OBIETTIVI: Studi sugli effetti a breve termine da oil fly ash (OFA) rilevavano una significativa associazione (p<0.01)tra esposizione e danno ossidativo a carico del DNA (analisi della 8-ossi-dG). Per misurare il rischio reale associato a questi xenobiotici è però necessario considerare i meccanismi omeostatici di riparazione e, pertanto, in questo studio gli effetti genotossici venivano valutati non sulle cellule esposte ma sulla progenie, riproducendo in vitro quanto verosimilmente avviene nell’organismo in toto dopo fissazione del danno. MATERIALI E METODI: Colture di pneumociti umani, dopo contatto overnight con soluzioni di OFA costituite da V, Fe e Ni (32.1,58.5e 9.4%rispettivamente) e con soluzioni dei singoli metalli, venivano poste in crescita e, a confluenza dei monostrati, sottoposte a passaggi. Sulle tre successive subculture venivano effettuati l’Halo-Comet e, per conferma, il test MN con citocalasinaB. RISULTATI: Gli esperimenti, effettuati in triplicato, pur rilevando nella progenie significativi decrementi (p<0.01) del danno rispetto alle cellule esposte, ancora, evidenziavano differenze significative (p<0.05) del nuclear spreading factor (NFS) rispetto ai controlli negativi ed una marcata correlazione dose-effetto per le concentrazioni saggiate. Inoltre, l’instabilità genomica, indotta nelle cellule progenitrici dallo stress ossidativo, mostrava di aumentare nelle generazioni successive con incrementi pari a 21.2, 69.0 e 115,0% rispettivamente al 1°, 2° e 3° passaggio. Anche le prove con soluzioni di vanadio o ferro alle stesse concentrazioni presenti negli OFA mostravano analoghi risultati confermati al test dei MN. CONCLUSIONI: Analogamente a quanto osservato per le radiazioni ionizzanti, i risultati evidenziano la capacità del campione ambientale d’indurre danni genomici anche nelle generazioni successive confermando il potenziale rischio genotossico da stress ossidativo metalli-indotto, già osservato a breve termine. Pertanto, quando i livelli d’ossidazione saturano i sistemi enzimatici di riparazione, il danno a carico del DNA può indurre, in cellule a rapido turnover quali le epiteliali, mutazioni alla base del processo multistadi d’insorgenza del cancro

Effetti a lungo termine da metalli adsorbiti alle polveri fini. Valutazione mediante Halo-Comet e test dei micronuclei(MN)

LA MAESTRA, SEBASTIANO
2007-01-01

Abstract

OBIETTIVI: Studi sugli effetti a breve termine da oil fly ash (OFA) rilevavano una significativa associazione (p<0.01)tra esposizione e danno ossidativo a carico del DNA (analisi della 8-ossi-dG). Per misurare il rischio reale associato a questi xenobiotici è però necessario considerare i meccanismi omeostatici di riparazione e, pertanto, in questo studio gli effetti genotossici venivano valutati non sulle cellule esposte ma sulla progenie, riproducendo in vitro quanto verosimilmente avviene nell’organismo in toto dopo fissazione del danno. MATERIALI E METODI: Colture di pneumociti umani, dopo contatto overnight con soluzioni di OFA costituite da V, Fe e Ni (32.1,58.5e 9.4%rispettivamente) e con soluzioni dei singoli metalli, venivano poste in crescita e, a confluenza dei monostrati, sottoposte a passaggi. Sulle tre successive subculture venivano effettuati l’Halo-Comet e, per conferma, il test MN con citocalasinaB. RISULTATI: Gli esperimenti, effettuati in triplicato, pur rilevando nella progenie significativi decrementi (p<0.01) del danno rispetto alle cellule esposte, ancora, evidenziavano differenze significative (p<0.05) del nuclear spreading factor (NFS) rispetto ai controlli negativi ed una marcata correlazione dose-effetto per le concentrazioni saggiate. Inoltre, l’instabilità genomica, indotta nelle cellule progenitrici dallo stress ossidativo, mostrava di aumentare nelle generazioni successive con incrementi pari a 21.2, 69.0 e 115,0% rispettivamente al 1°, 2° e 3° passaggio. Anche le prove con soluzioni di vanadio o ferro alle stesse concentrazioni presenti negli OFA mostravano analoghi risultati confermati al test dei MN. CONCLUSIONI: Analogamente a quanto osservato per le radiazioni ionizzanti, i risultati evidenziano la capacità del campione ambientale d’indurre danni genomici anche nelle generazioni successive confermando il potenziale rischio genotossico da stress ossidativo metalli-indotto, già osservato a breve termine. Pertanto, quando i livelli d’ossidazione saturano i sistemi enzimatici di riparazione, il danno a carico del DNA può indurre, in cellule a rapido turnover quali le epiteliali, mutazioni alla base del processo multistadi d’insorgenza del cancro
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