Pietra angolare nello sviluppo della giustizia sovranazionale, la Corte penale internazionale ha dato vita ad un nuovo sistema processuale caratterizzato da una (in)discutibile originalità. In tale ambito all’imputato sono stati riconosciuti diritti e garanzie volti ad assicurare un processo “equo”, nel rispetto dei limiti minimi tracciati dalle convenzioni internazionali, fra i quali, ovviamente, si colloca il diritto di difesa nelle sue molteplici sfaccettature. Al di là della previsioni formali, l’individuazione degli strumenti per consentire un’efficace assistenza tecnica, in primis nell’ottica dell’equality of arms, non sembra essere stata oggetto di adeguata attenzione da parte dei drafters che, soprattutto nell’elaborazione dello Statuto di Roma, hanno privilegiato l’individuazione di soluzioni utili per perseguire finalità di politica criminale “universale”, sicuramente nobili e condivisibili, ma che, tuttavia, hanno comportato un calo di tensione rispetto alla dimensione più strettamente tecnica del processo. Alla luce delle menzionate problematiche, il presente lavoro si propone di esaminare il tema del diritto di difesa nell’ordinamento della Corte, con particolare attenzione alla difesa d’ufficio, al patrocinio dei non abbienti ed all’autodifesa esclusiva, attraverso una costante riflessione sulle principali criticità incontrate nell’applicazione delle norme vigenti nel corso dei primi procedimenti, senza tralasciare il confronto con gli itinerari già segnati dall’esperienza dei due Tribunali ad hoc, ICTY ed ICTR, lungo i quali procedura ed antiprocedure si incrociano.

Diritto di difesa e giustizia penale internazionale

MIRAGLIA, MICHELA
2011-01-01

Abstract

Pietra angolare nello sviluppo della giustizia sovranazionale, la Corte penale internazionale ha dato vita ad un nuovo sistema processuale caratterizzato da una (in)discutibile originalità. In tale ambito all’imputato sono stati riconosciuti diritti e garanzie volti ad assicurare un processo “equo”, nel rispetto dei limiti minimi tracciati dalle convenzioni internazionali, fra i quali, ovviamente, si colloca il diritto di difesa nelle sue molteplici sfaccettature. Al di là della previsioni formali, l’individuazione degli strumenti per consentire un’efficace assistenza tecnica, in primis nell’ottica dell’equality of arms, non sembra essere stata oggetto di adeguata attenzione da parte dei drafters che, soprattutto nell’elaborazione dello Statuto di Roma, hanno privilegiato l’individuazione di soluzioni utili per perseguire finalità di politica criminale “universale”, sicuramente nobili e condivisibili, ma che, tuttavia, hanno comportato un calo di tensione rispetto alla dimensione più strettamente tecnica del processo. Alla luce delle menzionate problematiche, il presente lavoro si propone di esaminare il tema del diritto di difesa nell’ordinamento della Corte, con particolare attenzione alla difesa d’ufficio, al patrocinio dei non abbienti ed all’autodifesa esclusiva, attraverso una costante riflessione sulle principali criticità incontrate nell’applicazione delle norme vigenti nel corso dei primi procedimenti, senza tralasciare il confronto con gli itinerari già segnati dall’esperienza dei due Tribunali ad hoc, ICTY ed ICTR, lungo i quali procedura ed antiprocedure si incrociano.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/276855
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