Il contributo intende prendere in esame le collezioni di epistolari, diari e memorie – costituite in tempi e con scopi ben diversi – che possono essere considerate particolari forme di “archivi” del Primo conflitto mondiale. Tra il 1914 e il 1918 i fronti furono attraversati da un copioso flusso di missive scambiate dai soldati con i familiari (nel caso italiano circa quattro miliardi di missive) e l’immediata esigenza di raccogliere le testimonianze dei combattenti rivelò precoci processi di monumentalizzazione e museificazione del conflitto. In Italia, già durante la guerra, il Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento e l’Ufficio Storiografico della Mobilitazione, successivamente l’Archivio della Guerra di Milano, si fecero promotori insieme ad altre istituzioni locali della raccolta di documenti riguardanti il conflitto, tra cui le scritture dei soldati e in particolare dei caduti. Nacquero così (pseudo)archivi di testi spesso oggetto di strumentali messe in posa celebrative, per creare artificialmente un patriottico racconto bellico. Occorrerà aspettare decenni prima di considerare tali testimonianze come fonti storiografiche, strumenti utili a sondare la dimensione culturale e sociale del conflitto, ma anche quella soggettiva e psicologica dei combattenti: in tale contesto, a partire dalla metà degli anni Ottanta, la rete degli Archivi di scrittura popolare nata in Italia ha contribuito a recuperare, schedare e studiare migliaia di testi, che restituiscono un corale e caleidoscopico racconto della Grande guerra continuamente implementato da nuove acquisizioni, dando forma ad un “archivio diffuso” e vivo della memoria bellica.

L’arma del ricordo. (Pseudo) archivi della Grande guerra

Caffarena, Fabio
2023-01-01

Abstract

Il contributo intende prendere in esame le collezioni di epistolari, diari e memorie – costituite in tempi e con scopi ben diversi – che possono essere considerate particolari forme di “archivi” del Primo conflitto mondiale. Tra il 1914 e il 1918 i fronti furono attraversati da un copioso flusso di missive scambiate dai soldati con i familiari (nel caso italiano circa quattro miliardi di missive) e l’immediata esigenza di raccogliere le testimonianze dei combattenti rivelò precoci processi di monumentalizzazione e museificazione del conflitto. In Italia, già durante la guerra, il Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento e l’Ufficio Storiografico della Mobilitazione, successivamente l’Archivio della Guerra di Milano, si fecero promotori insieme ad altre istituzioni locali della raccolta di documenti riguardanti il conflitto, tra cui le scritture dei soldati e in particolare dei caduti. Nacquero così (pseudo)archivi di testi spesso oggetto di strumentali messe in posa celebrative, per creare artificialmente un patriottico racconto bellico. Occorrerà aspettare decenni prima di considerare tali testimonianze come fonti storiografiche, strumenti utili a sondare la dimensione culturale e sociale del conflitto, ma anche quella soggettiva e psicologica dei combattenti: in tale contesto, a partire dalla metà degli anni Ottanta, la rete degli Archivi di scrittura popolare nata in Italia ha contribuito a recuperare, schedare e studiare migliaia di testi, che restituiscono un corale e caleidoscopico racconto della Grande guerra continuamente implementato da nuove acquisizioni, dando forma ad un “archivio diffuso” e vivo della memoria bellica.
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