«Il più bel porto dell’Universo», così Napoleone, durante l’esilio a Sant’Elena, descriveva il Golfo della Spezia, e lo faceva nell’ambito di alcune riflessioni sulla sua decisione di costruivi un Arsenale della Marina imperiale. Fu la Francia napoleonica, infatti, la prima ad aver varato un progetto pensato per sfruttare le eccezionali caratteristiche naturali del Golfo spezzino come base navale ed arsenale marittimo; progetto poi ripreso e sviluppato dal governo sabaudo. Ma il Golfo ha avuto una valenza strategica anche prima che la sua vocazione arsenalizia nell’Ottocento prendesse corpo. In un Mediterraneo dove la maggior parte delle rotte si snodavano in prossimità delle coste il Golfo era da sempre uno scalo di primaria importanza per le rotte che collegavano il mar Ligure al Tirreno. Nel Mediterraneo dei secoli dell’età moderna, permanentemente in guerra, navigare sottocosta era la forma più semplice, e più diffusa, di protezione dalla minaccia corsara, barbaresca in primo luogo. Lo era a condizione che le coste fossero fortificate; non a caso a partire dal XVI secolo, quando la minaccia barbaresca nacque e si sviluppò, i litorali italiani vennero militarizzati. Non un lembo di costa, non una cala o una spiaggia rimase priva di protezione, sia per difendere i borghi marittimi e le popolazione dell’entroterra dalle incursioni anfibie dei corsari, ma anche (e non secondariamente) per difendere dai corsari i battelli in navigazione. La prima fase di fortificazione del Golfo, cinquecentesca, si inserisce in questo contesto di guerriglia permanente, quotidiana, contro i corsari barbareschi, e di guerra contro l’impero ottomano (di cui i barbareschi erano sudditi). La seconda fase, seicentesca, in parte si ricollega ancora col problema barbaresco, che dopo la fine del conflitto tra il blocco ispano-asburgico e l’Impero ottomano non diminuisce d’intensità, anzi la incrementa. Ma in primo luogo è figlia delle tensioni tra la Repubblica di Genova e il governatore spagnolo di Milano, e del conseguente timore genovese che la Spagna voglia mettere le mani sul Golfo spezzino come porto -alternativo a Genova e a Finale- di collegamento tra la penisola iberica, Milano e i Regni spagnoli di Napoli e Sicilia. Entrambe le fasi vivono di progettazioni e realizzazioni fortificatorie ampiamente documentate, di valutazioni e analisi sulla valenza strategica e geostrategica del Golfo, di dibattiti sulle soluzioni di adottare, con un’interessante anticipazione di alcune problematiche che ritroviamo poi nella progettazione delle sistema difensivo dell’Arsenale nell’Ottocento.

Valenza strategica e difesa del Golfo delle Spezia prima dell’Arsenale

Emiliano Beri
2020-01-01

Abstract

«Il più bel porto dell’Universo», così Napoleone, durante l’esilio a Sant’Elena, descriveva il Golfo della Spezia, e lo faceva nell’ambito di alcune riflessioni sulla sua decisione di costruivi un Arsenale della Marina imperiale. Fu la Francia napoleonica, infatti, la prima ad aver varato un progetto pensato per sfruttare le eccezionali caratteristiche naturali del Golfo spezzino come base navale ed arsenale marittimo; progetto poi ripreso e sviluppato dal governo sabaudo. Ma il Golfo ha avuto una valenza strategica anche prima che la sua vocazione arsenalizia nell’Ottocento prendesse corpo. In un Mediterraneo dove la maggior parte delle rotte si snodavano in prossimità delle coste il Golfo era da sempre uno scalo di primaria importanza per le rotte che collegavano il mar Ligure al Tirreno. Nel Mediterraneo dei secoli dell’età moderna, permanentemente in guerra, navigare sottocosta era la forma più semplice, e più diffusa, di protezione dalla minaccia corsara, barbaresca in primo luogo. Lo era a condizione che le coste fossero fortificate; non a caso a partire dal XVI secolo, quando la minaccia barbaresca nacque e si sviluppò, i litorali italiani vennero militarizzati. Non un lembo di costa, non una cala o una spiaggia rimase priva di protezione, sia per difendere i borghi marittimi e le popolazione dell’entroterra dalle incursioni anfibie dei corsari, ma anche (e non secondariamente) per difendere dai corsari i battelli in navigazione. La prima fase di fortificazione del Golfo, cinquecentesca, si inserisce in questo contesto di guerriglia permanente, quotidiana, contro i corsari barbareschi, e di guerra contro l’impero ottomano (di cui i barbareschi erano sudditi). La seconda fase, seicentesca, in parte si ricollega ancora col problema barbaresco, che dopo la fine del conflitto tra il blocco ispano-asburgico e l’Impero ottomano non diminuisce d’intensità, anzi la incrementa. Ma in primo luogo è figlia delle tensioni tra la Repubblica di Genova e il governatore spagnolo di Milano, e del conseguente timore genovese che la Spagna voglia mettere le mani sul Golfo spezzino come porto -alternativo a Genova e a Finale- di collegamento tra la penisola iberica, Milano e i Regni spagnoli di Napoli e Sicilia. Entrambe le fasi vivono di progettazioni e realizzazioni fortificatorie ampiamente documentate, di valutazioni e analisi sulla valenza strategica e geostrategica del Golfo, di dibattiti sulle soluzioni di adottare, con un’interessante anticipazione di alcune problematiche che ritroviamo poi nella progettazione delle sistema difensivo dell’Arsenale nell’Ottocento.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1035216
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