Nell’intento di affrontare le problematiche inerenti ai molteplici rapporti che possono sussistere fra testo e immagine non si può prescindere dalla considerazione secondo cui di linguaggi sempre e comunque si tratta, anzi di relazioni che si instaurano fra due forme di linguaggio distinte ma, in fondo, non troppo differenti: l’una e l’altra utilizzano (e sovente condividono) i medesimi supporti (pagina, tela, parete, superficie in pietra o metallo, palcoscenico, pellicola) e in qualche caso i medesimi ‘attrezzi’ impiegati per la loro esecuzione (matita, penna, pennello, inchiostri, pigmenti, bulino, scalpello...); l’una e l’altra vengono recepite tramite le medesime facoltà percettive e, se operanti in un contesto storico, geografico e culturale affine, si servono di codici similari. A mutare sono però i modelli logici, sintattici, ‘grammaticali’ che governano la prassi espositiva: in un caso di tipo prevalentemente discorsivo, nell’altro iconico. Non è pertanto un’occorrenza poi troppo peregrina che le due modalità espressive di cui si vogliono vagliare gli scambievoli influssi – scrittura e figurazione – abbiano, nel corso del tempo, avuto modo di saggiare una gamma molto vasta di soluzioni volte a tradurre il confronto – il dialogo – fra due ‘lingue’ in un incremento della produzione di senso. Il testo scritto e il testo iconico condividono, inoltre, sul piano dell’immaginario, la capacità di attualizzare, riattivare oppure semplicemente di conservare impronte, tracce mnemiche di epoche arcaiche. In alcuni casi i percorsi della conservazione e della rielaborazione affiorano proprio dall’intreccio tra scrittura e figurazione: le sopravvivenze iconiche si nutrono così delle reinterpretazioni provenienti dai testi scritti e viceversa.

Ut pictura poesis. I testi, le immagini, il racconto

Maura Sonia Barillari
2019-01-01

Abstract

Nell’intento di affrontare le problematiche inerenti ai molteplici rapporti che possono sussistere fra testo e immagine non si può prescindere dalla considerazione secondo cui di linguaggi sempre e comunque si tratta, anzi di relazioni che si instaurano fra due forme di linguaggio distinte ma, in fondo, non troppo differenti: l’una e l’altra utilizzano (e sovente condividono) i medesimi supporti (pagina, tela, parete, superficie in pietra o metallo, palcoscenico, pellicola) e in qualche caso i medesimi ‘attrezzi’ impiegati per la loro esecuzione (matita, penna, pennello, inchiostri, pigmenti, bulino, scalpello...); l’una e l’altra vengono recepite tramite le medesime facoltà percettive e, se operanti in un contesto storico, geografico e culturale affine, si servono di codici similari. A mutare sono però i modelli logici, sintattici, ‘grammaticali’ che governano la prassi espositiva: in un caso di tipo prevalentemente discorsivo, nell’altro iconico. Non è pertanto un’occorrenza poi troppo peregrina che le due modalità espressive di cui si vogliono vagliare gli scambievoli influssi – scrittura e figurazione – abbiano, nel corso del tempo, avuto modo di saggiare una gamma molto vasta di soluzioni volte a tradurre il confronto – il dialogo – fra due ‘lingue’ in un incremento della produzione di senso. Il testo scritto e il testo iconico condividono, inoltre, sul piano dell’immaginario, la capacità di attualizzare, riattivare oppure semplicemente di conservare impronte, tracce mnemiche di epoche arcaiche. In alcuni casi i percorsi della conservazione e della rielaborazione affiorano proprio dall’intreccio tra scrittura e figurazione: le sopravvivenze iconiche si nutrono così delle reinterpretazioni provenienti dai testi scritti e viceversa.
2019
8898500270
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1034780
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