La costruzione navale utilizza in larga parte la saldatura quale metodo di giunzione di lamiere e rinforzi per realizzare la struttura resistente dello scafo. L’esperienza delle navi in esercizio insegna che le cricche di fatica iniziano a propagarsi proprio dai cordoni di saldatura. Tuttavia, fino agli anni ’70-‘80, i regolamenti delle società di classificazione non richiedevano esplicitamente l’esecuzione di verifiche a fatica dei dettagli strutturali ma si basavano essenzialmente sull’esperienza acquisita nell’esercizio delle navi per suggerire le configurazioni più adatte dei dettagli strutturali. Sono state successivamente introdotte le prime verifiche a fatica nei regolamenti per la costruzione delle navi utilizzando approcci semplificati opportunamente calibrati con coefficienti di origine empirica, di fatto utilizzando la cosiddetta tensione nominale quale parametro di verifica. Solo verso la fine degli anni ‘90, alcuni regolamenti hanno adottato approcci di tipo locale in luogo del cosiddetto approccio ‘nominale’. Gli attuali regolamenti richiamano i documenti pubblicati dall’IIW (International Institute of Welding) ed adottano generalmente l’approccio della ‘tensione strutturale’ (hot spot). I collegamenti fra i tipici profilati di uso navale, i piatti a bulbo, non sono tuttavia stati finora considerati dai regolamenti. Le prove sperimentali eseguite dal ‘Laboratorio Strutture Navali dell’Università di Genova e dall’Institute of Ship Structural Design and Analysis della Hamburg University of Technology permettono di ottenere preziose informazioni sulla resistenza a fatica di varie configurazioni del giunto di testa di profilati piatti a bulbo (Holland Profile). L’applicazione degli approcci cosiddetti locali ai dettagli oggetto delle prove sperimentali non è agevole, né talvolta possibile o efficace. Si evidenziano infatti difficoltà nel seguire le raccomandazioni dell'IIW per una geometria relativamente complessa. Il bulbo è in sé un componente tridimensionale che interagisce con elementi piani che lo circondano: proprio da tale fatto derivano le difficoltà. Il confronto fra i risultati numerici e le evidenze sperimentali permette di determinare la validità e l'attinenza alla realtà degli approcci utilizzati e inoltre permette un’analisi critica delle modalità di applicazione dei diversi approcci per un caso pratico complesso ma decisamente molto frequente a bordo delle navi.

La fatica nelle strutture navali: il caso del collegamento di testa fra piatti a bulbo

RIZZO, CESARE MARIO;TEDESCHI, RODOLFO;
2011-01-01

Abstract

La costruzione navale utilizza in larga parte la saldatura quale metodo di giunzione di lamiere e rinforzi per realizzare la struttura resistente dello scafo. L’esperienza delle navi in esercizio insegna che le cricche di fatica iniziano a propagarsi proprio dai cordoni di saldatura. Tuttavia, fino agli anni ’70-‘80, i regolamenti delle società di classificazione non richiedevano esplicitamente l’esecuzione di verifiche a fatica dei dettagli strutturali ma si basavano essenzialmente sull’esperienza acquisita nell’esercizio delle navi per suggerire le configurazioni più adatte dei dettagli strutturali. Sono state successivamente introdotte le prime verifiche a fatica nei regolamenti per la costruzione delle navi utilizzando approcci semplificati opportunamente calibrati con coefficienti di origine empirica, di fatto utilizzando la cosiddetta tensione nominale quale parametro di verifica. Solo verso la fine degli anni ‘90, alcuni regolamenti hanno adottato approcci di tipo locale in luogo del cosiddetto approccio ‘nominale’. Gli attuali regolamenti richiamano i documenti pubblicati dall’IIW (International Institute of Welding) ed adottano generalmente l’approccio della ‘tensione strutturale’ (hot spot). I collegamenti fra i tipici profilati di uso navale, i piatti a bulbo, non sono tuttavia stati finora considerati dai regolamenti. Le prove sperimentali eseguite dal ‘Laboratorio Strutture Navali dell’Università di Genova e dall’Institute of Ship Structural Design and Analysis della Hamburg University of Technology permettono di ottenere preziose informazioni sulla resistenza a fatica di varie configurazioni del giunto di testa di profilati piatti a bulbo (Holland Profile). L’applicazione degli approcci cosiddetti locali ai dettagli oggetto delle prove sperimentali non è agevole, né talvolta possibile o efficace. Si evidenziano infatti difficoltà nel seguire le raccomandazioni dell'IIW per una geometria relativamente complessa. Il bulbo è in sé un componente tridimensionale che interagisce con elementi piani che lo circondano: proprio da tale fatto derivano le difficoltà. Il confronto fra i risultati numerici e le evidenze sperimentali permette di determinare la validità e l'attinenza alla realtà degli approcci utilizzati e inoltre permette un’analisi critica delle modalità di applicazione dei diversi approcci per un caso pratico complesso ma decisamente molto frequente a bordo delle navi.
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