Il tema della violenza si fa centrale nel contesto brasiliano osservato nella specificità del ghetto urbano come frontiera porosa collocata fra letteratura e società (la periferia disagiata). Attraverso un’analisi delle rappresentazioni della favela, in particolare quella letteraria, emergono la questione della lingua, il rapporto con il canone, il rischio di stereotipizzazione del tema della violenza e del banditismo e soprattutto, in ambito teorico, la spinosa questione della legittimazione di una letteratura a lungo considerata “minore”. Da lì, in particolare, si propone una riflessione sulla tensione che si crea tra la formalizzazione estetica e la storia da un lato, i valori sociali veicolati attraverso l’opera letteraria dall’altro e sul potere esercitato dal sistema per operare l’esclusione nei confronti dell’alterità, il cui segno più evidente è costituito dall’uccisione della lingua e della cultura del subalterno. Dal discorso della violenza scaturisce un’indagine di matrice sociologica sul rapporto fra establishment culturale e voci dalla periferia delle metropoli brasiliane, con connessioni puntuali ai testi raccolti dallo scrittore e performer Ferréz nell’antologia Literatura marginal. La “lingua come coltello” è l’arma che gli scrittori militanti utilizzano per lacerare la tela del pittoresco in cui è ritratta la “favela spettacolo”, per ferire le carni di una produzione culturale mistificatrice. Alla favela come luogo di resistenza, infine, si fa riferimento per un possibile paradigma in cui si coniugano perifericità ed elementi extraletterari di una sorta di “alfabeto espressivo” di quelle branche della critica che di questi elementi fanno i propri punti cardinali, nonché per la definitiva decostruzione di un’immagine falsata di un Brasile felice e multirazziale.

Além das margens. A literatura e a favela

FRANCAVILLA, ROBERTO
2015-01-01

Abstract

Il tema della violenza si fa centrale nel contesto brasiliano osservato nella specificità del ghetto urbano come frontiera porosa collocata fra letteratura e società (la periferia disagiata). Attraverso un’analisi delle rappresentazioni della favela, in particolare quella letteraria, emergono la questione della lingua, il rapporto con il canone, il rischio di stereotipizzazione del tema della violenza e del banditismo e soprattutto, in ambito teorico, la spinosa questione della legittimazione di una letteratura a lungo considerata “minore”. Da lì, in particolare, si propone una riflessione sulla tensione che si crea tra la formalizzazione estetica e la storia da un lato, i valori sociali veicolati attraverso l’opera letteraria dall’altro e sul potere esercitato dal sistema per operare l’esclusione nei confronti dell’alterità, il cui segno più evidente è costituito dall’uccisione della lingua e della cultura del subalterno. Dal discorso della violenza scaturisce un’indagine di matrice sociologica sul rapporto fra establishment culturale e voci dalla periferia delle metropoli brasiliane, con connessioni puntuali ai testi raccolti dallo scrittore e performer Ferréz nell’antologia Literatura marginal. La “lingua come coltello” è l’arma che gli scrittori militanti utilizzano per lacerare la tela del pittoresco in cui è ritratta la “favela spettacolo”, per ferire le carni di una produzione culturale mistificatrice. Alla favela come luogo di resistenza, infine, si fa riferimento per un possibile paradigma in cui si coniugano perifericità ed elementi extraletterari di una sorta di “alfabeto espressivo” di quelle branche della critica che di questi elementi fanno i propri punti cardinali, nonché per la definitiva decostruzione di un’immagine falsata di un Brasile felice e multirazziale.
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