Nel corso del Quattrocento Ferrara si trovò al centro di uno straordinario processo di crescita urbana che la portò a diventare una delle più vaste città d’Europa. Questo libro si interroga sulle ragioni di tale crescita, percepita come squilibrata già dai contemporanei, che non esitavano a ricondurla alle esigenze di prestigio dei Signori cittadini: i marchesi poi duchi d’Este, propensi a legare la propria ‘riputazione’ (Machiavelli) all’immagine della loro città. Ma come venne materialmente orchestrato il processo di rinnovamento, in base a quali scelte, attraverso quali strategie? Come arrivano a tradursi in realtà, nel concreto della dinamica storica, i progetti di configurazione urbana e architettonica? A differenza che a Firenze, Roma o Milano, a Ferrara non incontriamo architetti di fama, acclamati per la consapevolezza delle loro proposte formali, ma semplici capomastri di formazione locale come lo stesso Biagio Rossetti: la versione del Rinascimento di cui qui intravediamo le tracce è ben diversa da quella consacrata dai canoni vasariani – era parte dello stesso mondo, ma rimaneva orgogliosamente legata alle radici medievali della propria storia specifica. Un ‘altro’ Rinascimento, ancora una volta? O non è piuttosto il nostro modo di vedere il Rinascimento che andrebbe riformulato, facendo i conti con la poliedrica varietà degli intrecci possibili che innervavano – e rendevano vivace, erano la linfa – della cultura italiana all’alba dell’età moderna?

Ferrara estense. Architettura e città nella prima età moderna

Marco Folin
2022-01-01

Abstract

Nel corso del Quattrocento Ferrara si trovò al centro di uno straordinario processo di crescita urbana che la portò a diventare una delle più vaste città d’Europa. Questo libro si interroga sulle ragioni di tale crescita, percepita come squilibrata già dai contemporanei, che non esitavano a ricondurla alle esigenze di prestigio dei Signori cittadini: i marchesi poi duchi d’Este, propensi a legare la propria ‘riputazione’ (Machiavelli) all’immagine della loro città. Ma come venne materialmente orchestrato il processo di rinnovamento, in base a quali scelte, attraverso quali strategie? Come arrivano a tradursi in realtà, nel concreto della dinamica storica, i progetti di configurazione urbana e architettonica? A differenza che a Firenze, Roma o Milano, a Ferrara non incontriamo architetti di fama, acclamati per la consapevolezza delle loro proposte formali, ma semplici capomastri di formazione locale come lo stesso Biagio Rossetti: la versione del Rinascimento di cui qui intravediamo le tracce è ben diversa da quella consacrata dai canoni vasariani – era parte dello stesso mondo, ma rimaneva orgogliosamente legata alle radici medievali della propria storia specifica. Un ‘altro’ Rinascimento, ancora una volta? O non è piuttosto il nostro modo di vedere il Rinascimento che andrebbe riformulato, facendo i conti con la poliedrica varietà degli intrecci possibili che innervavano – e rendevano vivace, erano la linfa – della cultura italiana all’alba dell’età moderna?
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