Vengono innanzitutto sottolineate le aspettative che la nascita della fotografia suscitò, a partire dalle entusiastiche previsioni di François Arago. Alla valutazione positiva dal lato della scienza e della tecnologia si oppose fin dall’inizio quella negativa della maggior parte degli artisti figurativi e dei letterati (da Delacroix a Ingres e Puvis de Chavanne, da Baudelaire a Maupassant e Zola), proprio a causa della capacità della fotografia di raffigurare con definizione accurata oggetti ed eventi per via acheropita, dalla quale consegue un paradossale “irrealismo” dell’immagine. Ciò dà occasione a una riflessione sul tema dell’ontologia dell’immagine fotografica e sul suo carattere di ready-made, indagati in relazione alla teoria, assai diffusa nel ‘900, della sua “trasparenza”, oggettività e anautorialità. Viene infine affrontato un argomento che è sempre stato strettamente collegato con quello delle potenzialità tecniche della fotografia: quello della sua capacità di catturare l’invisibile, l’essenza stessa dell’oggetto fotografato, in particolare quando quest’ultimo è un essere umano: dagli “strati spettrali” di Balzac allo spectrum di R. Barthes. Ne emerge la tesi della fotografia come tanatografia, risvolto perturbante colto in ambito pseudoscientifico (si pensi all’interpretazione della foto in ambito occultistico) e fondamentale nel rapporto psicologico con l’immagine-eídolon.

La fotografia fra scienza, arte e pseudoscienza

Oscar Meo
2018-01-01

Abstract

Vengono innanzitutto sottolineate le aspettative che la nascita della fotografia suscitò, a partire dalle entusiastiche previsioni di François Arago. Alla valutazione positiva dal lato della scienza e della tecnologia si oppose fin dall’inizio quella negativa della maggior parte degli artisti figurativi e dei letterati (da Delacroix a Ingres e Puvis de Chavanne, da Baudelaire a Maupassant e Zola), proprio a causa della capacità della fotografia di raffigurare con definizione accurata oggetti ed eventi per via acheropita, dalla quale consegue un paradossale “irrealismo” dell’immagine. Ciò dà occasione a una riflessione sul tema dell’ontologia dell’immagine fotografica e sul suo carattere di ready-made, indagati in relazione alla teoria, assai diffusa nel ‘900, della sua “trasparenza”, oggettività e anautorialità. Viene infine affrontato un argomento che è sempre stato strettamente collegato con quello delle potenzialità tecniche della fotografia: quello della sua capacità di catturare l’invisibile, l’essenza stessa dell’oggetto fotografato, in particolare quando quest’ultimo è un essere umano: dagli “strati spettrali” di Balzac allo spectrum di R. Barthes. Ne emerge la tesi della fotografia come tanatografia, risvolto perturbante colto in ambito pseudoscientifico (si pensi all’interpretazione della foto in ambito occultistico) e fondamentale nel rapporto psicologico con l’immagine-eídolon.
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