Il ritratto del Casalino nasce nel clima dell'esilio subìto da Gian Vincenzo Imperiale nel 1635 per oscuri motivi politici. L'opera trae ispirazione dalla residenza di campagna bolognese della famiglia Paleotti. Questo insolito prosimetro pastorale s'inserisce nella tradizione della "letteratura di villa", sul solco dell'Arcadia e delle tragicommedie di Tasso e Guarini, ma la contrapposizione oraziana tra i piaceri della villa e gli affanni della città scarta in modo originale verso un discorso economico e didascalico di forte attualità. Nella dimensione "parva" dell'edificio si riflettono gli ideali ellenistici della vita ritirata e della misura delle passioni, in netta antitesi con l'ideologia aristocratica dei centri urbani tormentati dall'invidia e dall'ambizione di potere, mentre alla funzione ludica delle cacce e degli svaghi si affiancano concrete considerazioni sulle attività di villa nella proposta di un modello alternativo a quello cittadino. Non mancano momenti lirico-patetici come le schermaglie amorose tra pastori e ninfe, dove l'allusione mitologica e l'intarsio di tessere petrarchesche vengono temperati dalle riflessioni gnomico-morali delle prose che corredano i versi.

Gian Vincenzo Imperiale, "Il ritratto del Casalino", edizione a cura di L. Beltrami

BELTRAMI, LUCA
2009-01-01

Abstract

Il ritratto del Casalino nasce nel clima dell'esilio subìto da Gian Vincenzo Imperiale nel 1635 per oscuri motivi politici. L'opera trae ispirazione dalla residenza di campagna bolognese della famiglia Paleotti. Questo insolito prosimetro pastorale s'inserisce nella tradizione della "letteratura di villa", sul solco dell'Arcadia e delle tragicommedie di Tasso e Guarini, ma la contrapposizione oraziana tra i piaceri della villa e gli affanni della città scarta in modo originale verso un discorso economico e didascalico di forte attualità. Nella dimensione "parva" dell'edificio si riflettono gli ideali ellenistici della vita ritirata e della misura delle passioni, in netta antitesi con l'ideologia aristocratica dei centri urbani tormentati dall'invidia e dall'ambizione di potere, mentre alla funzione ludica delle cacce e degli svaghi si affiancano concrete considerazioni sulle attività di villa nella proposta di un modello alternativo a quello cittadino. Non mancano momenti lirico-patetici come le schermaglie amorose tra pastori e ninfe, dove l'allusione mitologica e l'intarsio di tessere petrarchesche vengono temperati dalle riflessioni gnomico-morali delle prose che corredano i versi.
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