per questo il confronto tra processi elaborativi che caratterizzano la musica e quelli che caratterizzano il linguaggio può consentire notevoli progressi nella ricerca neurocognitiva. Una mappatura delle aree cerebrali adibite al linguaggio e alla musica ha evidenziato l’intervento autonomo, indipendente di specifiche popolazioni neuronali. Abilità linguistiche e musicali possono dipendere in parte anche da un training formativo, ma il patrimonio neuronale implicato in queste acquisizioni è lo stesso. A seguito di queste riflessioni e di questi dati scientifici, l’autore si domanda, innanzi tutto che cosa si intenda per musica, quale posto occupi la musica nella gerarchia dei sistemi comunicativi, quali siano i suoi significanti e i suoi significati e perché sia in grado di soddisfare così intensamente alcuni nostri bisogni intellettuali ed emozionali. Nel tentativo di fornire queste chiavi di lettura della musica, Alessandro Bertirotti tenta di stimolare una migliore comprensione delle tecniche comunicative musicali, attraverso un’analisi fisica del suono per approdare allo studio delle pratiche socio-musicali, alle condotte sonore tipiche della relazione circolare suono-uomo-suono, motore fondamentale dello sviluppo della specie. Infatti si può pensare che per i primi esseri umani dall’ascolto attento dei suoni e dei rumori, dalla loro localizzazione e dalle conseguenti condotte poteva dipendere la sopravvivenza e si sono quindi evoluti tutti quelli che individuato un suono, un rumore e il pericolo che esso poteva costituire, hanno saputo mettere in atto meccanismi di difesa. Ne consegue l’esposizione delle attività neuronali e percettive impegnate durante la produzione e l’ascolto dei suoni organizzati ossia della musica. L’aspetto innovativo di questi contributi è costituito anche dall’individuazione di un percorso in cui la moderna neuroscienza possa impegnarsi nella cognizione musicale al fine di collocare l’assunzione di abilità cognitive musicali in uno schema interpretativo ampio che tenga conto dei diversi livelli di plasticità cerebrale la quale consente di legare le acquisizioni di abilità musicali e del linguaggio a quelle di abilità cognitive generali.

L'uomo, il suono e la musica

BERTIROTTI, ALESSANDRO
2003-01-01

Abstract

La musica è una attività che l’uomo organizza intorno ai suoni. L’uomo vive il divenire della propria esistenza in stretto rapporto con l’insieme degli stimoli sonori che lo circonda e questa esperienza funge da elemento integrante del binomio natura e società. Fare e ascoltare musica trasforma variamente il nostro modo di essere nel mondo. L’attività che l’uomo organizza intorno ai suoni lo accompagna dagli albori della civiltà a qualunque cultura esso appartenga. Il lavoro degli etnomusicologi che ha portato all’ascolto, alla classificazione e allo studio di vari tipi di musica in culture diverse ha consentito la comprensione delle musiche altre, ma anche un avvicinamento delle culture con cui gli studiosi sono venuti in contatto. Questi studi evidenziano che la musica è praticata da tutte le culture. Questo ci consente ora di valutare il potere che la musica ha nel suscitare emozioni profonde che evidenziano il puro godimento estetico, la gioia e il dolore, la disperazione e l’euforia, la depressione e l’esaltazione, la monotonia della vita quotidiana e la sorpresa di fronte alle novità. In effetti nella musica sono impliciti tutti quei significati emotivi, che selezionati dall’evoluzione, trovano in essa un canale espressivo privilegiato in quanto condiviso culturalmente. Nel nostro vivere quotidiano spesso sperimentiamo l’impossibilità di esprimere le nostre emozioni quando si presentano in tutta la loro carica emotiva: dobbiamo infatti rispettare precise regole di comunicazione per cui collera, aggressività o anche felicità devono trovare modalità espressive socialmente e culturalmente accettabili. In questa ottica, il fare ed ascoltare musica costituiscono canali di espressione emozionale accettabili che raggiungono, in quanto tali, un alto livello di compartecipazione. Decodificare un suono comporta anche stabilire condotte per cui la musica diventa un insieme di condotte che comprende il produrla come l’ascoltarla. Vi sono condotte musicali che contengono elementi minacciosi per l’integrità del gruppo mentre altre favoriscono la coesione del gruppo. Il “sistema cultura”, pur rivolgendo la propria attenzione ad entrambe, cercherà di isolare le prime e di potenziare le seconde. La musica si presenta come una fra le tante possibili tecniche comunicative che permette di esprimere se stessi attraverso nuovi “codici linguistici”. Gli elementi della musica vengono elaborati cognitivamente anche grazie all’intervento del linguaggio il quale completa i significati musicali con significati linguistici frutto di ideologie e culture. Mentre lo sviluppo sia del linguaggio che della musica è il prodotto di una complessa attività neuronale strutturata ed organizzata in quanto prerogativa umana, dagli studi emerge la convinzione che la musica sia associata ad una specifica architettura cerebrale. Le modalità di esecuzione, di comprensione e di fruizione dei suoni fanno parte della fenomenologia culturale, ma il fatto che queste attività appartengano a tutte le culture e che esiste un substrato neurobiologico che le sottende, fanno pensare che siano legate a meccanismi evolutivi quindi a strutture biologiche precise. Per questo il confronto tra processi elaborativi che caratterizzano la musica e quelli che caratterizzano il linguaggio può consentire notevoli progressi nella ricerca neurocognitiva. Una mappatura delle aree cerebrali adibite al linguaggio e alla musica ha evidenziato l’intervento autonomo, indipendente di specifiche popolazioni neuronali. Abilità linguistiche e musicali possono dipendere in parte anche da un training formativo, ma il patrimonio neuronale implicato in queste acquisizioni è lo stesso. A seguito di queste riflessioni e di questi dati scientifici, l’autore si domanda, innanzi tutto che cosa si intenda per musica, quale posto occupi la musica nella gerarchia dei sistemi comunicativi, quali siano i suoi significanti e i suoi significati e perché sia in grado di soddisfare così intensamente alcuni nostri bisogni intellettuali ed emozionali. Nel tentativo di fornire queste chiavi di lettura della musica, Alessandro Bertirotti tenta di stimolare una migliore comprensione delle tecniche comunicative musicali, attraverso un’analisi fisica del suono per approdare allo studio delle pratiche socio-musicali, alle condotte sonore tipiche della relazione circolare suono-uomo-suono, motore fondamentale dello sviluppo della specie. Infatti si può pensare che per i primi esseri umani dall’ascolto attento dei suoni e dei rumori, dalla loro localizzazione e dalle conseguenti condotte poteva dipendere la sopravvivenza e si sono quindi evoluti tutti quelli che individuato un suono, un rumore e il pericolo che esso poteva costituire, hanno saputo mettere in atto meccanismi di difesa. Ne consegue l’esposizione delle attività neuronali e percettive impegnate durante la produzione e l’ascolto dei suoni organizzati ossia della musica. L’aspetto innovativo di questi contributi è costituito anche dall’individuazione di un percorso in cui la moderna neuroscienza possa impegnarsi nella cognizione musicale al fine di collocare l’assunzione di abilità cognitive musicali in uno schema interpretativo ampio che tenga conto dei diversi livelli di plasticità cerebrale la quale consente di legare le acquisizioni di abilità musicali e del linguaggio a quelle di abilità cognitive generali.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/806627
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