Immaginario linguistico nel romanzo utopico del XVII secolo The paper analyzes the characteristic elements of the language of the imaginary Sevarambes people as described by Denis Veiras in his novel. The analysis starts from the tradition of utopian literature, in which many texts are centered on “strange” or “perfect” languages; the paper then illustrates how the language is gradually revealed to the reader through place names and office names of the Sevarambes administration system. The paper shows how the description of the perfect language subtly connects with the contemporary reflection on language in France. Unlike other utopian languages, the sevarambese is, above all, a “reformed” language, a Power governed improvement of the pre-existing language. The reform work is based on the imposition of a rational structure and of a preliminary lexis inventory: both refer to the discussions on “Clarté”, on the grammarians’ rationalism and on the lexicographical work of the French Academy. The very fact that this language is based on classical models it then exceeds, makes it a banner of the “idea of progress” within the ideological framework of the “Querelle des Anciens et des Modernes”. The idea of progress puts the text of Veiras in a condition of filiation/opposition with respect to the utopian tradition; this idea also explains geography of the work, which is only partially utopian, but, on the contrary, quite allusive. Austral territories, which are still totally unknown to the Europeans, are only partially known to the Sevarambes who are bringers of progress as the Europeans of the time: they are exploring southward to colonize. The island, traditional theater for Utopia, becomes a small river island, the site of a capital city, an allusion to Paris. The utopia of Veiras through an unprecedented combination of language and geography, finally shows the growing impossibility in a more and more known world, to locate traditional utopias. Il contributo analizza gli elementi che caratterizzano la lingua immaginaria dei Sevarambi descritta da Denis Veiras nel suo romanzo. L’analisi parte dalla tradizione utopica, che riserva uno spazio privilegiato alla creazione di lingue bizzarre o “perfette”; illustra poi come la lingua si sveli a poco a poco al lettore, attraverso i nomi dei luoghi e delle funzioni politico-amministrative dei dignitari Sevarambi ; e mostra come la descrizione della lingua perfetta si colleghi sottilmente con la contemporanea riflessione sulla lingua che veniva condotta in Francia in quegli anni. A differenza delle altre lingue utopiche, il sevarambese è, prima di tutto, una lingua “riformata”, che perfeziona, grazie all’intervento del Potere, la lingua preesistente; l’opera di riforma si fonda sull’imposizione di una struttura razionale e su un preliminare inventario lessicale, che rimandano alle discussioni sulla “clarté”, al razionalismo dei grammatici e all’opera lessicografica dell’Académie; e il fatto che inglobi modelli classici, ma che li superi in perfezione pone la lingua utopica all’insegna dell’idea di progresso, inserendola nel quadro ideologico della “Querelle des Anciens et des Modernes”. Proprio l’idea di progresso pone il testo di Veiras in una situazione di filiazione/ opposizione con la tradizione utopica; e spiega, anche, la geografia dell’opera, solo parzialmente utopica e, invece, molto allusiva : il continente australe, ancora ignoto agli Europei, lo è parzialmente anche per i Sevarambi, che, portatori di progresso come gli Europei del tempo, lo stanno esplorando verso Sud per colonizzarlo; e l’isola, teatro tradizionale dell’utopia, diventa piccola e fluviale, sede di una capitale che non può non far pensare a Parigi. L’utopia di Veiras, attraverso una inedita combinazione di lingua e la geografia, mostra in fondo la crescente impossibilità, in un mondo sempre meno ignoto, di creare utopie tradizionali.

De la langue qui pourrait être à l’île qui n’existe plus : voyage dans l’imaginaire linguistique de L’ « histoire des Sévarambes »

POLI, SERGIO
2010-01-01

Abstract

Immaginario linguistico nel romanzo utopico del XVII secolo The paper analyzes the characteristic elements of the language of the imaginary Sevarambes people as described by Denis Veiras in his novel. The analysis starts from the tradition of utopian literature, in which many texts are centered on “strange” or “perfect” languages; the paper then illustrates how the language is gradually revealed to the reader through place names and office names of the Sevarambes administration system. The paper shows how the description of the perfect language subtly connects with the contemporary reflection on language in France. Unlike other utopian languages, the sevarambese is, above all, a “reformed” language, a Power governed improvement of the pre-existing language. The reform work is based on the imposition of a rational structure and of a preliminary lexis inventory: both refer to the discussions on “Clarté”, on the grammarians’ rationalism and on the lexicographical work of the French Academy. The very fact that this language is based on classical models it then exceeds, makes it a banner of the “idea of progress” within the ideological framework of the “Querelle des Anciens et des Modernes”. The idea of progress puts the text of Veiras in a condition of filiation/opposition with respect to the utopian tradition; this idea also explains geography of the work, which is only partially utopian, but, on the contrary, quite allusive. Austral territories, which are still totally unknown to the Europeans, are only partially known to the Sevarambes who are bringers of progress as the Europeans of the time: they are exploring southward to colonize. The island, traditional theater for Utopia, becomes a small river island, the site of a capital city, an allusion to Paris. The utopia of Veiras through an unprecedented combination of language and geography, finally shows the growing impossibility in a more and more known world, to locate traditional utopias. Il contributo analizza gli elementi che caratterizzano la lingua immaginaria dei Sevarambi descritta da Denis Veiras nel suo romanzo. L’analisi parte dalla tradizione utopica, che riserva uno spazio privilegiato alla creazione di lingue bizzarre o “perfette”; illustra poi come la lingua si sveli a poco a poco al lettore, attraverso i nomi dei luoghi e delle funzioni politico-amministrative dei dignitari Sevarambi ; e mostra come la descrizione della lingua perfetta si colleghi sottilmente con la contemporanea riflessione sulla lingua che veniva condotta in Francia in quegli anni. A differenza delle altre lingue utopiche, il sevarambese è, prima di tutto, una lingua “riformata”, che perfeziona, grazie all’intervento del Potere, la lingua preesistente; l’opera di riforma si fonda sull’imposizione di una struttura razionale e su un preliminare inventario lessicale, che rimandano alle discussioni sulla “clarté”, al razionalismo dei grammatici e all’opera lessicografica dell’Académie; e il fatto che inglobi modelli classici, ma che li superi in perfezione pone la lingua utopica all’insegna dell’idea di progresso, inserendola nel quadro ideologico della “Querelle des Anciens et des Modernes”. Proprio l’idea di progresso pone il testo di Veiras in una situazione di filiazione/ opposizione con la tradizione utopica; e spiega, anche, la geografia dell’opera, solo parzialmente utopica e, invece, molto allusiva : il continente australe, ancora ignoto agli Europei, lo è parzialmente anche per i Sevarambi, che, portatori di progresso come gli Europei del tempo, lo stanno esplorando verso Sud per colonizzarlo; e l’isola, teatro tradizionale dell’utopia, diventa piccola e fluviale, sede di una capitale che non può non far pensare a Parigi. L’utopia di Veiras, attraverso una inedita combinazione di lingua e la geografia, mostra in fondo la crescente impossibilità, in un mondo sempre meno ignoto, di creare utopie tradizionali.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/293413
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